Scrive sul suo blog un vecchio collega amico che ha deciso da anni, meritoriamente, di dare voce in rete ai cittadini, stimolando chi legge a sviluppare analisi critiche, possibilmente meditate e argomentate:
« Chi ha assistito al recente, surreale confronto televisivo fra Marco Travaglio e Matteo Renzi ha certamente notato l’imbarazzante postura del primo che, non solo si rifiutava di guardare negli occhi il secondo, sfuggendone lo sguardo, ma stava seduto di fronte a Lilli Gruber come se il suo interlocutore non esistesse, tanto che prima la conduttrice lo ha invitato a rivolgersi a lui e poi lo stesso Renzi ha dovuto agitare la mano e dire: “sono qui”. Col linguaggio del corpo Travaglio stava affermando che lì accanto c’era il diavolo e lui non voleva aver nulla a che fare con lui. (...)
C’è un’evidente analogia fra il comportamento di Travaglio verso Renzi e quello dei 5 Stelle verso Pizzarotti e cioè il mancato rispetto delle Istituzioni che gli interlocutori da loro ignorati presiedono: il Governo italiano e la Città di Parma. Non è con questi presupposti che i 5 Stelle possono aspirare a guidare il Paese ( e che Travaglio può rendersi realmente credibile). »
*** Roberto BARABINO, Travaglio e i travagli dei 5S, blog 'la politica dei cittadini', 30 settembre 2016, qui)
Stimo Travaglio (la sua 'schiena dritta', la sua conoscenza iper-documentata dei fatti, la sua logica ineluttabile), ma, poiché non sono fan di nessuno, non faccio il tifo neppure per lui, né mi assumo il ruolo di suo avvocato difensore (posto che ne abbia bisogno).
Però mi vengono immediate alcune considerazioni: che muovo da cittadino, con una sua visione critica, consapevolmente parziale e indipendente, ma non 'terzista', e perciò sempre più solitaria e insofferente nei confronti di qualunque aggregazione politico-partitica, Grillo e i suoi fan in primis.
Vero che, nell'incontro richiamato, è apparsa una qualche reticenza di Travaglio a guardare in faccia l'interlocutore. Come immaginato da Barabino, questa ritrosia potrebbe essere imputata a un atteggiamento, più o meno consapevole, di voluta e superiore distanza/diversità di Travaglio verso Renzi: della serie 'non confondiamoci'.
Ma è pure noto che in televisione i faccia-a-faccia sono sempre artefatti: anche se non hai frequentato i corsi appositi che te lo insegnano, chiunque sa che in quel contesto pubblico-spettacolare non conta tanto 'con chi' parli, ma conta soprattutto ciò che dici: l'altro è uno stimolo per svolgere le tue considerazioni e non è 'realmente' il soggetto di una 'relazione', perché il tuo vero interlocutore è chi sta dietro lo schermo. Insomma, nella situazione particolare televisiva, l'incontro non è un incontro. Ed è per questo che lo sguardo, se mai, si fissa sulla lucina rossa che ti riprende, oppure, come in questo caso, vista la consuetudine (questa sì 'relazionale') di Travaglio con la conduttrice, per le regolari apparizioni settimanali in 'Otto e mezzo', privilegia la Gruber rispetto a Renzi.
Dunque, come sempre, le interpretazioni sulla postura, tanto care agli 'psicantropi', sono da farsi con le molle.
Ma accettiamo pure la lettura che ne fa Barabino: Travaglio, come tutti i 5Stelle, si sente 'superiore' e manca di rispetto verso persone e istituzioni (tra parentesi, è la vecchia accusa al Pci per quel senso di 'diversità' che faceva essere diverso il Pci, nel bene e nel male, da tutti gli altri partiti; e ha permesso al Pci, se non di non rubare, almeno di rubare meno degli altri: e infatti era l'accusa principe che gli lanciava il Psi di Craxi. Quando è finita la 'diversità', abbiamo visto com'è finita la 'non-diversità': tutto è diventato 'come gli altri'...).
Francamente, la presunta mancanza di rispetto istituzionale mi pare azzardata.
A me hanno insegnato che le istituzioni, come gli uomini, se vogliono essere rispettate, devono essere rispettabili.
Perché il rispetto si dà se c'è: se viene meritato.
E' come l'autorevolezza: ti viene data se te la sei conquistata sul campo. Non sta in capo a una persona, o a una istituzione, come un attributo a priori, compreso automaticamente nella persona o nella carica. A priori è doveroso concedere solo, fino a prova contraria, quella fiducia che, diversamente dalla fede, viene appunto verificata nei fatti. Se non ci sono i fatti, o se prevale l'inganno sui fatti, la fiducia non c'è più.
Francamente non mi pare che 'questo' rispetto, che è poi l'unica forma vera di 'rispetto rispettabile', sia oggi, in generale, attribuibile ai politici, alla politica, alle istituzioni.
Se no, non avremmo i problemi che abbiamo e che anche Barabino, nel suo blog, analizza e stigmatizza.
Quando Renzi, chiamato il Bomba fin da piccolo per le panzane raccontate ai compagni di liceo, dice ancora oggi, ogni giorno, nel ruolo che ricopre di presidente del Consiglio, che ci mette la faccia senza mai indicare quale delle sue molte facce ogni volta intende usare, il problema forse non è un giornalista che non lo guarda a sufficienza.
Magari il problema è che io, come tanti, in quanto cittadino di una democrazia che vorrebbe ancora essere democrazia (e non suddito di una oligarchia sempre più ridotta agli spazi di un 'uomo solo al comando') mi sento preso in giro: dalle cose che vengono dette (e disdette) e dalle cose che vengono fatte (e disfatte), con una coerenza di azioni che privilegia solo la convenienza personale in termini bruti di potere e successo.
E' allora che si apre, per me almeno, una divaricazione un po' schizofrenica.
Certo, sono 'costretto' a rispettare come giuridicamente legittimo il ruolo ricoperto di presidente del consiglio. Ma, sul piano della legittimazione personale, ho qualche difficoltà a iscrivere la persona nella carica, che considero per sua natura ovviamente 'alta', di Presidente del Consiglio.
E infatti, per indicare, oggi, la funzione di chi la occupa, mi ritrovo a usare le minuscole e rimando le maiuscole al mio wishful thinking.
Lo faccio per rispetto. Della funzione.
*** Massimo Ferrario, Rispetto, occorre guadagnarselo, per Mixtura
Riccardo MANNELLI
'Il Fatto Quotidiano', 30 settembre 2016