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domenica 20 agosto 2023

#MOSQUITO / Gli idioti, ieri e oggi (Massimo Ferrario)

Scrive Fernando Savater, filosofo e saggista spagnolo (°): 

«Gli ateniesi ebbero la felice intuizione di obbligare tutti i cittadini a partecipare alla vita pubblica. E se qualcuno si chiamava fuori, lo bollavano con una parola che, sia pure con diverso significato, usiamo ancora oggi: idiota. L'idiota era l'egoista, colui che si crede autosufficiente, che non pensa ad altri che a sé stesso, che si disinteressa della contesa politica.» 

Mi permetto di aggiungere. 

Oggi, in Italia e non solo, l’idiota può anche interessarsi della contesa politica. E persino andare a votare. Ad esempio, in Italia gli idioti possono votare per quelli che difendono gli idioti. 
E nonostante paroloni come patria e nazione, vuote come l’aria fritta che smuovono, hanno l’impudenza di chiamare le tasse ‘pizzo di stato’. 

Sono i nuovi 'patrioti'. Al sacro servizio della 'nazione'.

*** Massimo FERRARIO, Gli idioti, ieri e oggi per Mixtura, 20 agosto 2023 - (°) Fernando Savater, 1947, filosofo e saggista spagnolo, Piccola bussola etica per il mondo che viene, Laterza, 2013, traduzione di Andrea Benedetti, estratto, versione digitale posizione 1.053 e segg. 


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sabato 19 agosto 2023

#FAVOLE & RACCONTI / L'ispezione del colonnello (Massimo Ferrario)

Reparto schierato sull’attenti. 
Il colonnello procede a ispezionare la truppa procedendo a passi lenti, mentre fissa gli occhi indagatori sulle divise delle prime file. 

Silenzio, curiosità, timore. 

Ad un tratto il colonnello si blocca. 
Scruta un soldato da capo a piedi, più volte, in maniera esibita. 
Poi gli urla di presentarsi. 
Il soldato, più impettito che mai, grida nome e compagnia. 

Il colonnello bercia un comando. 
“La tasca, soldato, la tasca. Abbottona subito la tasca.”

Il soldato è confuso. Trascorrono secondi che sembrano ore.
“Cosa aspetti, soldato? Ho detto di abbottonare subito la tasca. In che lingua devo dirtelo? Sei sordo?”

Il soldato si fa coraggio. Avrà capito bene?
“Devo abbottonare subito la tasca, signor colonnello?”
“Immediatamente. Hai già perso troppo tempo, soldato. E soprattutto hai fatto perdere tempo al tuo colonnello”.

Il soldato fa un piccolo passo verso il colonnello. 
Gli si avvicina cautamente. 
E gli abbottona il risvolto del taschino della camicia.

*** Massimo FERRARIO, L’ispezione del Colonnello, per ‘Mixtura’ – Libera riscrittura di un breve testo di autore anonimo.


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venerdì 18 agosto 2023

#FAVOLE & RACCONTI / Lo scrigno segreto (Massimo Ferrario)

Zappava la terra nel podere del padrone come ogni giorno. 

Ma quella mattina aveva deciso di rendere arabile anche un pezzo di terreno arido, mai coltivato. 
Fu lì che fece la scoperta, e c’era da non crederci: la zappa aveva urtato qualcosa che non sembrava un sasso e lui allora aveva insistito e insistito, anche usando le mani, per cercare in profondità. 

Sì, era un piccolo scrigno. Con dentro monete d’oro in quantità.  
Si era guardato in giro: nessuno. 
Allora aveva deciso di coprire tutto, livellando la terra come non fosse mai stata toccata. 

Di quel ritrovamento non fece parola, men che meno con il padrone. Al quale invece chiese subito in vendita il campo.
Non fu facile: il padrone non aveva intenzione di liberarsi del terreno, ma il contadino insistette tanto, alla fine anche accettando un prezzo altissimo, che il padrone cedette. 

Per raccogliere i soldi necessari a ripagare il debito che aveva dovuto contrarre, il contadino non si risparmiò: trovò un secondo e poi un terzo lavoro e cominciò a guadagnare tanto che gli avanzarono soldi da investire in attività commerciali. 

In breve tempo, gli affari prosperarono. L’uomo divenne ricco: trafficava, viaggiava, comprava, vendeva, fondava un’impresa dopo l’altra, frequentava la ‘buona società’, ormai non lavorava più per vivere, ma viveva per lavorare.

Il tesoro era sempre là, sotto terra: in quel podere in cui aveva fatto il contadino. Era nascosto a tutti. 
Anche a lui: che se n’era totalmente dimenticato. 

E nessuno seppe mai che fu proprio quello scrigno di monete d’oro la causa originaria dell’infarto arrivato a quarant’anni, durante l’ennesima trattativa per acquistare un terreno sconfinato dall’altra parte del mondo. 

*** Massimo FERRARIO, Lo scrigno segreto, per ‘Mixtura’ – Libera riscrittura di un breve testo di autore anonimo.


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giovedì 17 agosto 2023

#FAVOLE & RACCONTI / Capire prima di aiutare (Massimo Ferrario)

Il maestro, durante l’intervallo di mensa, vede che due bambini litigano per impossessarsi dell’unica arancia disponibile rimasta sul tavolo. 
- Non c’è da litigare, dice. - Basta imparare a condividere. 

Il maestro afferra l’arancia e la taglia a metà. 
- Ecco due parti uguali: una per uno.
 
I bambini si mostrano perplessi. 

- Be’, non mi ringraziate?, chiede il maestro. - Vi ho fatto vedere come si risolve una lite. 
I bambini rispondono con un grazie poco convinto. 

Il maestro non capisce.
- Non volevate tutti e due l’arancia?
- Sì. 
- E allora? Adesso avete mezza arancia per uno. Certo non è l’arancia intera che volevate, ma così tutti e due avete avuto un pezzo di arancia. Si chiama condivisione. 

