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domenica 30 settembre 2018

#FOTO / Sonno degli innocenti (Robert Doisneau)

Robert DOISNEAU, 1912-1994
fotografo francese

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#ANIMALI / Cane e gatto

via pinterest

E poi dicono che sono cane e gatto... (mf)

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#SGUARDI POIETICI / Due che si conoscono (Franco Arminio)

Due che si conoscono
non s'imparano mai.
ma sia chiaro veniamo
dalla stesso suono,
veniamo tutti dalla stessa lingua.
E allora bisogna provare fino alla morte
a credere che le parole
ci possono cambiare la vita,
che le ali vengono dalla lingua
che il paradiso se c'è
è nella lingua.

*** Franco ARMINIO, 1960, scrittore, paesologo, facebook, 13 luglio 2018, qui
https://it.wikipedia.org/wiki/Franco_Arminio


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#SENZA_TAGLI / La bambina che veniva dal grande sonno (Tiziana Campodoni)

Un’immobilità raggelante - Quando l’ho conosciuta era immobile e il suo corpo si era impadronito di un peso che era solo pesantezza come se avesse voluto espandersi il più possibile per ottenere lo spazio e l’importanza che non aveva. Ogni tipo di movimento pareva procurarle fastidio e il muoversi era ridotto al minimo; così anche l’espressione mimica era praticamente inesistente e, quando si mostrava, rivelava solo disagio e malessere. I suoi grandi occhi sembravano persi dentro il loro stesso azzurro ed evitavano accuratamente di incontrare altri occhi rendendo a chi l’osservava la sensazione d’essere trasparente.

L’assenza di movimento, l’inafferrabilità dello sguardo corrispondevano ad una specie di silenzio stregato : non parlava, non reagiva, non sceglieva, non rideva, non piangeva, non imparava, sembrava non ascoltare. Nella stanza dei giochi non mi degnava di uno sguardo : i suoi occhi, come lei, erano lontani, rivolti alla finestra, al fuori dove forse avrebbe voluto essere o ad un altrove dove si trovava sempre rispetto a sé.

Impassibile, impermeabile, irraggiungibile, mi trasmettava un grande senso d’angoscia, di inutilità, di stanchezza. Sembrava congelata in un lungo sonno dal quale non poteva/non voleva svegliarsi ed esso l’avvolgeva completamente alimentando il ritiro, il silenzio, il disinvestimento interiore.

L’incanto della voce - Non potevo credere che tutto fosse silenzio (e infatti non era così) ma ho dovuto poterlo pensare per arrivare a capire che c’era in lei una forte vibrazione che, nella fissità esibita, si muoveva dentro esprimendosi in sordina. Lei componeva piccolissimi, ammalianti gesti, discreti e lenti, che producevano una sonorità quasi impercettibile ma molto avvincente. Catturata dall’incanto della sua comunicazione, dalla sua musicalità interiore le ho risposto con la stessa modalità e quando ha cominciato a guardarmi le labbra ho usato la voce, come se fosse un oggetto qualsiasi e ho scoperto che le piaceva anche se continuava a tacere.

Si “appoggiava” alla mia voce, rimanendo sempre ancora distante da me. Un lavoro lungo e certosino quello di accordare la mia voce alla sua comunicazione : doveva essere buona, sicura, non richiedente. Per lungo tempo dalle modalità tranquillizzanti, neutre, morbide della mia voce s’è fatta cullare e contenere. Le piaceva la mia voce ma non doveva dire cose troppo difficili (quelle didattiche erano escluse), ma non devevano essere neppure impegnative, significative o importanti. Mi sono lasciata guidare da lei per imparare come dovevo usare la voce e lei mi ha insegnato. Doveva mantenersi a un volume bassissimo, prendere la cadenza dell’elenco, non prodursi in sbalzi di tonalità, non avvicinarsi mai all’intonazione della domanda (che resta sospesa e attende una risposta), doveva servirsi il meno possibile delle voci verbali, meglio se all’infinito, cioè senza “persona” e “senza tempo”. Poteva utilizzare sostantivi – mai astratti – per dare un nome alle cose concrete, qualche avverbio o un intercalare neutro, pochi aggettivi ma mai compromettenti. La mia voce doveva scavare sottovoce  e portare alla luce sonorità ovattate e dolci che solo così rivestite potevano contenere la definizione.

