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sabato 31 ottobre 2020

#SGUARDI POIETICI / Andrà come vorrà (Massimo Ferrario)

Ripetevamo: andrà tutto bene.

E ancora una volta,
dietro un augurio autoconsolatorio
che mirava ad  occultare la nostra angoscia,
abbiamo preferito esibire
la nostra supponente assertività,
figlia della solita incorreggibile 
hybris
che ci crede onnipotenti e padroni del tutto:

come a convincere noi stessi
che sappiamo ciò che non sappiamo,
scommettendo sulla direzione di un futuro
che non ci appartiene.

Forse,
se ora mostrassimo di aver imparato,
grazie alla feroce saggezza di un virus,
che anche se noi ci impegneremo, 
alla fine andrà come vorrà,
il cielo apprezzerà la nostra rivoluzionaria 
umiltà.

E ci vorrà più bene.
E finalmente, chissà,
andrà meglio.

*** Massimo Ferrario, Andrà come vorrà, per Mixtura


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#FOTO / Daniel Rueda (con Anna Devis)

Foto di Daniel RUEDA
architetto, fotografo
con Anna Devis
'picamemag.com', 12 maggio 2020, qui

° ° °

Foto di Daniel RUEDA
architetto, fotografo
con Anna Devis
'picamemag.com', 12 maggio 2020, qui

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Foto di Daniel RUEDA
architetto, fotografo
con Anna Devis
'picamemag.com', 12 maggio 2020, qui

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Foto di Daniel RUEDA
architetto, fotografo
con Anna Devis
'picamemag.com', 12 maggio 2020, qui

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Foto di Daniel RUEDA
architetto, fotografo
con Anna Devis
'picamemag.com', 12 maggio 2020, qui


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#VIGNETTE / Noi niente scontro di civiltà? (Mauro Biani)

Mauro BIANI, 1967
'la Repubblica', 30 ottobre 2020, via facebook, qui

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venerdì 30 ottobre 2020

#SPILLI / Covid-19, le colpe dei governi e noi (Massimo Ferrario)

L'altro ieri, su facebook, avevo inserito questo post:
« Anche Francia e Germania stanno chiudendo bar, ristoranti, teatri, cinema. 
Come noi. 
Bisogna dirlo a Salvini e Meloni. 
E ai commercianti. 
Il problema non è il governo Conte. 
Sarebbe bello che lo fosse: basterebbe cacciarlo. 
Ma è il virus. 
Lo dovrebbero capire anche gli analfabeti funzionali. »

Ho ricevuto vari like e un commento
Questo:
« Il problema è il virus in tutti quei governi che in sette mesi sono stati a guardare invece di lavorare sulla sanità, intervenire capillarmente sul territorio con misure serie (mezzi di trasporto, medicina territoriale etc), mettere in sicurezza le categorie fragili (sappiamo chi sono) ed evitare il collasso delle strutture, che diventa fatale per i molti malati gravi Covid e non che vi devono accedere. Tra questi: l'Italia. » 

Ho risposto facendo le seguenti (per me ovvie) considerazioni.
« Ogni governo ha fatto i suoi errori. E per certi versi è comprensibile: ci stiamo confrontando con una pandemia. L'errore più grave, comunque, è quello di non essersi preparati per ciò che gli scienziati dicevano da anni sarebbe accaduto. E il nostro governo (che comunque paga anni di sfacelo sanitario di governi precedenti, di cui sono stati responsabili anche quelli che oggi urlano dall'opposizione...), non è certo innocente: non ha avuto piani pronti e ha cincischiato in questa seconda ondata. 
Non sono un fan di Conte&Soci e certe insufficienze sono sotto gli occhi di tutti: ancora più gravi perché, a differenza di quelli che oggi protestano e che hanno contributo al 'tana liberi tutti' di quest'estate, chi è al governo ha sempre sostenuto che non si doveva abbassare la guardia e pensare che tutto fosse finito (per questo hanno prolungato i tempi tecnici dell'emergenza, contro chi, per questo, gridava al golpe). Però alcune reazioni, irrazionali e strumentali ('dittatura sanitaria', 'libertà-libertà', 'noMask', 'non ce n'è di Covid'...) non sono accettabili sul piano dell'analisi logica e dei fatti. E' follia allo stato puro. E, per quanto carente e disorganizzata (col senno di poi siamo sempre bravi tutti), non va confusa la risposta di Italia ed Europa con il negazionismo criminale di Trump, Johnson, Bolsonaro. 
Stando comunque all'Italia: un conto è stigmatizzare ciò che non ha funzionato e non funziona e un conto è far credere che il virus sia colpa del governo. Come sempre, da noi mi pare manchi non solo l'onestà 'tout court', ma l'onestà intellettuale. Quale delle due mancanze sia più pericolosa per distruggere una comunità, è una bella gara. »

Un amico, sempre troppo 'buono' con me, ha particolarmente apprezzato la mia risposta, qualificandola come 'terapeutica' e meritevole di essere fatta 'girare' ulteriormente.
Lo sto facendo e lo ringrazio. 