I bambini scuotono il capo. 
- Io volevo l’interno dell’arancia: per farci una spremuta. 
- Io volevo la buccia: da portare alla mamma, che ci fa la marmellata. 

Il maestro si dà un vistoso colpo in fronte: ammette.
- Avete ragione. Sono stato frettoloso e mi sono lasciato condizionare da un unico punto di vista: il mio. Voi invece mi avete ricordato che, se si vuole aiutare, non si agisce prima di aver capito qual è il bisogno dell’altro. Perché non sempre tutti abbiamo lo stesso bisogno e, nel vostro caso, il vostro bisogno individuale era diverso, ma non in contrasto. 

I bambini sorridono: al loro insegnante riconoscono autorevolezza proprio perché sa riconoscere quando ha torto. 

Ora il maestro guarda le due metà dell’arancia. 
Attende. 
Finché entrambi i bambini si illuminano. 

- Siamo ancora in tempo a recuperare -, dice un bambino. 
- Infatti -, aggiunge l’altro. - Basta che ora sbucciamo le due metà: uno di noi si prende l’interno delle due metà e l’altro si prende l’esterno. 

Il maestro si complimenta con i bambini. 
- Soluzione perfetta! Questa è la condivisione che va bene per voi: non avete neppure dovuto accontentarvi, avete ottenuto esattamente quello che volevate. E grazie ancora per avermi fatto riflettere sul mio errore. 

*** Massimo FERRARIO, Capire prima di aiutare, 'Mixtura’ (masferrario.blogspot.com)., 17 agosto 2023. Elaborazione creativa a partire da uno spunto contenuto in Roger Fisher e William Ury, L’arte del negoziato, Corbaccio, 2008


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lunedì 14 agosto 2023

#FAVOLE & RACCONTI / La vera forza (Massimo Ferrario)

 - Ora sei un guerriero. Hai imparato a maneggiare la spada. Io ti ho insegnato ogni segreto. Ma ricorda di continuare a imparare. Incontrerai altri maestri, ti sveleranno altri segreti. Non si è mai campioni: anche se è giusto aspirare a diventarlo.
- Dici che non finirò mai di trovare chi può battermi? 
- Certamente. E quand’anche riuscissi a battere il migliore dei migliori, ci sarà sempre chi ti batterà. 
- Addirittura. Tu, maestro, sai il suo nome? 
- Lo possono sapere tutti: pure tu, se usi occhi per vedere e cervello per riflettere.
- Ha battuto anche te? 
- Ti ho detto: è imbattibile. Mai ho pensato di accettare la sfida. 
- Ma se io invece volessi misurarmi con questo essere misterioso, come devo fare: dove lo trovo?
- Non è un essere misterioso. Lo puoi trovare ovunque. Per esempio, ti si svelerà se andrai al Piccolo Lago delle Ninfee. Entra nel lago fino ai polpacci, con la spada già sguainata e pronta a colpire. Mentre brandisci la spada, insulta il lago minacciando di colpirlo.

Il giovane trasecola.
- Maestro, non capisco: insultare il lago? Il lago non parla: non mi risponderà.
- Infatti. Allora tu abbassa la spada e mena dei grandi fendenti alla superficie: colpisci il lago con la tua lama, una volta, due volte, dieci volte.
- Maestro, scusami, continuo a non capire: non ho mai visto un lago combattere con un un guerriero a colpi di spada. Tu mi hai detto che esiste chi mi può battere: ti sto chiedendo di indicarmi chi lo può fare.
- E io te lo sto dicendo, ragazzo. Ti ho indicato il lago qui vicino, ma se fai qualche miglia e percorri la Valle dei Grandi Alberi arrivi al Grande Mare. Ecco: lago o mare, non cambia. Quel che conta è che tu, se vorrai ottenere la Vittoria Vera, quella Maiuscola, e non la vittoria minuscola che puoi conquistare sul miglior guerriero al momento esistente, dovrai assomigliare all’acqua. Di un lago, di un mare, di un fiume. E’ l’acqua che è imbattibile. Nessuno la sfida a duello: nessuna lama le infligge la minima ferita. Perché, se pure qualche pazzo lo facesse, lei si aprirebbe, accoglierebbe la spada e si richiuderebbe subito senza subire danno alcuno. Impassibile: tornando calma come prima. Avrei potuto indicarti la roccia del Grande Monte qui accanto. La roccia è il mito dell’uomo forte-e-duro, tutto d’un pezzo, mi-spezzo-e-non-mi-piego. In effetti, in questo caso, la tua spada, se prendesse a stoccate la roccia, si spezzerebbe al primo colpo e la roccia vincerebbe. Ma la roccia, a rifletterci bene, è un mito di cartapesta: titilla la pancia, ma non sollecita il cervello. Rassicura solo chi si lascia sedurre dalla prima impressione. Se cerchiamo la forza vera, l’acqua è campionessa assoluta. Vince su tutto: per la sua fluidità, incontenibile, e la sua variabilità, sorprendente. L’acqua si adatta, si trasforma. Ghiacciando, evaporando. Facendosi pioggia, nebbia, grandine, neve, ghiaccio. Essendo torrente, cascata, fiume, lago, stagno, mare, oceano. Ed è l’acqua che è capace di sbriciolare qualunque roccia. A ondate o goccia a goccia. Con la violenza o con la carezza. Con l’impeto o con la perseveranza. Sì, con l’acqua non serve la spada. Certo, non siamo e non possiamo diventare acqua. Ma se facciamo in modo da assomigliarle il più possibile, se a lei facciamo lo sforzo continuo di ispirarci, non avremo mai bisogno di usare la spada. Perché tutti capiranno, vedendoci simili all’acqua, che la nostra vera forza non è nella spada. E’ oltre. 

Il giovane è colpito: come se gli fosse stata inferta l’ultima e definitiva stoccata. 

Il maestro sorride, benevolente. E si lascia andare a uno dei suoi abituali commenti ironici.
- Semplicissimo, no? Dunque, lo so, difficilissimo.

