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giovedì 30 novembre 2017

#SENZA_TAGLI / Usa, sanità e pensioni, un'esperienza diretta (Francesco Erspamer)

Vorrei condividere un paio di esperienze personali per spiegare agli italiani che non fanno che lamentarsi del sistema pubblico cosa li aspetta nel caso Berlusconi e il Pd riuscissero a completare la privatizzazione dell’Italia

Vivo negli Stati Uniti e ho appena rinnovato l’assicurazione medica per me e la mia famiglia: nel 2018 mi costerà 7500 dollari, più 1300 dollari per continuare a ricevere lo stipendio nel caso per incidente o malattia non fossi nelle condizioni di lavorare. Tenete presente che a sua volta Harvard, che è un’università generosa e ricca, versa per la mia assicurazione quasi 15mila dollari all’anno; senza il suo contributo, se cioè non fossi un suo dipendente, dovrei pagare ogni anno 22mila dollari per ricevere assistenza medica. Poi c'è il ticket (qui si chiama co-pay): 30 dollari ogni volta che vado dal dottore, 100 dollari se vado al pronto soccorso, 20 dollari per ogni medicina. Va aggiunto che posso servirmi solo di un centro medico e ospedaliero convenzionato; se andassi altrove, per esempio perché fuori città o all’estero, sarebbe coperto solo il pronto soccorso mentre le visite mediche, le medicine e le analisi le dovrei pagare io sino al raggiungimento di un tetto di 7500 dollari, oltre il quale paga l’assicurazione. 
Da cosa derivano questi prezzi? Dal costo della sanità americana, di parecchie volte superiore (per restare fra i paesi anglosassoni) rispetto a quella canadese o britannica o australiana. E perché la sanità americana costa tanto? Perché le lobby sono legali e perché non c’è la concorrenza del settore pubblico. Pensateci, prima di permettere o addirittura auspicare le privatizzazioni: il privato sembra un affare solo finché c’è l’alternativa pubblica, quando è in regime di monopolio diventa scadente e costosissimo.

Altro esempio personale: la pensione. In America si chiama Social Security ed è stata istituita durante il New Deal, negli anni trenta; allora era una forma di welfare molto avanzata ma da Reagan in poi i liberisti l’hanno fortemente indebolita e continuano a farlo. Usando come scusa alcuni abusi e inefficienze. Ho cominciato a lavorare in America venticinque anni fa e dunque è solo da allora che verso contributi (i contributi degli anni in cui ho lavorato in Italia li ho perduti e in America non si può riscattare nulla). Diciamo che andrò avanti sino ai trent’anni di lavoro: la mia pensione sarà un quinto (il 20%) del mio stipendio attuale. Sono un privilegiato e presumibilmente avrò un’altra pensione, privata, per la quale verso una consistente parte del mio stipendio; ma solo se Wall Street continuerà ad andare bene; se crollasse rischierei di avere poco o niente.

È questo il sistema che sognate? Se non lo è smettetela di rottamare il sistema italiano o di votare per chi lo sta rottamando e rimboccatevi le maniche per riformarlo, correggerne le manchevolezze, rimediare agli abusi. Impedendo con tutte le vostre forze ai liberisti di americanizzare il paese.

*** Francesco ERSPAMER, docente di studi italiani e romanzi ad Harvard, saggista, facebook, 28 novembre 2017, qui


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