Conservo però qualche dubbio: per alcuni (molti, troppi), temo non ci sia terapia. 
Purtroppo per loro. 
Ma anche per noi. 
Perché mai come stavolta noi siamo legati 'anche' a loro. 
Come il virus dimostra con una evidenza che soli i ciechi possono essere scusati di non vedere. 
Ma che anche loro, essendo ovviamente proprietari come noi di un cervello, sono in grado di capire.

*** Massimo Ferrario, Il virus, le colpe dei governi e noi, per Mixtura

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#SGUARDI POIETICI / I vecchi non dovrebbero mai dormire (Nico Naldini)

I vecchi non dovrebbero mai dormire
mai andare a letto.
Ogni gesto è un dolore
tenuto segreto
che si rifà vivo.
Sollevare le lenzuola
mettere sul cuscino
un altro cuscino.
Quale ricordo lieto
potrà aprire la porta ai sogni?
No, solo gaffes irrimediabili
perché ancora tutto brilla
di luci mondane
con una spiegazione
per ogni fallimento.
Un rifugio non c’è
nemmeno nell’angolo
più fresco del letto
che fa presto a inumidirsi
non di lacrime ma di sudore
perché è il corpo che piange.


*** Nico NALDINI, 1929-2020, scrittore, regista, poeta, da Una striscia lunga come la vita, Marsilio, 2009, in 'thepoeti.it', qui


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#SPILLI / Cercasi, cercansi (Massimo Ferrario)

Governo e opposizione: c'è chi continua a chiedere di sedersi a un tavolo. Per ascoltarsi e collaborare.

Però una delle due parti non ha nessuna intenzione di abbandonare l'atteggiamento di chi il tavolo lo vuole rovesciare. 
Spaccia per richiesta di ascolto l'imposizione di ciò che vuole, chiama proposte i suoi aut-aut e confonde opposizione con l'essere contro a priori: il governo fa bianco, lei chiede nero; il governo fa nero, lei chiede bianco.

Neppure i bambini si comportano così. 
Anche loro capiscono quando è il momento di sospendere i capricci e fare gli adulti. Però gli adulti 'veri': non quelli che sono restati bambini e dicono sempre e comunque no, per partito preso, così credendo di essere i duri che non si fanno comprare e gli unici intelligenti che hanno capito tutto.

In psicologia questa modalità relazionale del 'no-solo-no/sempre-no' si chiama contro-dipendenza. 
Ci siamo passati tutti da piccoli, sperimentando l'onnipotenza del nostro essere a priori contro il mondo degli adulti. E' una fase fisiologica dello sviluppo, che prevede poi il ritiro della cocciutaggine ossessivamente focalizzata sul nostro ombelico e il passaggio all'inter-dipendenza. Una visione che sa tenere insieme la complessità: usando intelligenza nel duplice significato, etimologico, di approfondimento e di collegamento.

Questa inter-dipendenza non è data, ma conquistata. Non accade, la si fa accadere: con pazienza, anche con fatica, la si conquista con studio, ricerca, dubbio, capacità di mettere e mettersi in discussione,  voglia di capire e ri-capire, profondità e larghezza di lettura della realtà. 
Solo allora si scopre un modo più utile e fecondo di rapportarsi: che aumenta le probabilità di efficacia delle soluzioni necessarie. 

Il 'sì-e-il-no', tipico della inter-dipendenza, giocato a seconda delle specificità delle situazioni, dei problemi, delle condizioni, e basato su logica e dati, il più possibile analizzati e riflettuti, è cosa che riguarda adulti maturi: che hanno fatto lo sforzo di diventarlo e non si fermano dal continuare a farlo. Perché l'adultità è un processo, non uno stato. 
E gli anni anagrafici non contano.

Per questo, anche al di là della coppia governo-opposizione, cercasi e cercansi
Cercasi inter-dipendenza. Cercansi inter-dipendenti.

*** Massimo Ferrario, Cercasi, cercansi, per Mixtura


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#MOSQUITO / Comunicare, forte e morbido (Bernardo Paoli)

Ogni atto comunicativo lavora su due livelli: quello del contenuto e quello della relazione. 

Se, tornato a casa per la cena, il marito dice alla moglie: “Che schifo questa minestra!”, come mai la moglie se la prende? Semmai il marito ha ragione: la minestra è proprio cattiva. Il problema è che, così formulata, la frase viene percepita non tanto come una valutazione oggettiva sulla minestra, quanto come un: “Sei tu che non mi piaci”. O, in altre parole: “Qui comando io - punto primo - ed è tuo compito soddisfare le mie esigenze, e non sei stata in grado di farlo”. 