*** Massimo FERRARIO, La vera forza, ‘Mixtura’ (masferrario.blogspot.com’), sezione ‘Favole&Racconti’, 14 agosto 2023 – Libera rielaborazione creativa di un testo di Paulo Coehlo, che però individua la roccia, al posto dell’acqua, come invincibile (Maktub-Destino, 1994, La Nave di Teseo, 2023, traduzione di Rita Desti, estratto, p. 118)


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sabato 12 agosto 2023

#FAVOLE & RACCONTI / Fiori e riso al cimitero (Massimo Ferrario)

Autunno. Nebbiolina. Pioggerellina invisibile. Umidume che entra nelle ossa.
Cimitero alla periferia della città.
Mezzogiorno.

Un uomo, incappottato, sta sistemando un mazzo di fiori freschi su una tomba.
Lo fa con amorevole lentezza: accarezza i fiori, li dispone nel vaso e avvicina il vaso alla fotografia di una donna. La moglie, giovanissima, è morta da oltre tre anni. 
Come ogni giorno, l’uomo è al suo posto a compiere il rito.
Ha parlottato, tra sé e sé: ma rivolgendosi alla foto.
Ha terminato e sta per avviarsi. Dà un’ultima occhiata ai fiori e alla immagine della moglie. Si dà una spazzolata al cappotto, prima di allacciarselo e rimettersi in cammino.
Alza lo sguardo. 

Tre tombe più in là, un cinese sta scartocciando un contenitore di riso. 
Anche lui procede con molta calma, riponendo la scodella di riso fumante accanto alla foto di una donna.

L’uomo dei fiori accenna col capo un saluto.
Sussurra, comprensivo:
- Anche lei è vedovo?
L’uomo del riso, finendo di sistemare le bacchette nella scodella, annuisce.
- Da un mese.

L’uomo dei fiori fissa la scodella con il riso: vorrebbe trattenersi, ma non ci riesce:
- Scusi, se glielo dico. Ma, con il massimo rispetto, lei davvero crede che sua moglie potrà gustare il riso che lei le sta preparando con tanto amore?

L’uomo del riso resta impassibile.
- E lei, signore? Crede davvero che sua moglie sentirà il profumo dei fiori freschi che ogni giorno le sistema sulla sua tomba?

*** Massimo FERRARIO, Fiori e riso al cimitero, per ‘Mixtura’. Libera riscrittura di un testo di spirito orientale di autore anonimo.


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venerdì 11 agosto 2023

#FAVOLE & RACCONTI / Il marketing del giovane medico (Massimo Ferrario)

Il giovane medico si è appena laureato.
Ha sempre creduto nel marketing, soprattutto quello aggressivo e un po’ fuori dagli schemi, e quindi pensa di applicarlo subito.

Apre il nuovo studio: deve farsi una clientela e non è facile, specie di questi tempi. 
Decide perciò di avviare una pagina sui social principali e vi inserisce un annuncio. “Terapie brevi ed efficaci. Prima visita e prima prescrizione di farmaco: 100 euro. Se la cura non dovesse produrre effetti, vi restituiamo, raddoppiata, la cifra pagata: 200 euro”.

Uno studente fuori corso, ancora sfaccendato e abituato a vivere di espedienti, legge ed è incuriosito: pensa a come ricavarci qualche soldo senza fatica. 
Si presenta allo studio. 
“Dottore, ho perso il senso del gusto…”.
Il medico si alza: cerca nello scaffale. A voce alta dice: scatola 12, in alto a sinistra.
Estrae la bottiglietta. Ne spruzza qualche goccia sulla lingua del paziente.
“Ma cosa fa, dottore?” grida il giovane, facendo un salto indietro. “Questa è benzina: lei è matto?” e sputacchia tutto attorno quello che gli è andato sulla lingua.
Il medico sorride: “Ha ragione. E’ benzina. Abbiamo verificato che il senso del gusto o non l’ha mai perso o è tornato. Se vuole lasciare 100 euro, la ringrazio”.

Il giovane paga, irritatissimo: medita una vendetta.
La settimana seguente, nuova visita.
“Dottore, temo di aver perso la memoria…”.
Il medico si alza: cerca nello scaffale. Si dirige alla scatola 12, in alto a sinistra. La apre e impugna la boccettina.
Il giovane sbotta: “Dottore, mi sta prendendo in giro? E’ la medicina dell’altro giorno: benzina pura”.
Il medico annuisce. “Ha ragione. Abbiamo verificato che la memoria o non l’ha mai persa o è tornata. Se vuole lasciare 100 euro, la ringrazio”.

Il finto paziente è imbufalito, ma non desiste. La settimana seguente riprova.
 “Dottore, la mia vista si è indebolita: vedo fosco, annebbiato, non riesco a distinguere le cose…”.
Il medico mostra dispiacere. 
“Debbo confessarle che mi coglie impreparato. Non ho ancora individuato il farmaco appropriato per questi casi. Se vuole tornare tra un mese: ci sto lavorando e magari qualche rimedio lo trovo. Intanto, come da impegno, ecco i 200 euro che le devo”.
Il giovane ha gli occhi che gli brillano. Stavolta ce l’ha fatta: ha incastrato il medico. Avvicina la mano e guarda la banconota che il medico gli ha passato.
“Ma lei mi sta truffando, dottore! Questa è una banconota da 50 euro, lei mi deve due banconote da 100”.
“Ha ragione. Abbiamo verificato che la vista o non l’ha mai persa o è tornata. Se vuole lasciare 100 euro, la ringrazio”.

*** Massimo FERRARIO, Il marketing del giovane medico, per ‘Mixtura’ – Libera riscrittura di un breve racconto di autore ignoto.


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giovedì 10 agosto 2023

#FAVOLE & RACCONTI / La volpe e la capretta (Massimo Ferrario)

Un incendio aveva inghiottito la foresta e tutte le pozze d’acqua si erano prosciugate. Gli animali, sfuggiti al fuoco, non avevano avuto altra scelta che entrare con cautela nei paesi lì attorno, in cerca di cibo e acqua.

