Ripetevamo: andrà tutto bene.
Pagine
sabato 31 ottobre 2020
#SGUARDI POIETICI / Andrà come vorrà (Massimo Ferrario)
#FOTO / Daniel Rueda (con Anna Devis)
#VIGNETTE / Noi niente scontro di civiltà? (Mauro Biani)
venerdì 30 ottobre 2020
#SPILLI / Covid-19, le colpe dei governi e noi (Massimo Ferrario)
In Mixtura ark #Spilli di Massimo Ferrario qui
#SGUARDI POIETICI / I vecchi non dovrebbero mai dormire (Nico Naldini)
mai andare a letto.
Ogni gesto è un dolore
tenuto segreto
che si rifà vivo.
Sollevare le lenzuola
mettere sul cuscino
un altro cuscino.
Quale ricordo lieto
potrà aprire la porta ai sogni?
No, solo gaffes irrimediabili
perché ancora tutto brilla
di luci mondane
con una spiegazione
per ogni fallimento.
Un rifugio non c’è
nemmeno nell’angolo
più fresco del letto
che fa presto a inumidirsi
non di lacrime ma di sudore
perché è il corpo che piange.
#SPILLI / Cercasi, cercansi (Massimo Ferrario)
#MOSQUITO / Comunicare, forte e morbido (Bernardo Paoli)
Ogni atto comunicativo lavora su due livelli: quello del contenuto e quello della relazione.
Se, tornato a casa per la cena, il marito dice alla moglie: “Che schifo questa minestra!”, come mai la moglie se la prende? Semmai il marito ha ragione: la minestra è proprio cattiva. Il problema è che, così formulata, la frase viene percepita non tanto come una valutazione oggettiva sulla minestra, quanto come un: “Sei tu che non mi piaci”. O, in altre parole: “Qui comando io - punto primo - ed è tuo compito soddisfare le mie esigenze, e non sei stata in grado di farlo”.
Ogni volta che apriamo bocca parliamo, sì, del contenuto di ciò di cui stiamo parlando ma, al tempo stesso, anche di che tipo di relazione abbiamo instaurato con chi ci sta davanti (e se questa relazione ha una tonalità emotiva positiva o negativa).
Una buona soluzione è mantenere separati i due livelli: comunica la relazione prima, e il contenuto poi (o viceversa). Il marito potrebbe dire: “Tesoro, ti voglio bene, sei sempre molto attenta a me, e ti ringrazio per il fatto che mi hai preparato la minestra anche stasera… Questa volta, purtroppo, non è venuta un granché. Preferisco non mangiarla”.
Attesta, anzitutto, la positività della relazione attraverso delle parole e un non verbale “morbidi”, poi comunica la decisione “forte”: la minestra non è buona e non la mangerò. Insomma, non è necessario utilizzare parole dure, una voce grossa e uno sguardo torvo per veicolare un messaggio deciso.
Anziché urlare contro i tuoi genitori perché continuano a insistere affinché tu scelga l’università che loro vogliono che tu faccia, puoi dire in modo morbido: “Ho capito il vostro punto di vista e mi è chiaro che continuate a ripeterlo perché ci tenete a me, e perché secondo voi è la scelta migliore… ma non sono d’accordo, e non potrei perdonarmi di aver rinunciato a ciò che piace a me per seguire i sogni vostri. Farò ciò che ho scelto”. Comunicazione morbida, decisione forte.
*** Bernardo PAOLI, consulente, psicoterapeuta, saggista, facebook, 19 agosto 2020, qui
#SPOT / Dove vuoi andare? (Nico Madonia)
giovedì 29 ottobre 2020
#SGUARDI POIETICI / Precarietà (Manuela Toto)
#SPILLI - Ancora sul 'Sussidistan', gli analfabeti intellettuali (Massimo Ferrario)
Articoli su articoli e intemerate confindustriali che ripetono, come fosse la scoperta del secolo, che con i sussidi non si riparte. E che per ripartire c’è bisogno di investimenti e lavoro.
A parte il fatto che pare assodato che i sussidi a certi '(im)prenditori' piacciono solo se sono loro a prenderli, chi non è d’accordo?
Anche un analfabeta intellettuale lo capisce.