Ogni volta che apriamo bocca parliamo, sì, del contenuto di ciò di cui stiamo parlando ma, al tempo stesso, anche di che tipo di relazione abbiamo instaurato con chi ci sta davanti (e se questa relazione ha una tonalità emotiva positiva o negativa). 

Una buona soluzione è mantenere separati i due livelli: comunica la relazione prima, e il contenuto poi (o viceversa). Il marito potrebbe dire: “Tesoro, ti voglio bene, sei sempre molto attenta a me, e ti ringrazio per il fatto che mi hai preparato la minestra anche stasera… Questa volta, purtroppo, non è venuta un granché. Preferisco non mangiarla”. 

Attesta, anzitutto, la positività della relazione attraverso delle parole e un non verbale “morbidi”, poi comunica la decisione “forte”: la minestra non è buona e non la mangerò. Insomma, non è necessario utilizzare parole dure, una voce grossa e uno sguardo torvo per veicolare un messaggio deciso. 

Anziché urlare contro i tuoi genitori perché continuano a insistere affinché tu scelga l’università che loro vogliono che tu faccia, puoi dire in modo morbido: “Ho capito il vostro punto di vista e mi è chiaro che continuate a ripeterlo perché ci tenete a me, e perché secondo voi è la scelta migliore… ma non sono d’accordo, e non potrei perdonarmi di aver rinunciato a ciò che piace a me per seguire i sogni vostri. Farò ciò che ho scelto”. Comunicazione morbida, decisione forte.

*** Bernardo PAOLI, consulente, psicoterapeuta, saggista, facebook, 19 agosto 2020, qui


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#SPOT / Dove vuoi andare? (Nico Madonia)

Nicola MADONIA
instagram, ottobre 2020, qui


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#VIGNETTE / Non vedo l'ora (Maurizio Boscarol)

BOS (Maurizio Boscarol)
facebook, 27 ottobre 2020, qui

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giovedì 29 ottobre 2020

#SGUARDI POIETICI / Precarietà (Manuela Toto)

Per ora il Coronavirus
mi ha svuotato l’agenda
mi ha rinchiuso i figli in casa
che mi hanno svuotato il frigorifero
e mi ha fatto sentire precaria
La precarietà è un buon disinfettante.
Ci ripulisce dalla sensazione di essere i padroni di tutto.
Di aver capito tutto.
Ci rimette al nostro posto
di creature instabili e fragili,
immancabilmente sole.
Ci fa assaporare la condizione del fuggiasco, del rifugiato, dell’escluso, del sospettato, del rifiutato, 
del persecutore e della vittima insieme.
Chi è precario torna all’essenziale.
In questi giorni d’isolamento obbligato 
potrebbe accadere che ognuno torni a se stesso.
E questo potrebbe fare più paura del Coronavirus.

*** Manuela TOTO, psicologa, counselor, Precarietà, blog 'SottoLeScale', 7 marzo 2020, qui


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#SPILLI - Ancora sul 'Sussidistan', gli analfabeti intellettuali (Massimo Ferrario)

Articoli su articoli e intemerate confindustriali che ripetono, come fosse la scoperta del secolo, che con i sussidi non si riparte. E che per ripartire c’è bisogno di investimenti e lavoro. 

A parte il fatto che pare assodato che i sussidi a certi '(im)prenditori' piacciono solo se sono loro a prenderli, chi non è d’accordo? 

Nella drammatica situazione in cui siamo, precipitati dentro una pandemia arrembante (nuovi lockdown più o  meno chirurgici alle porte e coprifuoco in atto), i sussidi non spingono certo ripresa e sviluppo. Ma, banalmente, sono indispensabili per non morire. 
Perché, sì, senza nessuna drammatizzazione retorica, per moltissimi la questione è ormai arrivata al bivio ultimo: o riescono a sopravvivere con aiuti che li ripaghino, almeno in parte, del cessato lavoro, o non avranno di che mangiare, loro e le loro famiglie.

Anche un analfabeta intellettuale lo capisce. 

Ma c'è chi preferisce ammonire, a disco-rotto, contro il 'Sussidistan'. 

*** Massimo Ferrario, Ancora sul Sussidistan, gli analfabeti intellettuali, per Mixtura

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#MOSQUITO / La chiameremo 'disperanza' (Giulio Cavalli)

La chiameremo disperanza. Non è una disperazione. Disperazione è una manifestazione incontrollata di tristezza e di rabbia, un crollo verticale che presume una soluzione implosiva o esplosiva, un sentimento insostenibile sul lungo periodo che porta alla rinascita o alla frantumazione. La disperanza invece, che anticamente della disperazione era un sinonimo, ha un significato più tenue ma cronico, qualcosa che insopportabilmente diventa sopportabile per lunghi periodi, uno status che può rimanere appiccicato anche per vite intere. Là dove la disperazione sgorga in strepiti e lacrime, la disperanza rimane sottesa, a mezz’aria, fissata in una bocca socchiusa; là dove la disperazione mostra drammatiche risoluzioni, la disperanza ha già deciso di restare in quella sensazione diffusa che fa più male, flebilmente ma più a lungo, di qualsiasi gesto estremo.