Così stava facendo una volpe. Sempre più assetata e disperata, si aggirava per le stradine tra le poche casupole di fango di un piccolo villaggio, quando si imbatté in una grande vasca d’acqua che i contadini, specie in quei giorni, conservavano come un tesoro prezioso. 

Era al settimo cielo: non credeva alla sua fortuna. Mentre perlustrava i bordi della vasca, cercando di capire come avrebbe potuto farsi finalmente una grande bevuta, le scivolò una zampa e cadde dentro la vasca, sollevando uno schizzo gigantesco. 
Bevve e poi bevve e poi bevve. 
Ma poi, quando tentò di uscire, provò e riprovò, ma senza successo: le zampe scivolavano lungo le pareti bagnate e lei rifiniva dentro ogni volta. 
Si arrese: trovò la posizione giusta per restare a galla senza spendere energie inutili e attese. Qualcosa sarebbe successo. 

La mattina, all’alba, si sentì chiamare. 
“Che fai lì, bella volpe, ti fai cullare dall’acqua?”. 

Era una capretta che guardava, incuriosita. 
La volpe fu pronta a rispondere. 
“Ho bevuto. E adesso sto facendo il bagno. Non so se sei del villaggio e conosci questa vasca, ma l’acqua è buonissima e bellissima. Con l’incendio che ha distrutto la foresta è una vera fortuna aver trovato questo posto. Avrai sete anche tu. E forse avrai bisogno di una buona rinfrescata. Buttati, ti aspetto.” 

La capra non se lo fece ripetere. Saltò e, con uno spruzzo che inondò il muso della volpe, fu dentro in un attimo. Bevve e nuotò. Nuotò e bevve. Era davvero una delizia, quella vasca. Veniva voglia di non uscire più. 

Poi, però, venne il momento di risalire. E la volpe questo attendeva, paziente. 

La capretta cercò di  spingere le zampe su per la parete. Ma scivolava ogni volta in acqua come era accaduto alla volpe. Cominciò a preoccuparsi. 
“E adesso, amica volpe, che facciamo?” 

La volpe mostrava assoluta serenità. Sorrideva. 
“Nessun problema, cara capretta. Tutto previsto”. 
“Cioè?” chiese la capretta, per nulla tranquillizzata. 
“Semplice: io salgo sulle tue corna. Poi, da lì, sono vicina al bordo della vasca. Con uno sforzo, mi do un colpo e salto fuori. Quando sono fuori ti allungo una zampa e ti aiuto a uscire.” 

Alla capretta si illuminò il musetto: tutti sapevano della furbizia della volpe e anche stavolta era stata dimostrata. Grazie a lei, se ne sarebbe uscita in un attimo. 
La capretta agevolò la volpe nel salire sulla sue corna e la volpe in un attimo fu fuori. 
Non si voltò neppure a salutare. È ancora là che corre. 

*** Massimo FERRARIO, La volpe e la capretta nella vasca, per ‘Mixtura’. Libera riscrittura di un racconto tratto da Harshita Makvana, La volpe e la capra, ‘momjunction.com’, 5 settembre 2022.


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mercoledì 9 agosto 2023

#FAVOLE & RACCONTI / L'Orso e i due amici (Massimo Ferrario)

Due amici stanno camminando nella foresta. 

Sanno che la foresta è un posto pericoloso, in cui può accadere di tutto. Quindi, si sono solennemente promessi di rimanere vicini l’uno all’altro in caso di pericolo.

All’improvviso, un grande orso sbuca da un piccolo boschetto. 

Proprio l’amico che più aveva voluto il patto di aiuto reciproco individua l’albero più vicino e vi si arrampica in un baleno: una scimmia non sarebbe stata più agile e veloce nel raggiungere la cima. 
L’altro amico, che a scuola non aveva mai saputo salire la pertica nell’ora di ginnastica, segue il buon senso. Si appiattisce a terra: rigido, immobile, trattenendo il respiro e fingendosi morto. 

L’orso si avvicina lentamente. 
Guarda l’uomo sull’albero, abbracciato a uno dei rami più alti e scuote ripetutamente il muso, quasi volesse comunicare una sua disgustata disapprovazione. 
Poi si dirige verso l’uomo sdraiato. 
Lo annusa. Un po’ dappertutto, ma poi si sofferma in particolare su un orecchio. Lo lecca e pare gli sussurri qualcosa. E l’interessato, che trattiene il respiro, fa fatica a non reagire al leggero solletico prodottogli dalla grande bestia. 

Dopo secondi che paiono eterni, soprattutto all’uomo che a terra maledice gli anni in cui da ragazzo non aveva imparato a fare ginnastica, l’orso, sempre caracollando, se ne va. Forse ha creduto che lì per terra ci fosse un cadavere, e gli orsi non toccano i morti.
 
L’amico, sempre guardandosi in giro per controllare che l’orso non abbia cambiato idea, scende con cautela dall’albero. 
L’uomo fintosi morto, un po’ barcollando per l’emozione, si rialza, pulendosi l’abito dalla terra che gli era rimasta appiccicata addosso. 

I due ora sono vicini 
L’uomo fuggito sull’albero è un po’ imbarazzato, ma riesce a fare una domanda. 
- Posso chiederti cosa ti ha sussurrato l’orso quando si è avvicinato al tuo orecchio?
- Mi ha dato un consiglio.
- Un consiglio?
- Già. Gli animali sono migliori di noi: mi ha detto di guardarmi dai falsi amici.

*** Massimo FERRARIO, L'orso e i due amici, per ‘Mixtura’. Libera riscrittura di un breve racconto tratto da Shannon Serpette, scrittrice ed editor statunitense, The Bear and The Two Friends, da 20 Good Short Moral Storie for Kids, in ‘momlovesbest.com’, 1 febbraio 2021


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martedì 8 agosto 2023

#FAVOLE & RACCONTI / La passeggera (Massimo Ferrario)

La donna, appena se ne accorse, rimase in piedi, ferma e ritta nel corridoio. L’uomo, immaginando che dovesse passare per infilarsi nel posto a fianco, stava per alzarsi, come si fa in questi casi, per favorire l’ingresso alla poltrona attigua. 