#MOSQUITO / La chiameremo 'disperanza' (Giulio Cavalli)
La chiameremo disperanza. Non è una disperazione. Disperazione è una manifestazione incontrollata di tristezza e di rabbia, un crollo verticale che presume una soluzione implosiva o esplosiva, un sentimento insostenibile sul lungo periodo che porta alla rinascita o alla frantumazione. La disperanza invece, che anticamente della disperazione era un sinonimo, ha un significato più tenue ma cronico, qualcosa che insopportabilmente diventa sopportabile per lunghi periodi, uno status che può rimanere appiccicato anche per vite intere. Là dove la disperazione sgorga in strepiti e lacrime, la disperanza rimane sottesa, a mezz’aria, fissata in una bocca socchiusa; là dove la disperazione mostra drammatiche risoluzioni, la disperanza ha già deciso di restare in quella sensazione diffusa che fa più male, flebilmente ma più a lungo, di qualsiasi gesto estremo.
*** Giulio CAVALLI, 1977, attore, drammaturgo, scrittore, regista teatrale e politico, Disperanza, Fandango, 2020
#VIGNETTE / Hai portato il vaccino? (Lele Corvi)
mercoledì 28 ottobre 2020
#SGUARDI POIETICI / Se ci avessero ingannato con la storia del tempo che fugge? (Sara Setti)
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Se bastasse respirare al proprio ritmo, prendere i propri spazi, anziché affannarsi a rincorrere un mondo più allenato di noi?⠀
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E se la smania di “stare al passo” e di non lasciar fuggire il tempo fosse, in realtà, l’unico tragico e comico modo per farlo scorrere via dalle dita questo tempo?
#SPILLI / Noi e il mondo (Massimo Ferrario)
In genere tenderei a concordare: soprattutto quando mi ricordo che per una vita ho cercato di praticare, credendoci, insieme alle categorie della sociologia e della lettura politica dei contesti, organizzativi e sociali, anche quelle della psicologia (ma non della pericolosa deriva riduzionista di cui è fatto lo psicologismo, che pure tanto piace per il suo 'farla semplice').
Sempre più spesso, tuttavia, capovolgerei il pensiero: “Quando guardo alla gente sono pessimista, quando guardo al mondo sono ottimista.”
Per questo, allo stato attuale, pensando a noi e al mondo, non scomoderei né pessimismo né ottimismo: è solo realismo.
*** Massimo FERRARIO, Noi e il mondo, per Mixtura - (°) Carl Rogers, 1902-1987, psicologo e psicoterapeuta statunitense
#SENZA_TAGLI / Se dovessimo tornare a chiudere (Enrico Galiano)
Qualche anno fa Selvaggia Lucarelli ha scritto una cosa molto vera: ce l'aveva con quelli che, appena lasciati o meglio appena lasciato il partner, postavano subito foto del loro nuovo amore. Era un po' una tortura, per quelli appena lasciati che – come è normale succeda – andavano a vedere il profilo dell'ex e si ritrovavano sbattute in faccia immagini che erano lama affilata nel petto.
Diceva loro, in sostanza: un po' di empatia, per favore, un po' di rispetto. Cosa serve mostrare quelle foto al mondo? Non lo sapete quanto male stanno i vostri ex?
Me lo ricordo perché era successo proprio a me e proprio in quei giorni, e non era una bella sensazione.
Mi viene in mente adesso, anche se non c'entra niente, perché sento che ha qualcosa a che fare con quello che sta accadendo in queste ore.
Ci sono diverse persone – fra cui, io – che anche se ci fosse un nuovo lockdown non ne soffrirebbero in modo decisivo. Sì la chiusura, sì le difficoltà logistiche coi figli e tante altre cose, ma uno stipendio arriverà sempre alla fine del mese.
E poi ce ne sono altre che, se accadesse, avrebbero davvero difficoltà a mettere insieme il pranzo con la cena, come si dice. Più tutte le mie stesse difficoltà.
Per cui mi piacerebbe che se dovessimo tornare a chiudere, chiunque – come me – si trovi in una situazione privilegiata, stavolta evitasse di lamentarsi dei disagi, o almeno non lo facesse qui dove lo possono leggere tutti, soprattutto quelli che non hanno “disagi” ma problemi, problemi veri.
Un po' di empatia, un po' di rispetto.
#PROVERBI / Il miglior amico del fiume (proverbio cinese)
#VIGNETTE / Non è proprio (Stefano Rolli)
martedì 27 ottobre 2020
#SGUARDI POIETICI / Il mio compleanno (Sergio Sbrollini)
per vedere gli amici,
per sapere con loro
la mia vita che passa.
Vecchi amici che narrano
primavere svanite
hanno nei compleanni
cari gesti d’infanzia.