*** Giulio CAVALLI, 1977, attore, drammaturgo, scrittore, regista teatrale e politico, Disperanza, Fandango, 2020


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Sempre in Mixtura, in tema di 'disperanza' segnalo anche M. Ferrario, Prigionieri di una 'disperata disperanza', #SguardiPoietici, 28 novembre 2017, qui

#VIGNETTE / Hai portato il vaccino? (Lele Corvi)

Lele CORVI
'il manifesto', 27 ottobre 2020, qui

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mercoledì 28 ottobre 2020

#SGUARDI POIETICI / Se ci avessero ingannato con la storia del tempo che fugge? (Sara Setti)

Se ci avessero ingannato con la storia del tempo che fugge?⁠⠀
⁠⠀
Se bastasse respirare al proprio ritmo, prendere i propri spazi, anziché affannarsi a rincorrere un mondo più allenato di noi?⁠⠀
⁠⠀
E se la smania di “stare al passo” e di non lasciar fuggire il tempo fosse, in realtà, l’unico tragico e comico modo per farlo scorrere via dalle dita questo tempo?

*** Sara SETTI, instagram, 12 ottobre 2020, qui



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#SPILLI / Noi e il mondo (Massimo Ferrario)

Leggo, non a caso in una comunicazione di un ordine regionale degli psicologi, quello della Lombardia, una citazione di Carl Rogers (°): “Quando guardo al mondo sono pessimista, ma quando guardo alla gente sono ottimista.” 

In genere tenderei a concordare: soprattutto quando mi ricordo che per una vita ho cercato di praticare, credendoci, insieme alle categorie della sociologia e della lettura politica dei contesti, organizzativi e sociali, anche quelle della psicologia (ma non della pericolosa deriva riduzionista di cui è fatto lo psicologismo, che pure tanto piace per il suo 'farla semplice'). 

Sempre più spesso, tuttavia, capovolgerei il pensiero: “Quando guardo alla gente sono pessimista, quando guardo al mondo sono ottimista.”

Dove per ‘mondo’ intendo il ‘pianeta’. 
Che c’è e ci sarà pure dopo e oltre noi: anche se continueremo a sfigurarne irrimediabilmente clima e ambiente o ce la faremo prima o poi a farlo saltare in aria con qualche migliaia di bombe atomiche di cui nutriamo la nostra stupida arroganza, lui, il mondo, sia pure totalmente desertificato o radioattivo, ci sarà. E continuerà a girare attorno al sole almeno per qualche miliardo di anni. 

Per questo, allo stato attuale, pensando a noi e al mondo, non scomoderei né pessimismo né ottimismo: è solo realismo.

*** Massimo FERRARIO, Noi e il mondo, per Mixtura - (°) Carl Rogers, 1902-1987, psicologo e psicoterapeuta statunitense


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#SENZA_TAGLI / Se dovessimo tornare a chiudere (Enrico Galiano)

Qualche anno fa Selvaggia Lucarelli ha scritto una cosa molto vera: ce l'aveva con quelli che, appena lasciati o meglio appena lasciato il partner, postavano subito foto del loro nuovo amore. Era un po' una tortura, per quelli appena lasciati che – come è normale succeda – andavano a vedere il profilo dell'ex e si ritrovavano sbattute in faccia immagini che erano lama affilata nel petto.

Diceva loro, in sostanza: un po' di empatia, per favore, un po' di rispetto. Cosa serve mostrare quelle foto al mondo? Non lo sapete quanto male stanno i vostri ex?

Me lo ricordo perché era successo proprio a me e proprio in quei giorni, e non era una bella sensazione.

Mi viene in mente adesso, anche se non c'entra niente, perché sento che ha qualcosa a che fare con quello che sta accadendo in queste ore.

Ci sono diverse persone – fra cui, io – che anche se ci fosse un nuovo lockdown non ne soffrirebbero in modo decisivo. Sì la chiusura, sì le difficoltà logistiche coi figli e tante altre cose, ma uno stipendio arriverà sempre alla fine del mese.

E poi ce ne sono altre che, se accadesse, avrebbero davvero difficoltà a mettere insieme il pranzo con la cena, come si dice. Più tutte le mie stesse difficoltà.

Per cui mi piacerebbe che se dovessimo tornare a chiudere, chiunque – come me – si trovi in una situazione privilegiata, stavolta evitasse di lamentarsi dei disagi, o almeno non lo facesse qui dove lo possono leggere tutti, soprattutto quelli che non hanno “disagi” ma problemi, problemi veri.