La donna notò il comportamento cortese, ma fece finta di non vedere. La sua attenzione era tutta rivolta al fondo del corridoio: cercava un’hostess come fosse il problema unico della sua vita. Ma erano tutte indaffarate a seguire l’entrata dei passeggeri e a farli accomodare dopo aver sistemato il bagaglio a mano nelle cappelliere. 

Alla fine, sbuffando, schiacciò il pulsante della plafoniera situato sopra l’uomo seduto: che cominciò a immaginare cosa volesse la donna. 

Lei era bianca, 50 anni, guanti candidi, cappellino, sguardo superbo e altezzoso, un trolley iperfirmato. Lui era nero, 30 anni, distinto, il computer ancora chiuso sulle ginocchia in attesa di poterci lavorare durante il volo, il sorriso sereno e accogliente. 

Finalmente arrivò l’hostess. 
“Ci sono problemi, signora?”.
“Ovviamente. Mi è stato assegnato un posto che non gradisco. Esigo un cambio”. 
L’hostess capì subito la situazione: non aveva bisogno di ulteriori argomenti, ma finse di non aver capito. 
“Un cambio, signora? E perché?”
“Non ho nessuna intenzione di sedere accanto a persone che non gradisco. Ho dimenticato di dirlo all’accettazione perché non volo spesso, ma quando volo pretendo di essere trattata come una signora cui si deve rispetto.”

L’hostess dovette contenersi.
“Lei parla di rispetto, signora?”
“Certo. Ha qualcosa in contrario, per caso?”

Il giovane nero non proferiva parola: manteneva il sorriso e attendeva, con curiosità, che la cosa si risolvesse. Del resto faceva intuire che non si meravigliava più di tanto: conosceva il mondo da trent’anni.

“Ora vedo cosa si può fare”,  commentò l’hostess. E si allontanò verso la cabina del comandante. 

Dopo due minuti, l’hostess tornò. Si rivolse alla signora bianca e al giovane nero insieme. 
“Come prevedevo, non ci sono altri posti se non in prima classe. In via eccezionale possiamo procedere a uno spostamento: non è politica della compagnia pretendere che un passeggero faccia un viaggio sgradevole solo perché seduto accanto a una persona sgradevole”.

La signora rilassò il volto: ormai visibilmente soddisfatta. Si chinò per impugnare il trolley e seguire l’hostess verso il nuovo posto. 
L’hostess, con la mano, le fece cenno di restare ferma in piedi. A scanso di equivoci, con l’altra mano mosse un dito che significava un no scritto nell’aria a tutte maiuscole.

Poi, mostrando un sorriso raggiante, fissò negli occhi il giovane nero, che continuava a stare tranquillamente seduto al suo posto. 
“Mi spiace disturbarla, signore, e le chiedo scusa a nome della compagnia. Ma se lo desidera, la accompagno volentieri nella poltrona di prima classe che, data la situazione, è suo diritto occupare”.

*** Massimo FERRARIO, La passeggera, per ‘Mixtura’ – Libera riscrittura di un breve racconto di autore ignoto.



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lunedì 7 agosto 2023

#FAVOLE & RACCONTI / Wu Zhi, essere o apparire? (Massimo Ferrario)

“Voglio essere un grande re, mio saggio Wu Zhi: venire ricordato anche in futuro per la mia insuperabile regalità. Cosa devo fare?”
“Semplice, mio re. Praticate una buona vita: le buone azioni fanno bene agli altri e a sé stessi. Avrete la reputazione assicurata per l’eternità.” 

Il re scosse la testa. 
“Temevo questa risposta, Wu Zhi. Ciò che dite è da saggi, ma gli uomini non sono saggi: gli uomini sono attratti dall’apparire, non sono interessati da chi cerca di essere. Anzi, chi è genuino li spaventa: perché mette in discussione la loro maschera.”

Wu Zhi dovette riconoscere che il re non aveva torto. 
“Anche a guardare attorno a voi, maestà, gli adulatori non si contano. E chi adula, finge: non dice la verità, la fa soltanto apparire. Ma quella che appare non è la verità. Mio re, viviamo in un mondo capovolto. La persona che vale non vale nulla e la persona che non vale nulla è l’unica che vale. Proprio per questo, però, se il mondo è capovolto, lo si può capovolgere ancora: così torna dritto”.

Il re reagì stizzito. 
“Mi sembra uno scioglilingua, Wu Zhi. Adesso mi dovrai dimostrare ciò che dici. Altrimenti darai ragione ai cortigiani che sparlano di te.”

Il vecchio saggiò non si intimidì. 
“Seguitemi fuori dalla reggia, maestà. Ma prima vestitevi come un mendicante. Non dovete essere ciò che siete: agirete in incognito.” 

Il re, incuriosito, obbedì e insieme andarono al mercato. 
“Adesso, maestà, avvicinatevi alla bancarella del fruttivendolo e chiedete un chilo di ciliegie per soddisfare l’esigenza di un moribondo. Ditegli che è il suo ultimo desiderio”.
Il re eseguì.

Il fruttivendolo cominciò a urlare, insultando il mendicante, e rivolgendosi ai colleghi di bancarelle. “Per truffare noi poveri mercanti, si sono inventati anche questo: un moribondo finto che vuole delle ciliegie gratis. Vergogna! Vattene via, brutto straccione, e non farti più vedere in questo mercato: la prossima volta troverai i bastoni”.

