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domenica 4 ottobre 2020

#MOSQUITO / La costruzione del nemico (Umberto Eco)

Pare che del nemico non si possa fare a meno. La figura del nemico non può essere abolita dai processi di civilizzazione. Il bisogno è connaturato anche all’uomo mite e amico della pace. Semplicemente in questi casi si sposta l’immagine del nemico da un oggetto umano a una forza naturale o sociale che in qualche modo ci minaccia e che deve essere vinta, sia essa lo sfruttamento capitalistico, l’inquinamento ambientale, la fame del Terzo mondo. Ma se pure questi sono casi “virtuosi”, come ci ricorda Brecht, anche l’odio per l’ingiustizia stravolge la faccia. 

L’etica è dunque impotente di fronte al bisogno ancestrale di avere nemici? Direi che l’istanza etica sopravviene non quando si finge che non ci siano nemici, bensì quando si cerca di capirli, di mettersi nei loro panni. Non c’è in Eschilo un astio verso i Persiani, la cui tragedia egli vive tra loro e dal loro punto di vista. Cesare tratta i Galli con molto rispetto, al massimo li fa apparire un poco piagnoni ogni volta che si arrendono, e Tacito ammira i Germani, trovandoli anche di bella complessione, limitandosi a lamentare la loro sporcizia e la loro renitenza ai lavori faticosi perché non sopportano caldo e sete. 

Cercare di capire l’altro significa distruggerne il cliché, senza negarne o cancellarne l’alterità. 

Ma siamo realisti. Queste forme di comprensione del nemico sono proprie dei poeti, dei santi o dei traditori. Le nostre pulsioni più profonde sono di ben altro ordine.

*** Umberto ECO, semiologo, scrittore, Costruire il nemico, La Nave di Teseo, 2020


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