Scorrerà triste vino
dalle cose perdute,
dolce da un rubinetto
che nessun saprà chiudere.
E gli amici ormai giungono
con le stesse mie rughe.
Io già mi sento andare
a pensieri che struggono.
#FAVOLE & RACCONTI / Il sacchetto delle patatine (Massimo Ferrario)
La giovane manager, ansimante per la corsa, chiuse l'ombrello gocciolante, guardò subito lo schermo elettronico e sbuffò: mai un volta che venisse rispettato l'orario.
Si diresse al bar: ordinò un succo di frutta e si comprò una confezione di patatine: che infilò nella borsetta.
La giovane aprì la borsetta: si ricordava di averci messo il solito libro da viaggio con cui ingannava l'attesa. Vide il pacchetto di patatine che aveva appena comprato e pensò che avrebbe cominciato a sgranocchiarle tra una pagina e l'altra.
Il ragazzo si mostrò discreto: continuava a sfogliare la rivista. Dopo l'inchino di saluto appena lei aveva deciso di sederglisi accanto, non aveva aperto bocca: il timore che volesse coinvolgerla in qualche chiacchiera era uno dei motivi per cui la donna aveva avuto qualche remora ad accettare il posto vicino a lui e invece tutto procedeva perfettamente.
Pensò: d'accordo, nessun problema, ma se avesse chiesto, lei certo non avrebbe rifiutato. Invece...
Il libro era un poliziesco: come sempre, le ultime pagine stavano svelando l'assassino, con i consueti colpi di scena che mirano ad aumentare la suspense.
In quel momento, l'altoparlante segnalò l'arrivo in stazione del Freccia Azzurra, comunicando il binario.
La giovane, più seccata che mai e sempre in silenzio, buttò il libro nella borsetta, indossò la giacca a vento, raccolse lo zainetto con il computer e corse al binario, senza salutare il ragazzo.
Quando si fu accomodata al suo posto nel vagone, riaprì la borsetta per recuperare il libro: le mancavano due pagine alla fine ed erano quelle decisive.
Fu allora che le vide.
Ripensò al sorriso del giovane. Aveva creduto fosse di scherno: era invece di amicizia.
Chissà quanto avrebbe pagato per poter fermare il treno e tornare alla stazione di partenza: potersi scusare e dire grazie.
Pensò che il fatto di non poterlo fare le avrebbe scolpito dentro l'accaduto in maniera indelebile: non avrebbe potuto dimenticare.
Nascose la faccia tra le mani: provava una vergogna indicibile.
#MOSQUITO / L'esclusione si produce a prescindere dalle intenzioni (Robin Di Angelo)
Gli Stati Uniti sono stati fondati sul principio che tutti gli uomini sono creati uguali. Tuttavia, il primo atto della storia americana è stato il tentato genocidio dei popoli indigeni e il furto delle loro terre. La ricchezza della nazione è stata costruita sullo sfruttamento degli africani deportati e schiavizzati e dei loro discendenti. Le donne si sono viste negare il diritto di voto fino al 1920, le afroamericane fino al 1965.
L’identity politics, letteralmente «politica delle identità», si sofferma sulle barriere che specifici gruppi sono costretti ad affrontare nella loro lotta per l’uguaglianza. Benché in America non siamo ancora riusciti a realizzare il nostro principio fondante, dobbiamo ogni progresso compiuto in quella direzione alla politica delle identità. L’identità di quanti siedono nelle stanze del potere in questo paese è rimasta immutata: si tratta di bianchi, maschi, di ceto medio alto, senza disabilità fisiche. Non è una pedanteria dettata dal politicamente corretto. Le decisioni prese in quelle stanze condizionano le vite di coloro che ne restano fuori. Non importa che non ci sia l’intenzione meditata di escludere: l’esclusione si produce a prescindere dalle intenzioni.
In Mixtura ark #Mosquito qui
#VIGNETTE / C'è l'incertezza del futuro (Altan)
lunedì 26 ottobre 2020
#SGUARDI POIETICI / Lago-cratere (Louise Glück)
Decidemmo di chiamare il corpo bene.