Per lungo tempo ho camminato come una non vedente tra contenuti e significati che non potevo accostare e per tanto tempo mi sono sentita sola e inutile. Poi un giorno, quando non ne potevo più, lei s’è avvicinata… Io sentivo male ad un braccio e assieme al dolore, “all’uni-sono”, il quadro di un sogno s’è aperto nella mia mente: tenevo con il braccio, stringendola forte con la mano, la bimba appesa sopra un precipizio. E ho visto la fatica …

Lo snodo  - Ho visto la mia fatica nel tenere la bimba ancorata alla vita con la mia stessa vita. Una stanchezza micidiale mi s’è rovesciata addosso e un sonno inarrestabile m’ha presa e messa al tappeto. Ma due grandi occhi azzurri per la prima volta mi guardavano e la sua manina batteva sul mio braccio – delicata ma perentoria – e avrei giurato che “teneva il tempo”. Finalmente teneva un tempo. Finalmente tra di noi c’era un tempo scandito. A me è venuta in mente “Yellow Submarine”.

E’ la sua la fatica, cercavo di pensare… è la strada che porta al sonno, provavo a dirmi cercando di raccogliere uno straccio di forze.

Sul foglio è comparso un mondo a matita “sommerso”, buio, cieco, senza persone. Le ero grata: dal precipizio dove si trovava era lei ad aiutarmi. Sono riemersa e ho disegnato un piccolo tenero sottomarino (non mi è mai più venuto così bene) che lei ha prontamente colorato di giallo.

Nuovi giochi - In classe ha smesso di “seguire/imitare” la compagna di banco con la quale aveva un rapporto quasi simbiotico e ha smesso nella stanza dei giochi di guardare alla finestra : non voleva più essere altrove, si è affidata teneramente alla mia voce. Abbiamo cominciato a giocare, giochi ancora muti come nascondino, prima con oggetti poi con noi stesse, giochi che sono durati a lungo infittendosi, piano piano, di segnali, rimandi, richiami. E lei finalmente si muoveva. All’inizio i giochi sembravano possedere solo una ritmicità regolare e coinvolgente, poi anche una specie di melodia e questo quando le voci hanno cominciato a intrecciarsi, a inseguirsi, ad aspettarsi. L’intensità, la confidenza, l’amore crescevano e rendevano il nostro rapporto solido e importante.

Il gioco si è evoluto ed è diventato gioco di ruoli : lei ha smesso di copiare in classe e ha preso a scrivere per conto suo con pochi errori e cambiando letteralmente calligrafia. Ha cominciato a fare piccole domande alle insegnanti in classe, le figure nei suoi disegni hanno lasciato intravvedere un abbozzo di mani e tanti tanti bastoni, inoltre come lei, che in più dimagriva, hanno preso a muoversi, a dire parolacce e a sorridere.

Il gioco del risveglio - La bimba ha preso ad arredare la stanza dei giochi come una casa e una particolare attenzione riponeva nella cura della “cucina” e della “camera da letto” opportunamente inventate in un angolo della stanza. Quasi all’improvviso un gioco si è impadronito di tutto il tempo a nostra disposizione : era il gioco dell’addormentarsi e dello svegliarsi che riassumeva e dava senso a tutti i nostri giochi, o dava loro un senso nuovo e quindi dentro a questa nuova cornice andavano riletti.

A modo suo mi ha suggerito di tornare a cercare la mia prima voce, “quella voce” doveva cullarla nella sua “sera”, mentre lei fra le lenzuola del grosso scatolone si abbandonava al sonno. Pian piano la cadenza della descrizione e dell’elenco doveva assumere il carattere di filastrocca… una era questa: “In the town where I was born… Lived a man who sailed to sea…And he told us of his life…In the land of submarines…So we sailed up to the sun…Till we found the sea of green…And we lived beneath the waves…In our yellow submarine…We all live in a yellow submarine…Yellow submarine, yellow”… Poi la filastrocca s’è trasformata in ninna nanna e doveva durare a lungo, molto a lungo. La sua notte così passava mentre io preparavo “un’abbondante colazione”… Nel silenzio si dovevano sentire piccoli e rispettosi rumori del mattino, suoni prodotti dai miei gesti con gli oggetti della prima colazione. Anche questo doveva durare tanto tempo, poi dovevo svegliarla affettuosamente, parlarle dolcemente con “quella voce” e raccontarle del mondo che si era appena svegliato.

