martedì 5 maggio 2020

#SPILLI / Occuparsi di personale in organizzazioni di lavoro: stimoli di ieri anche per oggi (Massimo Ferrario)

Mi sono ritornati sott'occhio, scartabellando in archivio, due miei 'articoli' che risalgono a una decina di anni fa.

Trattano ambedue del ruolo di chi si occupa di 'personale' (alias: HR) all'interno delle organizzazioni di lavoro. 

Il primo articolo era stato pubblicato sulla 'Rivista di Direzione del Personale' nel dicembre 2009.
Il secondo, elaborato nel 2010 e mai pubblicato, era servito per riflettere in riunioni seminariali tra addetti ai lavori, nell'epoca in cui furoreggiava negli organigrammi il job title di 'Hr Business Partner' (come sempre, 'rubato da oltreoceano): e tutti i professionisti del campo se ne fregiavano o ambivano a fregiarsene.

Ripresento questi due scritti perché, cocciutamente, non toccherei una virgola. 
E perché, in un momento in cui tutti si riempiono la bocca (per l'ennesima volta) dell'esigenza di Cambiare-Cambiare-Cambiare ('niente sarà più come prima'), forse, se cominciassimo a riflettere criticamente e provocatoriamente sulle nostre piccole (ma non piccole) 'cose' di addetti ai lavori, magari ci aiuteremmo a mutare la visione troppo spesso inappropriata cui siamo affezionati: finalmente migliorando l'allineamento tra il nostro 'dire' (nelle convention) e il nostro 'fare' (quotidiano).

(1) - Hr: ‘Funzione' o 'Direzione'?
La domanda è: Hr, più ‘funzione’ o più ‘direzione’?
Articolo velocemente, e per estremi, il tema.

Un assunto, mi pare naturalmente condiviso, è che, se ci rifacciamo alla nota distinzione ‘line’ e ‘staff’, Hr è, ovviamente, staff. 
Ma la posizione di staff può essere svolta con due fuochi: un approccio più di consulenza, supporto, servizio nei confronti della linea (o, soprattutto nelle multinazionali multibusiness, in partnership con le unità di business), oppure un approccio non solo consulenziale, ma anche e soprattutto di orientamento, indirizzo, direzione. 

Nel primo caso, Hr è ‘funzione’. Può mirare all’eccellenza tecnica delle competenze e del mestiere: fa consulenza alla linea. 
Nel secondo caso, Hr è, appunto, ‘Direzione’. Svolge, d’intesa con il top aziendale, un ruolo politico: fissa e presidia politiche, armonizza, per l’area di responsabilità che la riguarda, le scelte della linea, contribuisce a ‘fare cultura organizzativa’.

E’ una distinzione drastica: ovviamente, la realtà sta nel mix degli approcci. Ma vi chiedo di accettare questa polarità: per facilitare la ‘provocazione’, nel senso etimologico di invito alla presa di posizione.

Le conseguenze dei due fuochi sono evidenti. Solo per fare un esempio, prendiamo il tema dei sistemi di valutazione formale delle prestazioni (in diversi contesti sono spesso ancora oggetti sconosciuti: le aziende illuminate continuano ad essere una minoranza, sia pure intensa, del totale).
Se Hr gioca il suo ruolo come funzione, starà alle scelte della linea (anzi, delle varie linee). Il risultato sarà che se la linea lo vorrà, il sistema ci sarà. Oppure si avrà una realtà a macchie: sì dove la linea dirà di sì e no dove la linea dirà no. E si riprodurrà all’interno dell’azienda il libero gioco del mercato che sta all’esterno: con tanti saluti ad una ‘politica’ aziendale, sacrificata in nome, magari, della libera volontà dei manager che sono 'responsibile for people'.... Una definizione certo corretta, che insegnavamo già oltre trent’anni fa: dietro cui però spesso si nasconde, in casa Hr, in modo più o meno consapevole e meno nobilmente, qualche atteggiamento di facile pigrizia e di comodo ‘cerchiobottismo’.

