Una bambina entrò nella Grande Sede del Grande Partito.
Incuriosita dalla quantità di gente che incontrava, vagò per le sale.
In una di queste, la più ampia, era in corso una Grande Riunione.
Si sedette in un angolo, senza farsi accorgere.
Parlavano parlavano parlavano.
Lei ascoltò ascoltò ascoltò.
Ad un certo punto, salì sulla sedia per farsi vedere da tutti e con voce alta e ferma, per nulla intimidita, pose una domanda a chi sembrava essere il capo di tutti e stava terminando un discorso che non terminava mai.
«Chiedo scusa per l'interruzione. Ma ascoltandovi con attenzione, da bambina che spesso è in difficoltà nel capire le parole di voi adulti, ho una domanda cui solo voi potete rispondere».
La sala si zittì e tutti guardarono la bambina.
Colui che sembrava il capo, sia pure un po' infastidito per l'interruzione, tentò un sorriso.
Non era mai accaduto che una bambina entrasse nella Grande Sede del Grande Partito e prendesse la parola in una Grande Riunione.
«Parla, ti ascoltiamo. Poi, però, ti preghiamo di lasciare la sala, perché noi, come hai visto, stiamo lavorando».
La bambina rassicurò che non avrebbe più disturbato e se ne sarebbe subito andata.
E pose la domanda.
Secca, senza fronzoli.
«Volevo sapere: cos'è la dignità secondo voi?».
Tutti i presenti si guardarono l'un l'altro, sbalorditi.
Trascorsero attimi di silenzio assoluto.
Poi ognuno cominciò a mormorare la parola, ripetendola più volte, come interrogandosi: dignità? dignità?, dignità?
Qualcuno tirò fuori lo smartphone e cercò su google.
Si passarono le definizioni trovate.
Le leggevano e cercavano di capirle, commentandole sottovoce.
Il brusio crebbe e la sala ne fu sommersa.
Finché colui che sembrava il capo di tutti fece cessare ogni mormorio con un cenno imperioso della mano.
Quindi si avvicinò alla bambina.
La fece scendere dalla sedia e la spinse, con finta dolcezza, verso la porta.
La fece scendere dalla sedia e la spinse, con finta dolcezza, verso la porta.
«Ecco, bambina, ora che hai fatto la domanda, puoi andartene: come vedi, noi abbiamo cose importanti da affrontare per il bene del Paese. Tornatene da chi ti ha mandato a provocarci. Digli che noi abbiamo a cuore i problemi dei cittadini e non ci prestiamo a simili giochetti».
La bambina era stupita: non capiva.
'Giochetti? Inviata a provocare?' Ma da chi?
Tentò di spiegare.
«Non conosco nessuno, signore... Nessuno mi ha detto di venire. Sono solo io... Passavo, ero incuriosita, sono entrata, vi ho ascoltato con attenzione e mi è venuta la domanda...».
Colui che sembrava il capo diede l'ultima spinta alla bambina fuori dalla soglia della Grande Riunione.
Prima di chiuderle la porta alle spalle, finse di crederle.
«Allora, se davvero nessuno ti ha detto di venire a provocarci e la tua domanda è sincera, attendi di crescere. Quando sarai adulta capirai cosa significa fare con dignità gli interessi del Paese per difendere la dignità dei cittadini: quello che stiamo cercando di fare noi. E troverai la risposta da sola».
* * *
La bambina crebbe. E diventò adulta.
E un giorno, per caso, si trovò a ripassare nella via della Grande Sede del Grande Partito.
Cercò il numero civico: il portone era sempre lì.
Entrò nell'atrio e chiese al giovane portiere della Grande Sede.
Le fu risposto con una risata.
Ma come, non lo sapeva?
La Grande Sede del Grande Partito non c'era più: il Grande Partito era scomparso da tempo.
«Finalmente», aveva aggiunto con godimento il portiere.
*** Massimo Ferrario, La bambina e la Grande Sede del Grande Partito, per Mixtura
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