Giorni, settimane, mesi passavano e lei portava suoni nuovi e oggetti e parole chiave… poi musiche, pensieri e ricordi da aggiungere al nostro gioco. Il gioco si faceva sempre più ricco, denso, elaborato e “parlato”.

Fino a che una mattina è arrivata a scuola piangendo come non aveva fatto mai. Come una valanga s’è gettata tra le mie braccia. Un pianto disperato e inconsolabile, un dolore così grande che la soffocava e le impediva di parlare. “Mi sono svegliata, mi dispiace” ha quasi urlato. Da quel momento il nostro rapporto ha iniziato un nuovo corso che resterà tra noi…

Ora ride, piange, parla, domanda, ascolta, corre, gioca con tutti, impara, è bella, bella come non era stata mai, è viva e negli occhi ogni tanto le guizza un’azzurra ironia. Ancora mi prende un po’ in giro: “Mi hai insegnato tu a cantare … e a dire le parolacce”… e ride.

Per le parolacce non so, forse avrei qualcosa da ridire 🙂 , ma per quanto riguarda il resto sono io ad aver imparato da lei.

*** Tiziana CAMPODONI, insegnante, saggista, blogger, La bambina che veniva dal grande sonno, 'bluemoonandart', 1^ parte, 27 settembre 2018, qui e 2^ parte, 29 settembre 2018, qui


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#VIGNETTE / Manovra (Mauro Biani)

Mauro BIANI, 1967
'il manifesto', 29 settembre 2018 (facebook, qui)

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sabato 29 settembre 2018

#SPILLI / La manovra del 2,4%: debito per cosa? (Massimo Ferrario)

Non sono un economista, ma credo di arrivarci anch'io, come tutti. E di non dire nulla di particolarmente originale. 

Il debito in sé può non essere un male. Dipende. Dalla ragione per cui viene acceso. Se per spese correnti, oppure per investimenti. Con le prime si è sicuri di andare alla rovina, con i secondi ci si può costruire un futuro. 

Il deficit del 2,4% per tre anni deciso dal governo 5S-Lega (noto, di passaggio: di 0,5 inferiore al 2,9% proposto da Matteo Renzi nel 2017 per 5 anni, qui) va valutato alla luce di questo banale criterio. Ognuno, sulla base delle scelte che verranno ulteriormente dettagliate nel corso della precisazione della 'manovra' da oggi a fine anno, si faccia la sua opinione: se siamo vicini ad un abisso, oppure se la mossa, per quanto arrischiata, produrrà quella scossa all'economia che tutti da anni promettono e però poi nessuno vede. 

A me sembra che le preoccupazioni siano più che fondate. Più che investire, si redistribuisce. Una redistribuzione giustissima, intendiamoci, dati i milioni di poveri che abbiamo 'prodotto' negli ultimi anni. Ma una redistribuzione non accompagnata da investimenti non genera nuova ricchezza. E questo, se non lo capiamo noi, lo capiscono i mercati.

I mercati, più ancora dell'Europa, al di là delle nostre ideologie più o meno liberiste, sono un 'dato' concreto e non scansabile: se pure noi ci rifiutiamo di fare i conti con loro, loro i conti con noi li fanno. Senza sconti e con inesorabile (minuziosa, ossessiva) attenzione. E se si convinceranno (più di quanto già non sembri dalle prime reazioni negative di borsa) che nel nostro debito del 2.4%, assunto in aggiunta alla valanga di debito che già abbiamo accumulato negli anni, prevalgono le spese che 'non fanno futuro', la conseguenza non sarà che 'se ne faranno una ragione' (come qualcuno ripete con ignorante arroganza), ma che costringeranno noi, volenti o nolenti, a ragionare. 

Sempre se saremo ancora in tempo per fare qualche ragionamento e per non subire, zitti e impotenti, i diktat del mondo che non ci farà più credito perché siamo debitori giudicati insolventi.

*** Massimo FERRARIO, La manovra del 2,4%: debito per cosa?, per Mixtura


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#ANIMALI / Mamma gorilla e piccolo gorilla

- Ma perché mamma, perché?
- Perché ho detto così...

