Pagine

domenica 23 ottobre 2016

#MOSQUITO / Capitalismo, domande (Claudio Magris)

Il singolo individuo può scegliere un modo più saggio e più umano, e alla lunga più soddisfacente, di condurre la propria vita e dunque pure i suoi affari, anche accettando un minore profitto immediato in cambio di prospettive più sicure e tranquille; per quel che lo riguarda personalmente, può fare questa scelta anche se gli altri si comportano diversamente. Ma se un imprenditore - dal cui guadagno dipende pure quello dei suoi dipendenti - opera in una situazione in cui domina una brada corsa al guadagno immediato anche a costo di pericolosi squilibri, difficilmente può permettersi di restare anche solo per un breve periodo indietro, col rischio di danneggiare irreparabilmente la sua azienda e coloro che da es-sa traggono lavoro e sostentamento.

È come se in un cinema tutti si alzassero in piedi: è una stupidaggine, ma non si può restare seduti, se si vuole vedere il film. La frenetica assurdità di alzarsi in piedi al cinema è del resto un simbolo di tutto il nostro vivere e operare. Anche nella promozione culturale la necessità di apparire, di mettersi in mostra e di «partecipare» è di per sé una calamità - rovina la vita e i suoi piaceri legati all’ozio e alla libertà zingaresca, costringe a usare quasi tutto il tempo per parlare di ciò che si è e che si è già fatto, ostacolando l’invenzione e la ricerca di esperienze nuove. Ma questa calamità è inevitabile, perché un artista che resta seduto mentre tutti si alzano non solo non vede, ma, cosa ben peggiore, non viene visto. Il profitto selvaggio e immediato, perseguito con vantaggio a breve e svantaggio a lungo termine, non caratterizza solo il campo specificamente economico, ma impera in tutti gli altri e in particolare in quello, anch’esso economico, che è la produzione e il consumo culturale. Ormai la volata è così selvaggia, disordinata e spudorata, che è difficile sopravvivere, almeno provvisoria-mente, senza stare al suo passo. È difficile saltar giù dal treno in corsa, specie per chi in tal modo ne trascinerebbe altri, anche se si sa che prima o dopo il treno deraglierà disastrosamente per tutti.


È dunque arduo affidarsi a quel pur auspicabile cambiamento di mentalità, di cultura e di etica per correggere la legge della giungla sempre più e sempre più dissennatamente sfrenata. Inoltre la crisi che investe - sembra alle radici - la nostra realtà economica, con tutte le conseguenze sociali e politiche immaginabili, rischia di rendere patetiche o almeno nobilmente astratte e retoriche le discussioni sul rinnovamento morale e spirituale. Restano, allora, le regole, quei meccanismi generali e freddi necessari alla società civile affinché ognuno, rispettandoli e venendone tutelato, possa vivere serenamente la sua calda vita, come la chiamava Saba. (...) Ma quali regole, precisamente? E garantite da quale forza in grado di farle veramente rispettare? (...) Un ignorante di economia come me, quando legge che occorrono misure di austerità, ma che un Premio Nobel dell’economia come Stiglitz, già consigliere di Clinton e ai vertici della Banca mondiale, le ritiene un disastro, ha l’impressione di una nave senza nocchiere in gran tempesta. 

A  parte tutto questo, il nuovo capitalismo, che così spesso si è sciacquato la bocca con la 'deregulation', può accettare, senza incepparsi con rovina di tutti, regole forti e neutrali ossia limiti alla sua espansione, oppure è già andato troppo oltre per potersi fermare o anche per poter moderare la velocità della sua spirale? Può correggersi al fine di offrire delle possibilità a tutti, affinché non accada, come nella parabola evangelica degli operai della vigna, che alcuni, anzi molti non abbiano nessuna opportunità? Nella parabola evangelica (...) gli operai che arrivano all’ultima ora vengono pagati come gli altri operai che hanno lavorato l’intera giornata, perché prima di quell’ora nessuno aveva dato loro la possibilità di lavorare. Ma come fa un imprenditore, anche il più onesto, a comportarsi da giusto come il Signore? Domande, domande, domande, diceva Brecht. 

*** Claudio MAGRIS, 1939, scrittore, I limiti (e i pregi) del capitalismo: proposte per correggere i difetti, ‘Corriere della-Sera’, sezione ‘Cultura’, 6 giugno 2010

In Mixtura altri 4 contributi di Claudio Magris qui

Nessun commento:

Posta un commento