In Mixtura i contributi di Louise Glück qui
#EX LIBRIS / La storia inventata (John Steinbeck)
Il Dottore è il più brav’uomo che io abbia conosciuto. Non voglio essere uno di quelli che s’approfitterebbero di lui. Sapete, una volta l’ho imbrogliato perché mi desse un dollaro. Gli inventai tutta una maledetta storia. E mentre gliela stavo raccontando, vidi che sapeva fin troppo bene che era tutta una frottola. E così, proprio mentre gliela stavo raccontando, gli dissi: ’Dottore, è una maledetta bugia!’ E lui si mise una mano in tasca e tirò fuori un dollaro. ’Mack’, disse, ’mi pare che chi si trova tanto in bisogno da dover inventare una bugia per avere un dollaro, ne deve aver bisogno davvero’, e mi diede il dollaro. Glielo restituii il giorno dopo. Non lo spesi per niente. Lo tenni tutta la notte e poi glielo restituii."
domenica 25 ottobre 2020
#SGUARDI POIETICI / Ho capito che il momento giusto (Sara Setti)
non è mai quello in cui si è pronti,⠀
ma il momento in cui si salta.⠀
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Come per i semi di soffione,⠀
che si lanciano a cercare il cielo⠀
al primo soffio di vento.⠀
⠀
E cadremo, oh, se cadremo,⠀
ma cadere saltando⠀
è sfiorare le nuvole,⠀
⠀
cadere quando si è “pronti”⠀
è una schianto ⠀
dopo una parabola ⠀
di pochi centimetri.
#VIDEO #CARTONI / I fantastici libri volanti di Mr. Morris Lessmore (William Joyce)
#SPOT / Ascolta il tuo corpo (Lindartifex)
#MOSQUITO / Intendo per passione la capacità di resistenza e di rivolta (Gianni Rodari)
Intendo per passione la capacità di resistenza e di rivolta. L’intransigenza nel rifiuto del fariseismo, comunque mascherato. La volontà di azione e di dedizione Il coraggio di sognare in grande. La coscienza del dovere, che abbiamo come uomini, di cambiare il mondo in meglio senza accontentarci dei mediocri cambiamenti di scena che lasciano tutto com’era prima. Il coraggio di dire di no quand’è necessario, anche se dire di sì è più comodo. Di non fare “come gli altri”, anche se per questo bisogna pagare un prezzo.
#VIGNETTE / Una buona e una cattiva notizia (Natangelo)
sabato 24 ottobre 2020
#SGUARDI POIETICI / L'autunno (Maria Pawlikowska)
la pioggia cuce il cielo alla terra
con mille brividi e punti. –
E tutto si corrode, si deforma,
cola, gronda madido,
ma non per sempre, dalla disperazione –
per poco, dalla lussuria.
#SPILLI / Responsabilità, quando il gioco diventa sporco (Massimo Ferrario)
Giustissimo che Presidente del Consiglio e Ministri ci responsabilizzino tutti.
Mascherina, distanziamento, igiene delle mani sono comportamenti obbligatori e ineludibili: ancora oggi, negazionismi e minimizzatori a parte, non tutti l’hanno capito. Per cui stiamo pagando (anche) l’irresponsabilità del ‘liberi tutti’ di questa estate.
Però le istituzioni, a livello nazionale e locale, non possono cavarsela scaricando su noi cittadini inadempienze, ritardi, deficienze che vengono da competenze loro non esercitate.
Non esistono solo risposte di comportamento individuale: sono necessarie, urgenti e fondamentali risposte di sistema. E queste sono mancate.
Non è più invocabile la giustificazione della sorpresa: le istituzioni hanno avuto tempo abbondante per prepararsi alla seconda ondata Covid19, ma l’hanno dissipato. Per incapacità organizzativa, per lo scarico Governo-Regioni e Regioni-Governo, per un sostanziale 'pensiero positivo' che minimizzava un rischio possibile (nonostante l'invito di molti scienziati 'veri' a non abbassare la guardia), per un beota narcisismo che si vantava del successo avuto con la prima ondata.
I cittadini possono fare molto, anzi moltissimo, per contenere il virus. Ma non possono fare tutto. La parte dello Stato non può che essere dello Stato: Governo, Regioni, Comuni.
Viaggiare compressi come acciughe per andare e tornare da lavoro e scuola, non potersi sottoporre a tamponi se non facendo fino a dieci ore di code, ritrovarsi con i medici di base abbandonati e impossibilitati ad aiutare i pazienti, scaricare un’app che non serve a nulla perché è solo un’escrescenza tecnologica in un deserto (quando non è stata boicottata, oltre che da politici, pure da alcune Regioni, che l'hanno considerata un impegno eccessivo).
In Mixura ark #Spilli di Massimo Ferrario qui