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#HUMOR / Il tuo cane

 
via facebook, 21 settembre 2018, qui
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#VIGNETTE / 2+2=5 (Walter Leoni)

 
Walter LEONI
facebook, 28 settembre 2018, qui

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#SGUARDI POIETICI / Chissà se sono (Rupi Kaur)

chissà se sono
abbastanza bella per te
o se sono bella e basta
cambio ciò che indosso
cinque volte prima di vederti
domandandomi quali jeans rendano
il mio corpo più allettante da spogliare
dimmi
c’è qualcosa che io possa fare
per farti pensare
lei
lei è tanto straordinaria
da far dimenticare al mio corpo di avere ginocchia
scrivilo in una lettera e indirizzala
alle parti di me più insicure
la tua sola voce mi porta alle lacrime
il tuo dirmi che sono bella
il tuo dirmi che basto


*** Rupi KAUR, 1992, scrittrice, poetessa, artista, di origine indiana, chissà se sono, da the sun and her flowers.  Il sole e i suoi fiori, 2017, Tre60, 2018, traduzione di Alessandro Storti
https://rupikaur.com/



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#MOSQUITO / Democrazia, consenso e dissenso (Norberto Bobbio)

... nella realtà storica come non esiste un sistema in cui ogni forma di dissenso sia proibita o per lo meno varie forme di dissenso non traspaiano nonostante le limitazioni, così non esiste un sistema in cui non vi siano limiti anche giuridici al dissenso nonostante le proclamate libertà di opinione, di stampa, ecc. La realtà storica non conosce tipi ideali ma soltanto diverse approssimazioni all’uno o all’altro tipo. Ma vi è pure una differenza fra l’ammettere tutte le ideologie e tutte le forme di organizzazione politica tranne quelle che si considerano sovversive (generalmente si considerano sovversive quelle che non rispettano le regole del gioco) e l’escludere tutte le ideologie e tutte le forme di organizzazione politica tranne quella ufficiale (che è poi quella che impone non soltanto le regole del gioco ma anche l’unico modo con cui si deve giocare).

Fra dispotismo allo stato puro e la democrazia allo stato puro vi sono cento forme diverse più o meno dispotiche e più o meno democratiche. E può anche darsi che una democrazia controllata sia l’inizio del dispotismo, così come un dispotismo allentato sia il germe di una democrazia. Ma il criterio discriminante c’è: il maggiore o minore spazio riservato al dissenso. E lo si può anche sintetizzare in queste due formule: “Ogni forma di dissenso è ammessa tranne quelle che sono espressamente proibite” oppure “Ogni forma di dissenso è proibita tranne quelle che sono espressamente ammesse”. La prima formula è quella delle democrazie liberali; la seconda, delle democrazie totalitarie.

*** Norberto BOBBIO, 1909-2004, giurista, storico, politologo e senatore a vita, 15 febbraio 1977, da N. Bobbio, Le ideologie e il potere in crisi. Pluralismo, democrazia, socialismo, comunismo, terza via e terza forza, Le Monnier, Firenze 1981, citato in 'forumtermometropolitico.it', qui


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#LINK / Un giovane assunto per ogni pensionato? Un sogno (Greta Ardito e Mario Lorenzo Janiri)

Nel sostenere l’idea del ricambio generazionale tra lavoratori, Salvini parte dall’assunzione che la relazione tra occupati anziani e occupati più giovani sia sempre e necessariamente negativa. L’evidenza empirica ci mostra però che questa tesi è sostenibile soltanto nel breve periodo e in presenza di un mercato del lavoro rigido e di riforme pensionistiche radicali. Inoltre, la convinzione secondo cui il pensionamento di 400 mila persone garantisce l’assunzione di 400 mila giovani è quanto mai irrealistica. Nella migliore delle ipotesi, il rapporto tra pensionati e nuovi assunti si attesta sul 5 a 1, e non sull’1 a 1.

*** Greta ARDITO e Mario Lorenzo JANIRI, economisti e fact.checker di 'lavoce.info', Un giovane assunto per ogni pensionato? Un sogno, 'lavoce.info', 28 settembre 2018

LINK articolo integrale qui

venerdì 28 settembre 2018

#IN_LETTURA / Agata Kawa, Lorenzo Mattotti, Sandy Vazan)

Agata KAWA
artista francese
via pinterest

° ° °

Lorenzo MATTOTTI, 1954
via pinterest


Sandy VAZAN
artista canadese

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#SGUARDI POIETICI / Ogni caso (Wisława Szymborska)

Poteva accadere.
Doveva accadere.
È accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
È accaduto non a te.