Il re, deluso e offeso per le brutte parole e le minacce che gli erano arrivate, trattenne la sua voglia di rivelarsi e si lasciò a fatica condurre via da Wu Zhi, che invece non era per nulla sorpreso dalla reazione suscitata. 
Insieme arrivarono vicino al fiume, nella parte alta della città: accanto al ponte era disteso un mendicante, che si beveva un goccetto di baijiu, un’acquavite che era riuscito a procurarsi al mercato nero.
All’improvviso, nel punto più vicino all’aqua, Wu Zhi diede uno spintone al re: che cadde nel fiume. Poi, si mise a urlare, chiamando aiuto. 
Accorsero in parecchi, ma tutti guardavano l’acqua scorrere con una certa impetuosità e il re che tentava di nuotare per raggiungere la riva. 
Solo il mendicante, subito alzatosi da terra, dopo aver visto quello che era accaduto, si buttò in acqua senza pensarci un secondo: raggiunse il re e lo trascinò a riva. Non solo: prese le coperte che gli servivano per difendersi dal freddo notturno e con quelle asciugò il re ancora gocciolante. 

Wu Zhi si avvicinò al re. 
“Mi spiace, maestà, ma ho dovuto farlo: per dimostrarvi che non mi diverto con gli scioglilingua. Voi non eravate la persona preziosa che siete, ma apparivate un mendicante: non valevate nulla agli occhi del fruttivendolo e siete stato cacciato a male parole. Lui, la persona che vi ha salvato, appare un mendicante, quindi una persona senza valore: eppure vale più di tutti, perché è stato l’unico che si è gettato in acqua per salvarvi. Diteglielo ai vostri miserevoli cortigiani: conta l’essere, non l’apparire. E chi è, quasi mai appare ciò che è. Volevate che vi indicassi la strada per far ricordare ai posteri la vostra regalità: è la stessa che riguarda ogni essere umano. Si chiama umanità. Non è retorica e non c’è nessuna morale della favola. Questo mendicante che vi ha regalato anche le sue coperte per riscaldarvi esiste: toccatelo, è concreto, non è una massima saggia, è qui accanto a voi. E onorate il suo essere che lo ha spinto a fare ciò che ha fatto”. 

Il re, avvolto nelle coperte ma ancora percorso da qualche brivido di freddo, tentò di sorridere. 
E provocò: “E se il mendicante non si fosse buttato, Wu Zhi?”
“Dimenticate un dato fondamentale. La gente mi chiama saggio e lo fa impropriamente. Ma il titolo di campione di nuoto non ha nulla di improprio: le tante gare che ho vinto in passato non sono un’invenzione. Potete controllare il mio medagliere: me la cavo con l’acqua. E salvare la vita di un re è una medaglia che vale più di una medaglia: sarebbe stata mia anche questa”.

*** Massimo FERRARIO, Wu Zhi, essere o apparire, per ‘Mixtura’ – Libera riscrittura di un breve racconto di autore ignoto.


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domenica 6 agosto 2023

#FAVOLE & RACCONTI / Un contabile per il Sultano (Massimo Ferrario)

Il Sultano era disperato: non solo perché aveva perso un amico fedele, ma perché lui, l’amico fedele, era anche il contabile più onesto che mai avesse conosciuto. E ora era preoccupato per la gestione delle finanze dell’impero.

Fu fissata una riunione urgente del Consiglio dei Saggi e si discusse a lungo su come procedere per individuare il nuovo contabile. Il problema non era tanto trovare la persona competente, ma avere la certezza della sua integrità.

Fu emesso un bando: il posto era ovviamente molto ambito e furono almeno una cinquantina le persone che si presentarono e fecero colloqui approfonditi con i tecnici di corte. Il Consiglio dei Saggi condusse una prima selezione e presentò al Sultano dieci candidati: nove uomini e una donna. La mentalità del Sultano era nota per la sua apertura al nuovo e molti scommisero sulle probabilità della donna di essere scelta. Comunque, l’intera rosa proposta era composta di persone di provata e approfondita competenza. Quello che il Sultano avrebbe dovuto scoprire era la loro onestà: e questo, naturalmente, era un problema di non facile soluzione.

Il Sultano accolse i dieci candidati nella grande Sala degli Arazzi. Parlò con ognuno e subito sembrò conquistato dalla grazia e dalla bellezza della donna.
I Saggi si scambiarono un sorriso complice: era fatta, pensarono.

Invece il Sultano stupì tutti, con un breve annuncio.
“Ho un impegno di corte indifferibile e vi prego di scusarmi. Ne avrò per l’intera giornata. Intanto, vi chiedo di accomodarvi nella stanza del tesoro. Mi attenderete lì. Ho dato ordine ai camerieri di servirvi il pranzo. Per qualunque esigenza, chiedete loro: hanno l’ordine di soddisfare ogni vostro bisogno. Quando ritornerò, procederemo a ultimare la selezione. Vi ringrazio.”
 
Trascorsero almeno due ore.
Al primo pomeriggio, il Sultano fece ingresso nella stanza del tesoro. E anche stavolta spiazzò tutti con una decisione incomprensibile.

“Ho chiesto al trio dei musicisti di corte di venire qui a suonare per noi. Vi esorto a ballare la migliore danza di cui siete capaci. E’ la prova definitiva che vi chiedo per decidere chi sarà il supremo contabile dell’Impero.”

I Saggi si guardarono sbigottiti: capivano sempre meno.
Il trio suonò e i dieci candidati improvvisarono una danza.
Al termine il Sultano invitò la donna a sedersi di fianco a lui. I Saggi, anche stavolta, si sorrisero, sornioni: avevano avuto ragione, la bellezza della candidata aveva conquistato il Sultano. 

Invece non era finita. 
Il Sultano ordinò alle guardie che stavano ritte in piedi ai lati della stanza di avvicinarsi ai nove uomini. Poi, con voce imperiosa e sguardo serio, comandò ai nove candidati di svuotarsi le tasche e consegnare le monete d’oro alle guardie.

I Saggi si guardarono sbalorditi: il Sultano era impazzito? 
I candidati, protestando, tentarono un rifiuto, ma la presenza delle guardie li convinse che era meglio obbedire. Ogni candidato consegnò almeno una decina di monete d’oro. Le aveva sottratte a un mucchio di monete raccolte in un vaso, aperto e trasparente, che era stato appositamente collocato, dal Sultano stesso, su un tavolo in un angolo riparato della stanza. 