Un po' di empatia, un po' di rispetto.

*** Enrico GALIANO, insegnante e scrittore, facebook, 25 ottobre 2020, qui


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#PROVERBI / Il miglior amico del fiume (proverbio cinese)

citato da Rita Greta Rombolotti, La punteggiatura dell’educazione 
in ‘Invece Concita’, ‘la Repubblica’, 15 ottobre 2020

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#VIGNETTE / Non è proprio (Stefano Rolli)

Stefano ROLLI
'Il Secolo XIX', 25 ottobre 2020, via facebbok, qui

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martedì 27 ottobre 2020

#SGUARDI POIETICI / Il mio compleanno (Sergio Sbrollini)

Oggi è un giorno buono
per vedere gli amici,
per sapere con loro
la mia vita che passa.
Vecchi amici che narrano
primavere svanite
hanno nei compleanni
cari gesti d’infanzia.
Scorrerà triste vino
dalle cose perdute,
dolce da un rubinetto
che nessun saprà chiudere.
E gli amici ormai giungono
con le stesse mie rughe.
Io già mi sento andare
a pensieri che struggono.


*** Sergio SBROLLINI, poeta, Il mio compleanno, Bruna che ridi e altri versi, Palomar, 1992, in 'internopoesia', 16 ottobre 2020, qui


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#FAVOLE & RACCONTI / Il sacchetto delle patatine (Massimo Ferrario)

La giovane manager, ansimante per la corsa, chiuse l'ombrello gocciolante, guardò subito lo schermo elettronico e sbuffò: mai un volta che venisse rispettato l'orario. 

Stavolta il ritardo previsto per il Freccia Azzurra che avrebbe dovuto prendere per rientrare a casa era di ben venticinque minuti. 
Era stanca, la giornata non era stata delle migliori, la riunione con il comitato direttivo aveva deciso che il suo progetto doveva essere rivisto. Naturalmente era urgente e avrebbe dovuto lavorarci nel fine settimana, giostrando tra i due piccoli e il marito, con cui aveva programmato la domenica pomeriggio al luna park e l'uscita era attesa dai gemelli da una settimana. 

Si diresse al bar: ordinò un succo di frutta e si comprò una confezione di patatine: che infilò nella borsetta. 
Non aveva bisogno di cercare la sala d'attesa: la usava ogni settimana e ogni settimana era un pienone assoluto. Oggi, poi, con la pioggia battente, tutti erano arrivati in anticipo. Solo un posto libero: accanto a un giovane che aveva l'aria di essere, più che un frequentatore di treni, un senzatetto riparatosi all'interno della stazione per stare asciutto e al caldo. 

Era un ragazzo di colore: stava seduto composto, i vestiti consunti, ma puliti, sfogliava una rivista abbandonata da qualche viaggiatore e ogni tanto alzava gli occhi per osservare il via vai della gente. Vide la giovane manager, che si guardava in giro per individuare un posto libero, e le fece cenno: poteva sedersi accanto a lui. 

La donna era imbarazzata: era stanca, sognava di potersi finalmente sedere, anche perché non ce l'avrebbe certo fatta ad attendere mezz'ora in piedi, ma avrebbe desiderato starsene seduta isolata. E poi, nessun razzismo, ma non era colpa sua se provava sempre un moto istintivo di disagio quando vedeva un clochard, di qualunque colore fosse la sua pelle. 
Sulle prime, sia pure con un accenno di sorriso, rispose quindi di no all'invito del ragazzo. Ma poi, passato neppure un minuto, cedette: anche perché, proprio tra i due sedili, c'era un piccolo ripiano in cui avrebbe potuto sistemare la giacca a vento, la borsetta e lo zainetto del computer. 

La giovane aprì la borsetta: si ricordava di averci messo il solito libro da viaggio con cui ingannava l'attesa. Vide il pacchetto di patatine che aveva appena comprato e pensò che avrebbe cominciato a sgranocchiarle tra una pagina e l'altra.

Il ragazzo si mostrò discreto: continuava a sfogliare la rivista. Dopo l'inchino di saluto appena lei aveva deciso di sederglisi accanto, non aveva aperto bocca: il timore che volesse coinvolgerla in qualche chiacchiera era uno dei motivi per cui la donna aveva avuto qualche remora ad accettare il posto vicino a lui e invece tutto procedeva perfettamente. 
La giovane si rinfrancò e si immerse nella lettura.

Trascorse qualche minuto e la giovane manager si ricordò delle patatine quando alzò gli occhi per controllare che borsetta e zainetto fossero al loro posto vicino a lei. 
Erano sul ripiano che la separava dal ragazzo, vicino allo zainetto del computer: ne prese due e se le infilò in bocca. 