Ti sei salvato perché eri il primo.
Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.

Per fortuna là c’era un bosco.
Per fortuna non c’erano alberi.
Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno,
un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.

In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.

Dunque ci sei? Dritto dall’attimo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì?
Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta
come mi batte forte il tuo cuore.

∗∗∗ Wisława SZYMBORSKA, 1923-2012, poetessa e saggista polacca, premio Nobel per la Letteratura nel 1996, Ogni caso, da Ogni caso, 1972, traduzione di Pietro Marchesani, Libri Scheiwiller, 2009. Segnalata in 'poesiainrete.com', 22 settembre 2018, qui
https://it.wikipedia.org/wiki/Wis%C5%82awa_Szymborska


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Testo originale (Wszelki wypadek)

Zdarzyć się mogło.
Zdarzyć się musiało.
Zdarzyło się wcześniej. Później.
Bliżej. Dalej.
Zdarzyło się nie tobie.

Ocalałeś, bo byłeś pierwszy.
Ocalałeś, bo byłeś ostatni.
Bo sam. Bo ludzie.
Bo w lewo. Bo w prawo.
Bo padał deszcz. Bo padał cień.
Bo panowała słoneczna pogoda.

Na szczęście był tam las.
Na szczęście nie było drzew.
Na szczęście szyna, hak, belka, hamulec,
framuga, zakręt, milimetr, sekunda.
Na szczęście brzytwa pływała po wodzie.

Wskutek, ponieważ, a jednak, pomimo.
Co by to było, gdyby ręka, noga,
o krok, o włos
od zbiegu okoliczności.

Więc jesteś? Prosto z uchylonej jeszcze chwili?
Sieć była jednooka, a ty przez to oko?
Nie umiem się nadziwić, namilczeć się temu.
Posłuchaj,
jak mi prędko bije twoje serce.

#SENZA_TAGLI / Metropolitana e democrazia (Marianna Aprile)

Con le persone ho in genere una soglia di tolleranza altina. È con la gente che ho problemi di sopportazione. Ve lo dico perché possiate mettervi per tempo sul lato destro delle scale mobili delle stazioni e delle metropolitane.

[Oggi un tipo che la occupava in tutta la sua larghezza tra valige e postura comoda, quando gli ho chiesto “permesso” mi ha cazziato dicendo: “se va di fretta, ci sono le scale. Mica la gente si può spostare perché lei deve camminare sulle scale mobili”. Non sapevo se ridere o dargli una capocciata, ma improvvisamente mi sono stati chiari certi risultati elettorali]

*** Marianna APRILE, giornalista, facebook, 27 settembre 2018, qui


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#MOSQUITO / Il lavoro ben fatto (Charles Péguy)

Un tempo gli operai non erano servi. Lavoravano. Avevano un onore assoluto, come si addice solo all’onore. La gamba di una sedia doveva essere ben fatta. Era ovvio. Naturale.

Ma non bisognava che fosse fatta bene in relazione alla paga, o perché veniva pagata. E non doveva essere ben fatta per il padrone, né per gli esperti, né per i clienti del padrone. Doveva esserlo in sé e per sé. Questa gamba di sedia doveva essere ben fatta perché così voleva la tradizione, che risaliva dal profondo della razza; e così voleva la storia, l’assoluto, l’onore. E tutte le parti della sedia che non si vedevano erano perfette come le parti in vista. Lo stesso principio delle cattedrali.

E poi, sono proprio io – io così imbastardito – a fare tanto l’esigente. Per loro, in loro non c’era l’ombra di riflessione. Il lavoro stava là. E si lavorava bene. Non si trattava di essere sorvegliati o meno. Era il lavoro in sé che doveva riuscire perfettamente. E basta.

*** Charles PÉGUY, 1873-1914, scrittore, poeta e saggista francese, Il denaro, 1913, Piano B edizioni, 2015 


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#FOTO / Un tecnico in sospensione, Londra 1920

Un tecnico collega il cavo telefonico principale di un nuovo filo di sostegno, 
sospeso tra Maddox Street e Conduit Street a Mayfair, Londra, 1920 ca.