Il Sultano sentì il dovere di spiegare.
“Ogni uomo danzava impacciato, come avesse le tasche piene e temesse di far cadere quello che vi aveva inserito. Solo la donna ha ballato sciolta: con movimenti aggraziati e liberi. Certo: si può pensare che una donna, per sua natura, sia favorita nel disegnare un ballo armonioso e flessuoso. E, soprattutto quando ha lineamenti dolci e leggiadri, colpisca particolarmente chi guarda. Ma io, quando voglio, so resistere al fascino femminile. E la mia scelta, in questo caso almeno, non deriva da alcun pregiudizio favorevole. E’ solo la prova di un giudizio basato sui fatti. Amari: perché dicono, come abbiamo visto, che esistono ladri talmente sciocchi e avidi che non sanno resistere alle contingenze e perdono l’occasione della vita per poche miserevoli monete. Ma meglio così: ora l’impero può contare su una persona onesta”. 

I nove contabili furono condotti in prigione e la donna fu nominata responsabile degli affari economici e finanziari dell’impero. 
Col tempo si confermò, agli occhi di tutti, integerrima. E così furono messi definitivamente a tacere quei non pochi tradizionalisti che, con un maschismo mal celato, ripetevano che le monete lei non le aveva in tasca semplicemente perché vestiva una deliziosa veste senza tasche.

*** Massimo FERRARIO, Un contabile per il Sultano, per ‘Mixtura’ – Libera riscrittura di un breve racconto di autore ignoto.


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sabato 5 agosto 2023

#FAVOLE & RACCONTI / La medicina e la suocera (Massimo Ferrario)

Capelli d’Aurora, esasperata, andò dallo stregone, da tutti chiamato Vecchio Spirito degli Avi.

“Non ne posso più, Stregone. Mia suocera mi odia: dice che le ho portato via il figlio, che sono falsa, che non lo amo: mi tormenta in continuazione, non le va mai bene ciò che faccio, non so cucinare, non so accudire la tenda, sono egoista. Insomma, per lei sono il peggio del peggio tra le donne. Dammi una ‘medicina cattiva’: ormai è anziana, in fondo la sua vita l’ha vissuta, ti chiedo solo di farla morire dolcemente, in modo che non se ne accorga e non abbia a soffrire. Sarebbe una liberazione, per me: altrimenti dovrò lasciare mio marito, che pure amo e con cui voglio avere dei figli.”

Vecchio Spirito degli Avi non dedicò neppure un minuto per cercare di dissuadere la donna: rovistò nella tenda, tra i barattoli innumerevoli disseminati ovunque.
“Ecco, ragazza: prendi questo flacone. Ogni mattina, a colazione, versi nella tazza di latte di tua suocera un cucchiaio di questo liquido. E’ insapore: non se ne accorgerà. Poi, però, e questa è la cosa più importante, devi praticarle un massaggio: lungo e dolce, a tutto il corpo. La fronte, la nuca. E poi le braccia, le gambe, i piedi, la schiena. Per almeno un’ora. E intanto parlale.”
“Le parlo?”
“Sì. Le racconti ciò che vuoi. Le parli di quello che stai facendo. Dei tuoi sogni, dei desideri. Di quando eri piccola. Del tuo amore per tuo marito… Dovrai attendere almeno tre mesi. Poi sarà quel che sarà. Però mi raccomando: non solo la medicina, anche e soprattutto il massaggio e il racconto.”

Capelli d’Aurora non era proprio convinta: il massaggio al corpo, il racconto? Sperava soprattutto nella medicina. Ma, per tre mesi, eseguì scrupolosamente, ogni giorno, quanto indicato dallo stregone: tutti lo stimavano e i suoi consigli ottenevano sempre gli effetti desiderati.

Al secondo mese della terapia prescritta da Antico Spirito degli Avi, si produsse un mutamento incredibile. I cuori di suocera e nuora smisero di battere uno contro l’altro: la suocera capiva la nuora e la nuora provava compassione per la suocera. Le due donne si conobbero. Anche la suocera fu invogliata a raccontare: la sua storia, i suoi momenti felici e infelici, le disgrazie, le sofferenze, l’amore per il marito e per i figli, la fatica di essere madre e moglie. Il massaggio faceva bene al corpo, ma anche e soprattutto alle anime: la giovane e la vecchia divennero amiche. Entrambe si apprezzarono e facevano a gara per mostrarsi reciprocamente generose.

Scoccò il terzo mese. La suocera, una notte, chiamò la nuora e gli confidò che sentiva vicina la morte: la ringraziava per tutto ciò che aveva fatto e le chiedeva perdono per il male che le aveva procurato, prima dei massaggi che avevano inaugurato la nuova relazione.

Capelli d’Aurora si precipitò dallo stregone.
“Ti supplico, Stregone, ho sbagliato, oh quanto ho sbagliato! Dammi subito un nuova medicina: una ‘medicina buona’, che tenga in vita mia suocera e combatta la ‘medicina cattiva’ che ti chiesi tre mesi fa. Ora noi donne ci vogliamo bene. Non voglio che muoia.”

Lo Stregone sorrise.
“E’ stato quel che doveva essere, Capelli d’Aurora. La malattia di tua suocera sono i tanti anni che ha: nessuno è eterno e lo Spirito ora chiama lei come domani chiamerà tutti noi. Il farmaco che ti diedi è semplice acqua di ruscello d’alta montagna: del tutto ininfluente. La terapia che ti ho prescritto, invece, il messaggio e il racconto, è stato l’antidoto al veleno che tu e tua suocera covavate dentro di voi. Con il massaggio tu l’hai toccata e lei si è lasciata toccare. Con le parole vi siete guardate negli occhi. Con messaggio e parole avete dedicato tempo ai voi stesse. Così l’odio ha ceduto. E’ una ricetta semplice. Ma forse per questo viene poco seguita. Ora ti resta l’ultimo compito con cui dimostrare a tua suocera il tuo nuovo affetto sincero: accompagnarla all’ultimo passo. Non c’è miglior finale per la relazione che avete avuto. E anche grazie a ciò che hai imparato, so che avrai buona vita per il futuro.”