Le domande sono conseguenziali. 
Qual è oggi lo stato prevalente di Hr in Italia: più ‘funzione’ o più ‘Direzione’? Noi, che operiamo nell’ambito Hr, dentro e fuori le aziende, dove collochiamo (dove ‘vorremmo’ collocare) Hr rispetto ai due fuochi sopra accennati? Come ‘stiamo’, rispetto a questa scelta, in fatto di vincoli/possibilità? E la tendenza futura - il misto fra l’evoluzione fredda della realtà di oggi e le nostre intenzioni ideali di professionisti - quale pensiamo possa essere? E comunque: al di là di quello che il contesto ci chiede, noi cosa chiediamo a noi stessi?

Per giocare un ruolo meno reattivo - non onnipotente, ma meno impotente: diciamo ‘potente’ -, avere consapevolezza di quanto sopra e (tentare di) rispondere credo sia un obbligo.

*** Massimo Ferrario, HR: 'Funzione' o 'Direzione?', ‘Direzione del Personale’, 151, n. 4, dicembre 2009
* * *
(2) - Hr: 'Business Partner', ma soprattutto 'People Partner'
Già, manca sempre più il sindacato. Che dovrebbe essere la vera parte dialettica. Quando non c’è, o c’è e non riesce a giocarla, resta solo la tesi: il business che totalizza e si mangia l’azienda. E la tesi fa pure la sintesi. 

Concordo: Hr non può (non deve) fare due parti in commedia. A ognuno il suo. E che Hr (dio ce ne scampi e liberi) non faccia il sindacato. 

Io però continuo a provocare. E continuo a pensare che Hr, che è ovviamente ‘più’ azienda del sindacato, abbia, da ‘dentro l’azienda’, un suo specifico cui riferirsi e da presidiare: da cui ‘partire’ per guardare il business. E questo specifico è (irriducibilmente) ‘altro’ rispetto al business. Un ‘altro’ che può (deve) entrare in positiva tensione dialettica non ‘contro’, ma ‘con’ il business, senza essere passivamente assorbito dal business come variabile puramente dipendente. Ovviamente questo ‘altro’ è rappresentato dalle persone. Dentro e fuori azienda. ‘Allargate’ magari fino a comprendere, in una concezione di impresa ‘sociale’, o ‘sostenibile’, tutti i portatori di interesse.
Una prospettiva che non è prerogativa di Hr, certo. Ma che Hr, per sua natura/cultura, forse può (deve) promuovere e diffondere, se necessario, anche presso il vertice e il management, magari pure entrando in intensa e dura interdipendenza col potere aziendale di cui Hr è parte importante e responsabile. 

Questo non lo può fare il sindacato (che privilegia le persone anche ‘contro’, o comunque ‘indipendentemente da’, il business e non lo può fare il management (che centra l’intera azienda solo attorno al business). 

A me pare che questo sia lo spazio ‘genuino’ di Hr. Una cosa diversa, evidentemente, dal ‘funzionalizzare’ (il termine è osceno: ma lo uso proprio perché più del termine è osceno il contenuto...) le ‘risorse umane’ al business. 

Credo che questa sia (debba essere) la ‘voce’ di Hr. 
Pagata, e non comprata, anche dall’azionista proprio per esistere e farsi sentire: cioè far esistere e far sentire il fattore ‘persone’. 

Non è facile da trovare, e soprattutto da gestire, questo spazio: c’è infatti tutto un grigio, che può andare da un posizionamento puramente difensivo («salvaguardo il massimo della dimensione ‘persone’ dentro il business») a un posizionamento, più utopistico, nettamente proattivo («promuovo la costruzione del business attorno alla dimensione ‘persone’»). 

Però a me sembra che se Hr avesse maggiore consapevolezza problematica di questo spazio da conquistare e ‘tenere’, forse varrebbe ancor più la pena, per chi ‘dà anima ad Hr’ col vissuto che non si tratta di una funzione qualunque, provare, più ancora di quel che oggi avviene, a spendere energia, passione, fatica per ‘fare azienda’ (e non solo business). 

E poi, se Hr non è, davvero e fino in fondo, ‘people partner’, chi lo è? 

*** Massimo FerrarioHr Business Partner, ma soprattutto People Partner, da un gruppo di discussione attivato in 'Impresa Diversa', LinkedIn, 28 aprile 2010 


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