Stava per riprendere la lettura, quando si accorse che il ragazzo faceva altrettanto. Non ci credette: lo guardò in faccia e lui sorrise, mentre sgranocchiava. 
Pensò: d'accordo, nessun problema, ma se avesse chiesto, lei certo non avrebbe rifiutato. Invece...

Il libro era un poliziesco: come sempre, le ultime pagine stavano svelando l'assassino, con i consueti colpi di scena che mirano ad aumentare la suspense
Ormai la giovane era tutta presa dal finale. 
Mentre continuava a leggere, alzava il braccio per giungere al pacchetto alla sua destra, recuperare le patatine e mettersele in bocca. Lo fece per quattro o cinque volte. E ogni volta il suo gesto era imitato dal ragazzo: patatine lei e patatine lui.

La giovane pensò che non poteva lasciar correre. 
Si fece forza: sia perché il poliziesco non smetteva di catturarla ed era difficile interrompere la lettura e sia perché la sfacciataggine del giovane aveva superato ogni limite. 
Mise da parte il libro con modi teatrali e fissò a lungo il giovane con occhi furenti, senza dire nulla ma dicendo tutto quello che aveva da dire. 
Lui sopportò lo sguardo con la massima serenità, sorridendole: mosse la testa, come per assentire, indicandole il sacchetto. Come a dire: prego, si accomodi.

In quel momento, l'altoparlante segnalò l'arrivo in stazione del Freccia Azzurra, comunicando il binario. 
La giovane, più seccata che mai e sempre in silenzio, buttò il libro nella borsetta, indossò la giacca a vento, raccolse lo zainetto con il computer e corse al binario, senza salutare il ragazzo.

Quando si fu accomodata al suo posto nel vagone, riaprì la borsetta per recuperare il libro: le mancavano due pagine alla fine ed erano quelle decisive.

Fu allora che le vide.
Le patatine erano intatte nella busta ancora chiusa che aveva comprato al bar.

Fino a quel momento aveva mangiato le patatine del ragazzo. 
Era lei, non lui, che aveva attinto alla busta non sua. 
E il fatto che busta e marca fossero identiche non scusava il suo comportamento.

Ripensò al sorriso del giovane. Aveva creduto fosse di scherno: era invece di amicizia. 
Lei si era sentita indignata perché lui le sottraeva le 'sue' patatine; lui, le 'sue', gliele offriva con un sorriso.

Chissà quanto avrebbe pagato per poter fermare il treno e tornare alla stazione di partenza: potersi scusare e dire grazie. 
Avrebbe voluto riavvolgere il nastro, buttare i fotogrammi girati e girare un nuovo film.
Pensò che il fatto di non poterlo fare le avrebbe scolpito dentro l'accaduto in maniera indelebile: non avrebbe potuto dimenticare.

Nascose la faccia tra le mani: provava una vergogna indicibile.
E giurò a se stessa che voleva continuare a vergognarsi: senza cancellare questo sentimento, da risentire intatto, bruciante e scomodo come in questo momento, anche per il futuro.

Perché anche la vergogna può servire. Se sappiamo vergognarci.

***  Massimo Ferrario, Il sacchetto delle patatine, per Mixtura - Libera riscrittura di un testo tratto dalla rete.



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#MOSQUITO / L'esclusione si produce a prescindere dalle intenzioni (Robin Di Angelo)

Gli Stati Uniti sono stati fondati sul principio che tutti gli uomini sono creati uguali. Tuttavia, il primo atto della storia americana è stato il tentato genocidio dei popoli indigeni e il furto delle loro terre. La ricchezza della nazione è stata costruita sullo sfruttamento degli africani deportati e schiavizzati e dei loro discendenti. Le donne si sono viste negare il diritto di voto fino al 1920, le afroamericane fino al 1965. 

L’identity politics, letteralmente «politica delle identità», si sofferma sulle barriere che specifici gruppi sono costretti ad affrontare nella loro lotta per l’uguaglianza. Benché in America non siamo ancora riusciti a realizzare il nostro principio fondante, dobbiamo ogni progresso compiuto in quella direzione alla politica delle identità. L’identità di quanti siedono nelle stanze del potere in questo paese è rimasta immutata: si tratta di bianchi, maschi, di ceto medio alto, senza disabilità fisiche. Non è una pedanteria dettata dal politicamente corretto. Le decisioni prese in quelle stanze condizionano le vite di coloro che ne restano fuori. Non importa che non ci sia l’intenzione meditata di escludere: l’esclusione si produce a prescindere dalle intenzioni.