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#FILASTROCCHE / Antidoto naturale (Empatia) (Germana Bruno)

C’è un brutto veleno, a volte letale
che danno produce e fa tanto male,
contiene, in smisurata eccedenza,
conflitti, pregiudizi e disuguaglianza
riesce ad annientare chiunque tu sia,
però c’è un antidoto ed è l’empatia.
Di origine del tutto naturale,
ne ha un pochino qualsiasi animale,
per questo motivo si può per davvero,
all’occorrenza ottenerne il siero.
Senza pretesa di trovare soluzione,
si legano bene due o più persone,
stando così, per bene a contatto,
si prova a mangiare nello stesso piatto
e se la pietanza non è proprio gustosa,
in condivisione sarà un’altra cosa.
Già solo il legame, lo stare a contatto,
ci rende più dolce ogni amaro piatto,
provare a sentire lo stesso sapore
ci aiuta a capire e genera amore.

*** Germana BRUNO, insegnante e scrittrice, Antidoto naturale (Empatia), facebook, 25 settembre 2018, qui


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#SGUARDI POIETICI / Chiedo scusa di notte (Francesca Boccaletto)

Chiedo scusa di notte
quando non siamo vicini.
Per le parole sbagliate,
per la coda di denso silenzio.

Non mi scuso di giorno,
preferisco mostrarti
la parte buia di me,
la voce crepata
la mia bocca oscena.

Se resterai
sarà per la notte,
per le crepe
per le parole sbagliate.


*** Francesca BOCCALETTO, 1978, giornalista, Chiedo scusa di notte, da Abbiamo parlato di fortuna, Interno Poesia, 2018


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#MOSQUITO / Diritti di libertà, diritti supercostituzionali (Piero Calamandrei)

Il testo è un estratto dal libro di Piero Calamandrei "L’avvenire dei diritti di libertà", che uscirà in libreria per Galaad edizioni il 27 settembre. 
Come spiega Enzo Di Salvatore nell’approfondita introduzione, si tratta di un saggio scritto nel 1946 dal giurista per la riedizione del libro "Diritti di libertà" di Francesco Ruffini, a sua volta nome celebre del diritto, tra i pochi docenti universitari a non prestare giuramento al fascismo, scomparso nel 1934 (qui)

Non possiamo terminare questo troppo lungo discorso sui diritti di libertà senza ricordare l’avvertenza del Ruffini: «quello che più importa, in fatto di diritti di libertà, non è tanto la loro solenne proclamazione teorica, al modo dei famosi testi francesi, quanto la concreta determinazione dei mezzi pratici più adatti ad assicurarne l’osservanza».

Questo è il punto che, anche nella prossima costituente italiana, richiederà la maggiore attenzione.
Si è già osservato che l’inclusione dei diritti di libertà nella costituzione, in conseguenza della quale essi assumono il carattere di diritti costituzionali, importa un impegno dello Stato a non servirsi del potere legislativo per sopprimerli o per restringerli. Difesa dei diritti di libertà significa sopra tutto difesa contro il potere legislativo; ma perché questa difesa sia effettiva, occorrerà che le norme concernenti i diritti di libertà, al pari di tutte le altre norme costituzionali, siano sottratte alla disposizione degli organi legislativi ordinari, e siano salvaguardate da un sistema «rigido» nel quale l’esercizio del potere costituente, solo competente a modificarle, sia affidato a speciali organi e a speciali maggioranze.
Eppure neanche questo potrebbe esser sufficiente a difenderli da ogni attentato: e si potrebbe pensare che di tutte le norme costituzionali, la cui modificazione fosse riservata alla competenza di speciali organi costituenti, i diritti di libertà, come quelli che rappresentano la base intangibile d’ogni democrazia, siano considerati come diritti supercostituzionali, e come tali debbano essere…

*** Piero CALAMANDREI, 1889-1956, politico, avvocato, accademico, da L'avvenire dei diritti di libertà, Galaad, 2018, estratto dal saggio di Piero Calamandrei  del 1946 per la riedizione del libro di Francesco Ruffini, Diritti di libertà, citato in 'left', 22 settembre 2018, qui

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#VIGNETTE / Di Maio abolisce la povertà (Natangelo)

NATANGELO, 1985
facebook, 26 settembre 2018, qui

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mercoledì 26 settembre 2018

#SPOT / Cerca rispetto

"Cerca rispetto, non attenzione. Dura più a lungo"
via facebook, 13 settembre 2018, qui
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#HUMOR / Berlusconi in tv (Fulvio Maranzano)

facebook, 24 settembre 2018, qui

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#VIGNETTE / Decreto Sicurezza (Walter Leoni)

Walter LEONI, 1975
facebook, 25 settembre 2018, qui

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#SGUARDI POIETICI / Ci siamo voluti davvero un gran bene (Heinrich Heine)

Ci siamo voluti davvero un gran bene,
Eppure ci siam sopportati.
Abbiamo giocato a moglie e marito
Però non ci siamo picchiati.
Insieme abbiam riso e abbiamo scherzato,
Ci siamo abbracciati e baciati col cuore.
Con gioia infantile a nascondino
Abbiamo giocato nei boschi e nei prati,
E siamo stati così bravi a nasconderci
Che poi non ci siamo mai più ritrovati.

