A me la frase: “per capirsi bisogna almeno partire da un terreno comune” non ha mai convinto fino in fondo.
Mi pare che presupponga uno schema sociale in cui fondamentalmente si è già d’accordo su tutto (valori, principi, visione del mondo) e ci si può permettere di dissentire su aspetti secondari o pratici. Sarebbe bello, forse, ma oggi siamo in una società plurale in cui la differenza di valori, principi e visioni del mondo è il punto di partenza. O comunque è lo stato reale delle cose. Ognuno ha la pretesa che il “suo” modo di vedere la realtà sia lecito e debba trovare il suo spazio nella società.
Allora le strade sono due: o requisire il diritto di “visione del mondo” e affidare a qualcuno la selezione delle visioni accettabili e proponibili (nuova forma di regime o comunque di limitazione del principio di pluralità, che tra l’altro spesso si manifesta in nuove forme di politicamente corretto); oppure cambiare prospettiva e accettare che “per capirsi bisogna non partire ma *arrivare* a un terreno comune”.
Insomma dall’idea di avere valori in comune (spesso molto difficile) all’idea di mettere in comune il valore della comunicazione: la possibilità di proporre ognuno la sua, accettando che possa essere discussa e messa alla prova nel discorso con gli altri.
Qualcuno potrebbe dire: così si va nel relativismo e non si arriva mai al punto. A questo risponderei: al punto si è mai davvero arrivati? Forse sì, quando il potere nel passato poteva permettersi di definire la verità e imporre ai sudditi di attenersi a essa (almeno fino a che un altro potere o una rivoluzione non lo avesse sostituito in questa sua definizione). Il problema è proprio l’immagine della partenza (dal terreno comune) e dell’arrivo (a una qualche verità che chiuda il viaggio). È una narrazione che, sostanzialmente, tende a negare la natura della conoscenza e della vita umana che è movimento.
Il rischio relativismo non si pone perché c’è la realtà. E la realtà ha una grande proprietà rispetto a tutto il resto: la resistenza. La realtà è ciò resiste nonostante le narrazioni. Sta a noi migliorare costantemente il modo di parlare di essa, parlandone tra di noi.
L'alternativa: creare scontri polarizzati che, di sicuro, nel ridursi a alterchi tra posizioni inconciliabili, la realtà la perderanno sempre per strada.
*** Bruno MASTROIANNI, filosofo ed esperto di comunicazione, facebook, 4 giugno 2018, qui
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