*** Robin DiANGELO, sociologa statunitense, docente di Educazione multiculturale alla università di Washington, formatrice sui temi della razza e delle ingiustizie sociali, Fragilità bianca, 2018, Chiarelettere, 2020

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#VIGNETTE / C'è l'incertezza del futuro (Altan)

ALTAN,  1942
(data e fonte non identificate, via whatsapp)

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lunedì 26 ottobre 2020

#SGUARDI POIETICI / Lago-cratere (Louise Glück)

C'era una guerra tra il bene e il male.
Decidemmo di chiamare il corpo bene.

Ciò fece della morte il male.
Rivolse l'anima
completamente contro la morte.

Come uno scudiero che vuole
servire un grande guerriero, l'anima
voleva parteggiare per il corpo.

Si rivolse contro il buio,
contro le forme di morte
che riconosceva.

Da dove viene la voce
che dice supponiamo che la guerra
sia male, che dice

supponiamo che il corpo ci abbia fatto questo,
ci abbia resi paurosi di amare -

*** Louise GLÜCK, 1943, poetessa, saggista, accademica statunitense, premio Nobel per la letteratura nel 2020, Lago-cratere, da Averno, edizioni Dante&Descartes e Editorial Parténope, traduzione di Massimo Bacigalupo, riportata in 'Corriere della Sera', 9 ottobre 2020


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#PIN / Il valore dell'ascolto (MasFerrario)

MasFerrario, rielaborazione di un tweet del 7 marzo 2012

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#EX LIBRIS / La storia inventata (John Steinbeck)

Il Dottore è il più brav’uomo che io abbia conosciuto. Non voglio essere uno di quelli che s’approfitterebbero di lui. Sapete, una volta l’ho imbrogliato perché mi desse un dollaro. Gli inventai tutta una maledetta storia. E mentre gliela stavo raccontando, vidi che sapeva fin troppo bene che era tutta una frottola. E così, proprio mentre gliela stavo raccontando, gli dissi: ’Dottore, è una maledetta bugia!’ E lui si mise una mano in tasca e tirò fuori un dollaro. ’Mack’, disse, ’mi pare che chi si trova tanto in bisogno da dover inventare una bugia per avere un dollaro, ne deve aver bisogno davvero’, e mi diede il dollaro. Glielo restituii il giorno dopo. Non lo spesi per niente. Lo tenni tutta la notte e poi glielo restituii."

*** John STEINBECK, 1902-1968, scrittore statunitense, premio Nobel per la letteratura nel 1962, Vicolo Cannery, 1945, Bompiani, 1946


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#VIGNETTE / La speranza (Fabio Magnasciutti)

Fabio MAGNASCIUTTI
facebook, 23 ottobre 2020, qui

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domenica 25 ottobre 2020

#SGUARDI POIETICI / Ho capito che il momento giusto (Sara Setti)

Ho capito che il momento giusto⁠⠀
non è mai quello in cui si è pronti,⁠⠀
ma il momento in cui si salta.⁠⠀
⁠⠀
Come per i semi di soffione,⁠⠀
che si lanciano a cercare il cielo⁠⠀
al primo soffio di vento.⁠⠀
⁠⠀
E cadremo, oh, se cadremo,⁠⠀
ma cadere saltando⁠⠀
è sfiorare le nuvole,⁠⠀
⁠⠀
cadere quando si è “pronti”⁠⠀
è una schianto ⁠⠀
dopo una parabola ⁠⠀
di pochi centimetri.⁠

*** Sara SETTI, instagram, 22 ottobre 2020, qui

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#VIDEO #CARTONI / I fantastici libri volanti di Mr. Morris Lessmore (William Joyce)

                               I fantastici libri volanti di Mr. Morris Lessmore
                                            Autor/Ilustrador: William Joyce
                                            Co-Diretor: Brandon Oldenburg
                                                      youtube, 21 marzo 2012
                                                               video, 15'06''

Versione completa del cortometraggio d'animazione vincitore dell'Oscar 2012. 
Il corto dimostra l'importanza della lettura rendendo un bellissimo omaggio ai libri fisici. 
Morris Lessmore è una storia divertente su persone che dedicano la loro vita a libri e libri che ricambiano questo favore. 
(dalla presentazione)

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#SPOT / Ascolta il tuo corpo (Lindartifex)

LINDARTIFEX
instagram, 22 ottobre 2020, qui

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#MOSQUITO / Intendo per passione la capacità di resistenza e di rivolta (Gianni Rodari)

Intendo per passione la capacità di resistenza e di rivolta. L’intransigenza nel rifiuto del fariseismo, comunque mascherato. La volontà di azione e di dedizione Il coraggio di sognare in grande. La coscienza del dovere, che abbiamo come uomini, di cambiare il mondo in meglio senza accontentarci dei mediocri cambiamenti di scena che lasciano tutto com’era prima. Il coraggio di dire di no quand’è necessario, anche se dire di sì è più comodo. Di non fare “come gli altri”, anche se per questo bisogna pagare un prezzo.