*** Heinrich HEINE, 1797-1856, poeta tedesco, Ci siamo voluti davvero un gran bene, da Poesie scelte, a cura di Simonetta Carusi, Mimesis, 2016


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#MOSQUITO / Il bambino e il desiderio (Umberto Galimberti)

Se li riempite di giocattoli, voi estinguete nel bambino il desiderio. Il bambino non desidera più ciò che non ha perché ha già tutto. Se l’intervallo tra sé e il giocattolo non c’è più, vuol dire che si estingue il desiderio e la psiche diventa apatica. 

*** Umberto GALIMBERTI, 1942, filosofo, psicoanalista, saggista, 10 marzo 2018, 'youreduaction.it', qui


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#SENZA_TAGLI / Decreto Sicurezza, nel metodo (Guido Saraceni)

Vi spiego per quale motivo il Decreto Sicurezza rappresenta un vero e proprio disastro, la definitiva sconfitta del Diritto, la morte della legalità, umiliata dalle ragioni della politica.

1. Il Decreto è quel meccanismo grazie al quale il Governo scavalca il Parlamento e ne mortifica le prerogative costituzionali, appropriandosi della potestà legislativa. Per questo motivo, la Costituzione stabilisce che possa essere utilizzato esclusivamente nei casi di estrema necessità e urgenza. La protezione umanitaria - vero e proprio cuore di questo Decreto -, è stata introdotta in Italia nel 1998, rappresenta un problema talmente urgente che fino a ieri il 99% dei cittadini italiani non sapeva neanche che esistesse - e pochi, ancora oggi, hanno capito cosa sia esattamente.

2. Tutti i governi hanno sempre utilizzato i decreti, ma dal governo del cambiamento era legittimo aspettarsi qualcosa di diverso, visto che poco tempo fa queste stesse persone erano in piazza a sbraitare che non è giusto scavalcare il Parlamento grazie ai decreti. Inoltre, si tratta delle stesse identiche persone che hanno votato NO alla riforma costituzionale proposta da Renzi "per difendere il parlamento e la democrazia".

3. Questo Governo gode di una fortissima maggioranza parlamentare, avrebbe potuto tranquillamente portare il testo in aula, per ascoltare ciò che avevano da dire le opposizioni. Sarebbe risultato meno arrogante e più rispettoso delle istituzioni.

4. Il testo si compone di trenta pagine che affrontano i problemi più disparati - dal noleggio di autovetture per finalità di terrorismo alle nuove pistole in dotazione alla polizia. Questa accozzaglia di norme rappresenta un vero e proprio schiaffo in faccia al principio di legalità, che pretende che la legge sia chiara, o, per lo meno, che abbia un argomento, un tema, un oggetto, non cento. Se volete obiettare che anche questo "è stato fatto in passato" rileggete per favore il punto numero due. Non otterremo mai nulla di buono dai nostri politici a forza di dire che qualcosa di negativo "è stato fatto anche in passato". Se vogliamo migliorare, la strada da percorrere non è certo quella di ripetere le cose peggiori che hanno fatto gli altri prima di noi.

Tutto questo dal punto di vista della mera scienza del diritto, senza voler in alcun modo dare un giudizio politico o entrare nel merito della questione.

Anche perché, per dare un giudizio di merito, basta osservare che il Decreto considera la protezione umanitaria un problema di sicurezza nazionale, come se tutti gli stranieri fossero dei criminali paragonabili ai ladri che ci governano.

Per dire.

