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lunedì 25 luglio 2016

#RITAGLI / Turchia, il paradosso che ci riguarda (Ida Dominijanni)

(...) Ma l’Unione europea tace. E alcuni dei suoi membri – solo alcuni – sussurrano, come pure gli Stati Uniti. Chiamano Erdoğan al telefono e gli chiedono felpatamente se per cortesia non potrebbe portare un po’ di rispetto allo stato di diritto, in cambio del fatto che l’occidente unito, Ue e Usa, ha condannato il tentato golpe e difeso in lui “un capo di governo democraticamente eletto”. Ed eccoci al punto. Che cos’è oggi un capo di governo democraticamente eletto, e che cosa lo distingue da un capo autoritario che alimenta con l’appello al popolo le proprie pretese di onnipotenza? È una domanda che non riguarda solo la Turchia. Quando Erdoğan si rivolge al “suo” popolo perché non solo approvi, ma supporti attivamente le sue decisioni in merito a stato d’emergenza, sospensione dei diritti, epurazione e repressione ci mette di fronte in modo estremo a un paradosso che in modo meno estremo riguarda tutte quelle democrazie contemporanee in cui un leader a vocazione populistico-plebiscitaria invoca, e sovente ottiene, l’approvazione e il sostegno democratico a favore di misure restrittive della democrazia: tanto per non fare nomi, dagli Stati Uniti di Trump alla Francia emergenziale di Hollande all’Italia del referendum sulla riforma costituzionale. 
Casi assai diversi, lo so bene, e imparagonabili sotto altri e decisivi punti di vista. Ma accomunati dalla stessa, nefasta tendenza che mette in contraddizione i due principi cardinali della democrazia che dovrebbero invece sostenersi a vicenda: il principio della legittimazione popolare e il principio di legalità, o in altri termini il consenso elettorale e il rispetto dello stato di diritto e dei suoi vincoli (compresi i vincoli alla revisione costituzionale all’interno, e i vincoli posti dal rispetto del diritto internazionale all’esterno). (...)

*** Ida DOMINIJANNI, giornalista, Lo specchio deformante di Istambul, 'internazionale.it', 22 luglio 2016

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