*** Gianni RODARI, 1920-1980, scrittore, pedagogista, giornalista e poeta, Educazione e passione, 1966, da Scuola di fantasia, Einaudi, 2014


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sabato 24 ottobre 2020

#SGUARDI POIETICI / L'autunno (Maria Pawlikowska)

Le rose arrugginite dell’autunno
osservano lo spazio bianco della pioggia –
la pioggia cuce il cielo alla terra
con mille brividi e punti. –

E tutto si corrode, si deforma,
cola, gronda madido,
ma non per sempre, dalla disperazione –
per poco, dalla lussuria.

***Maria PAWLIKOWSKA, 1891-1945, poetessa polacca, L'autunno, da Elogio della rosa, Einaudi, 2002, in 'internopoesia', 20 ottobre 2020, qui


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#SPILLI / Responsabilità, quando il gioco diventa sporco (Massimo Ferrario)

Giustissimo che Presidente del Consiglio e Ministri ci responsabilizzino tutti. 

Mascherina, distanziamento, igiene delle mani sono comportamenti obbligatori e ineludibili: ancora oggi, negazionismi e minimizzatori a parte, non tutti l’hanno capito. Per cui stiamo pagando (anche) l’irresponsabilità del ‘liberi tutti’ di questa estate. 

Però le istituzioni, a livello nazionale e locale, non possono cavarsela scaricando su noi cittadini inadempienze, ritardi, deficienze che vengono da competenze loro non esercitate. 

Non esistono solo risposte di comportamento individuale: sono necessarie, urgenti e fondamentali risposte di sistema. E queste sono mancate. 

Non è più invocabile la giustificazione della sorpresa: le istituzioni hanno avuto tempo abbondante per prepararsi alla seconda ondata Covid19, ma l’hanno dissipato. Per incapacità organizzativa, per lo scarico Governo-Regioni e Regioni-Governo, per un sostanziale 'pensiero positivo' che minimizzava un rischio possibile (nonostante l'invito di molti scienziati 'veri' a non abbassare la guardia), per un beota narcisismo che si vantava del successo avuto con la prima ondata.

I cittadini possono fare molto, anzi moltissimo, per contenere il virus. Ma non possono fare tutto. La parte dello Stato non può che essere dello Stato: Governo, Regioni, Comuni. 

Viaggiare compressi come acciughe per andare e tornare da lavoro e scuola, non potersi sottoporre a tamponi se non facendo fino a dieci ore di code, ritrovarsi con i medici di base abbandonati e impossibilitati ad aiutare i pazienti, scaricare un’app che non serve a nulla perché è solo un’escrescenza tecnologica in un deserto (quando non è stata boicottata, oltre che da politici, pure da alcune Regioni, che l'hanno considerata un impegno eccessivo). 

Nascondere questi dati di fatto significa fare, o coprire, un gioco sporco. 
Doloso, colposo, preterintenzionale non fa differenza: resta sporco.

*** Massimo Ferrario, Responsabilità, quando il gioco diventa sporco, per Mixtura

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#VIDEO / Cultura e Società oggi (Umberto Galimberti e Aldo Bonomi)

                                            *** Umberto GALIMBERTI, 1942
                                                        filosofo e psicoanalista
                                     https://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Galimberti

                                                    *** Aldo BONOMI, 1950
                                                                   sociologo
                               https://www.treccani.it/enciclopedia/aldo-bonomi/
                                    youtube, Rinascimento culturale, 23 giugno 2016
                                                                Video, 114'37''

Due interventi datati 2016: il primo di Umberto Galimberti, filosofo (una quarantina di minuti), e il secondo di Aldo Bonomi, sociologo (una sessantina di minuti).

(1) - Umberto Galimberti - Il pianeta, la natura, il capitalismo, l'Occidente, il dominio del denaro, dell'economia-finanza, della tecnica, il deficit etico dei tempi attuali, i limiti della democrazia
Questioni care a Galimberti, trattate in libri e conferenze. 
Ma anche chi già conosce la sua visione del mondo può trovare 'gusto intellettuale' nel risentire i suoi stimoli e rifarsi provocare. 

(2) - Aldo Bonomi - L'unico elemento di speranza è come mettere in mezzo la società tra i due poli economia-finanza e politica. Al paradigma del 'capannone' (la villetta, la Bmw in garage e i nanetti in giardino) è seguito il paradigma del 'flusso' (la finanza, le aziende transazionali, le piccole e medie imprese, le internet-company, le migrazioni), che impatta su tutto, modificando pesantemente il territorio. Il cambiamento è riconducibile a una vera 'apocalisse culturale'. Viene avanti una società condensata in tre: società verticale-fordista (conflitto e ascensore sociale), società orizzontale (capitalismo molecolare), società circolare (o 'in-finita'). Il rischio attuale: una società del rancore. Antidoto: prendere per mano gli impauriti. E fare 'comunità di cura'.

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