*** Guido SARACENI, docente di filosofia del diritto e informatica giuridica presso l'università di Teramo, facebook, 25 settembre 2018, qui


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#VIDEO / Alla intolleranza ci si educa (Umberto Eco)


Alla tolleranza ci si educa
Umberto Eco1932-2016
semiologo, filosofo, saggista, scrittore 
video 1min27

"L’intolleranza è l’incapacità di regolare la nostra biologica reazione al diverso. Alla tolleranza ci si educa, non si nasce tolleranti." (Umberto Eco)


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martedì 25 settembre 2018

#SPOT / Niente baci e abbracci

"Ho 5 anni.
Il mio corpo è MIO.
Non costringetemi a baciarvi o abbracciarvi.
Sto imparando che il vostro consenso e il vostro supporto 
mi aiuteranno a mantenermi al sicuro per il resto della vita"
campagna 'Safe Kids, Thriving Families'
via facebook, 7 ottobre 2016, qui

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#VIDEO #HUMOR / Google sa tutto


Google sa tutto
video 2min40

Si scherza. Ma non tanto... (mf)

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#SGUARDI POIETICI / Amavo (una volta) un comunista (Antiniska Pozzi)

Amavo (una volta)
un comunista
ma lui forse
in ultima istanza
amava più il comunismo
di me

Perché era un amore
di gioventù
e quelli si sa che non hanno
rivali
neppure le mogli
neppure i figli

Hanno a che fare con l’identità
e lui
quando si guardava allo specchio
vedeva un comunista

una volta si tagliò i baffi
e per poco non ne morì
anche lo specchio impazzì
voleva smettere di riflettere
ma per alcuni è difficile farlo

difficile vedersi differenti
da come si è
e lui era un comunista
un comunista vero
di quelli che li trovi solo nei libri
nella teoria

lo amavo e poi è morto
– qualcuno ha detto –
come il comunismo

*** Antiniska POZZI, 1978, giornalista, scrittrice, poeta, Amavo (una volta) un comunista, LietoColle, 2018


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#MOSQUITO / Il lavoro ben fatto e il muratore di Auschwitz (Primo Levi)

Sono convinto che l’uomo normale è biologicamente costruito per un’attività diretta ad un fine, e che l’ozio, o il lavoro senza scopo (come l’Arbeit di Auschwitz) provoca sofferenza e atrofia. (…) Ma ad Auschwitz ho notato spesso un fenomeno curioso: il bisogno del ‘lavoro ben fatto’ è talmente radicato da spingere a far bene anche il lavoro imposto, schiavistico. Il muratore italiano che mi ha salvato la vita, portandomi cibo di nascosto per sei mesi, detestava i tedeschi, il loro cibo, la loro lingua, la loro guerra; ma quando lo mettevano a tirar su muri, li faceva dritti e solidi, non per obbedienza ma per dignità professionale. 

*** Primo LEVI, 1919-1987, scrittore, testimone dei lager, intervistato da Philip Roth, 'The New York Times Book Review', 12 ottobre 1986, citato da David Bidussa, Dignità del saper fare, 'Fondazione Feltrinelli', 12 maggio 2014, qui
https://it.wikipedia.org/wiki/Primo_Levi


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lunedì 24 settembre 2018

#BREVITER / Toninelli e il Ponte (Francesco Giamblanco)

 
Facebook, 23 settembre 2018, qui

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#SGUARDI POIETICI / E' la 'speranza' una creatura alata, 254 (Emily Dickinson)

È la “speranza” una creatura alata
che si annida nell’anima –
e canta melodie senza parole –
senza smettere mai –

E la senti dolcissima nel vento –
e ben aspra dev’esser la tempesta
che valga a spaventare il tenue uccello
che tanti riscaldò –

Nella landa più gelida l’ho udita –
sui più remoti mari –
ma nemmeno all’estremo del bisogno
ha voluto una briciola – da me.

*** Emily DICKINSON, 1830-1886, poetessa statunitense, 254, c. 1861, traduzione di Silvio Raffo, da Tutte le poesie, Mondadori I Meridiani, 1997.
Segnalata in 'poesiainrete.com', 22 settembre 2018, qui



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Testo originale (254)
“Hope” is the thing with feathers –
That perches in the soul –
And sings the tune without the words –
And never stops – at all –

And sweetest – in the Gale – is heard –
And sore must be the storm –
That could abash the little Bird
That kept so many warm –

I’ve heard it in the chillest land –
And on the strangest Sea –
Yet, never, in Extremity,
It asked a crumb – of Me.

(da Poems, a cura di Mabel Loomis Todd e Thomas W. Higginson, Boston, Robert Brothers, 1891)