*** Massimo FERRARIO, La medicina e la suocera, per ‘Mixtura’ – Libera riscrittura creativa di un breve racconto di autore ignoto di ispirazione zen



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giovedì 3 agosto 2023

#FAVOLE & RACCONTI / Amore filiale (Massimo Ferrario)

La domanda era di quelle salottiere: quando si cerca un argomento, più o meno futile, per accendere la conversazione tra sconosciuti che si cerca di conoscere. 
Nell’altra camera giocavano i bambini delle quattro coppie che stavano per sedersi a cena: i figli, in armonia perfetta, erano tutti intenti a costruire i binari del trenino elettrico. Ci avrebbero passato felicemente la serata.

Chiese un ospite: “Secondo voi, in caso di un improvviso disastro, qual è la prima cosa che la gente mette in salvo?”.
Due risposte arrivarono subito. “Il libretto degli assegni!” rispose il manager della multinazionale. “Gli oggetti preziosi!” suggerì la moglie del grande avvocato. 
Poi, dopo qualche secondo, una madre si ricordò: “I figli!”.
“Sì, i figli”, ripeterono tutti con partecipazione. E aggiunsero subito, quasi a voler far dimenticare le precedenti risposte: “I figli sono la cosa più preziosa. Come si farebbe a non pensarci?”.

Stava per arrivare l’ora di cena. 

Un’esplosione fece saltare tutti sulle poltrone e una lunga scia di fumo uscì dalla cucina. 
Le quattro coppie si alzarono all’unisono, spaventatissime, precipitandosi fuori in giardino: nella fuga avevano rovesciato le bottiglie e i bicchieri sul tavolino.
Tutti avevano pensato a un terremoto, a un attentato al palazzo, a una bomba. 
Ma era semplicemente  saltata, in cucina, la pentola a pressione: la valvola non aveva funzionato, una cosa rarissima, eppure era accaduto.

I figli continuavano a giocare in cameretta. 

Nessuno si era ricordato di loro.

*** Massimo Ferrario, Amore filiale, per ‘Mixtura’ – Libera riscrittura di un breve racconto di autore ignoto.


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#FAVOLE & RACCONTI / Cattiva Stampa (Massimo Ferrario)

Il Grande Cantante di musica lirica, osannato dalle folle di tutto il mondo, è ammalato.

Da oltre un mese vive ritirato nella sua villa sontuosa di oltre cinquanta stanze, collocata su un promontorio inaccessibile ai comuni mortali.

Un giornale lancia la notizia a caratteri cubitali: “Nessuna malattia, ma semplice pigrizia. Il Grande Cantante è troppo ricco, non ha più voglia di lavorare e snobba i fan.”

Il Grande Cantante legge. Si offende. Contro il parere del medico accetta un contratto.

La serata resta indimenticabile. Il Grande Cantante raccoglie un trionfo record. Tutti concordano: una delle sue migliori esibizioni.

Ma la malattia non perdona. E lui paga lo sforzo cui si è sottoposto per compiacere i fan.

E muore.

Lo stesso giornale che il mese prima negava la malattia apre così la prima pagina:

“Morto il Grande Cantante. Malato da tempo, ha cantato contro il parere del medico. Non ha saputo resistere alla voglia di fama e di soldi”.

*** Massimo FERRARIO, Cattiva Stampa, per ‘Mixtura’ – Libera rielaborazione di un testo di autore anonimo.


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mercoledì 2 agosto 2023

#FAVOLE & RACCONTI / La scimmia che voleva tutto (Massimo Ferrario)

Una scimmia affamata aveva notato che un po’ di grano era caduto in una piccola cavità creatasi in una roccia su cui stava camminando in cerca di cibo. 
Si bloccò e fece un saltello di gioia: finalmente avrebbe mangiato qualcosa. 

Si chinò, occhieggiò con attenzione nel buco e vi introdusse a fatica la mano. I chicchi erano lontani, molti proprio in fondo alla fessura, ma con un po’ di sforzo e di pazienza li avrebbe raggiunti. 
Trafficò con le dita, agguantandoli uno per uno, e riuscì a raggiungerne molti, raccogliendoli poco per volta in un pugno.
Dopo una decina di minuti aveva messo insieme un bel mucchietto di chicchi e se li pregustava: non mangiava da giorni. 
Allora cercò di estrarre la mano. Ma la fessura era troppo stretta e la mano, serrata a pugno, risultava troppo grossa: non passava.
Per farla uscire, avrebbe dovuto aprirla. Ma questo voleva dire perdere sicuramente molti chicchi. E lei, invece, li voleva tutti. 
Provò e riprovò, forzando l’uscita della mano attraverso la fessura. Ovviamente la pietra era dura e irremovibile e lei si ritrovò la pelle sbucciata per il continuo tentativo.

La scimmia, ostinata, non voleva rinunciare. 
Alla fine, arrabbiata ed esausta, decise: aprì la mano all’interno del piccolo buco e con forza e fastidio la scrollò, disperdendo tutti i chicchi che aveva raccolto con pazienza fino a quel momento.

A quel punto estrasse la mano: era tornata snella e uscì con facilità. 
Ma sarebbe stata completamente vuota se solo un chicco non vi fosse rimasto appiccicato, bloccato tra un dito e l’altro.
La scimmia, con disprezzo, gettò via anche questo. 
Aveva rinunciato a tutto per non aver voluto accontentarsi di poco. 
Se ne andò, più affamata che mai.

*** Massimo FERRARIO, La scimmia che voleva tutto, per ‘Mixtura’ - Libera riscrittura di un racconto di origine pakistana, di Charles Swynnerton, 1843-1923, folklorista pakistano, The Greedy Monkey, in Indian Nights’ Entertainment; o, Folk-Tales from the Upper Indus (Londra: Elliot Stock, 1892), n. 4, p. 7, in DL Ashliman (a cura), 1938, scrittrice e folclorista statunitense, ‘Folklore and Mythology Electronic Texts’, Università di Pittsburg, online


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