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giovedì 31 marzo 2016

#VIGNETTE / Caso Regeni (Mauro Biani, Natangelo)

Mauro BIANI
Caso Regeni, 'il manifesto', 26 marzo 2016

° ° °

NATANGELO
La verità, 'Il Fatto Quotidiano', 31 marzo 2016

#SPOT / Bambino, arrabbiato (Elisabetta Rossini, Elena Urso)

Elisabetta ROSSINI, Elena URSO
pedagogiste
(via facebook)

In Mixtura altri 6 contributi di Elisabetta Rossini e Elena Urso qui

#PUBBLICITA' VINTAGE / 29 foto degli anni 50 (l'Huffington Post)


Nessuna di queste pubblicità, oggi, passerebbe il test di ammissibilità, probabilmente. Sessismo, razzismo, fumo, ammiccamenti alla pedofilia, stereotipi... ecco com'erano le pubblicità degli anni '50. Chissà che in 50 anni, avendo fra le mani le pubblicità di oggi, non penseremo le stesse cose che state pensando voi guardando queste immagini...

*** l'Huffington Post, Pubblicità degli anni '50 che oggi ci farebbero rabbrividire - 29 immagini, 3 dicembre 2013

LINK alle foto qui

#FOTO / Uccelli in segno di pace (Axel Hagstrom)


''Ho scattato quest'immagine il 19 marzo a Bohuslan, in Svezia. E' una foto che capita di fare una volta nella vita. Sono un fotografo naturalista, ho visto questi uccelli da molto lontano e ho scattato diverse volte. Quando mi sono passati vicino hanno composto la forma di un grande uccello. Mi ha fatto pensare a un segno di pace della natura contro il terrore e il male del mondo''. 
A spiegarlo è Axel Hagstrom, autore di questa fotografia pubblicata su 'Le Monde' e subito ripresa dalla rete.
(da  'repubblica.it', 28 marzo 2016, qui)

In Mixtura ark #Foto qui

#MOSQUITO / Religioni, ma più importanti spiritualità e etica (Dalai Lama)

Ci sono giorni in cui penso che sarebbe meglio se non ci fossero le religioni. (...)
La conoscenza e la pratica della religione sono state utili, questo è vero per tutte le fedi. Oggi però non bastano più, spesso portano al fanatismo e all’intolleranza e in nome della religione si sono fatte e si fanno guerre. Nel XXI secolo abbiamo bisogno di una nuova etica che trascenda la religione. La nostra elementare spiritualità, la predisposizione verso l’amore, l’affetto e la gentilezza che tutti abbiamo dentro di noi a prescindere dalle nostre convinzioni sono molto più importanti della fede organizzata. A mio avviso, le persone possono fare a meno della religione, ma non possono stare senza i valori interiori e senza etica.

*** DALAI LAMA (Tenzin Gyatso), 1935, XIV Dalai Lama, Il mio appello al mondo. Conversazione con Franz Alt, Garzanti, novembre 2015

#LINK / Fbi vince su Apple (internazionale.it)

La polizia federale statunitense (Fbi) è riuscita a sbloccare il telefono di uno degli attentatori di San Bernardino senza l’aiuto della Apple. E ora ritirerà la sua azione legale contro l’azienda statunitense, intentata dal dipartimento della giustizia contro la società che si rifiutava di aiutare l’Fbi a sbloccare il cellulare usato da Syed Rizwan Farook. 
La vicenda riassunta in cinque punti: (...)

*** internazionale.it, Il caso dell’Fbi contro la Apple in cinque punti, 29 marzo 2016

LINK articolo integrale qui

#TAVOLE / Anziani nel mondo, in aumento (internazionale.it)

Gli anziani saranno il 17% della popolazione mondiale nel 2050. 
Ora sono l’8,5%. 
Secondo il rapporto dell’Istituto statistico degli Stati Uniti, le persone con più di 65 anni passeranno da 617 milioni a 1,6 miliardi. Saranno soprattutto l’Asia e l’America Latina a invecchiare, mentre l’Europa rimarrà la regione più anziana del mondo. L’Africa continuerà a essere un continente giovanissimo. Tra i paesi, la Cina avrà 349 milioni di anziani, mentre gli Stati Uniti rimarranno uno dei più giovani tra i paesi sviluppati.

*** internazionale.it, Aumenta la popolazione anziana nel mondo, 29 marzo 2016

LINK grafico qui

#VIDEO / Un campione di boxe e il suo sogno (Orlando Fiordigiglio)


Orlando FIORDIGIGLIO, 1984
campione europeo di boxe 2013-2015
Andare oltre
TedxArezzo, 25 marzo 2016
video 10min56

In modo semplice un giovane campione di boxe spiega la sua passione: che lo fa superare le sconfitte e gli mantiene acceso il sogno di vincere, ma anche di aiutare, in palestra, nel suo sport, ragazzi meno fortunati sul piano sociale e familiare. (mf)

#LINK / Formazione scolastica, non basta più (Flavia Giannoli)

Il 65% dei ragazzi che si affaccia oggi al mondo della scuola farà un lavoro che non esiste ancora

Leggere, scrivere e far di conto: magari. Sembra che gli italiani siano in fondo alle graduatorie internazionali di rilevazione delle competenze linguistiche e matematiche. Se la cultura è ciò che resta nella memoria quando si è dimenticato tutto (Skinner), occorre interrogarsi su quali siano oggi le reali necessità formative perché i nostri giovani abbiano successo nel lavoro e nella vita.

I bisogni formativi per vivere e lavorare nel XXI secolo - La moderna società, globalizzata e tecnologica, offre grandissime opportunità di comunicazione e condivisione, informazione in tempo reale, possibilità di scambio, opportunità di crescita, velocità di azione. La sua complessità tuttavia pone non poche criticità e punti di attenzione.

In questa società moderna non si possono più fare pianificazioni e progetti a lungo termine e, dal punto di vista lavorativo, non esiste ormai più la certezza di un impiego che duri uguale a se stesso nel tempo. Oggi il concetto di comunità è messo in crisi dall’individualismo eccessivo ed anche il rispetto delle regole di convivenza civile e dello stesso Stato sembra cedere il passo all’opportunismo e alla convenienza di parte (uno spunto utile arriva da Bauman: La società dell’incertezza, 1999 e Vite di corsa, 2008). A causa della fortissima influenza delle tecnologie, la vita reale delle persone fisiche è affiancata sempre più incisivamente da una vita virtuale, sia nel lavoro che a livello di relazioni personali (vedi: Danni collaterali, Bauman, 2011).

Molti giovani di fronte alle disorientanti caratteristiche dell’attuale mondo moderno tendono a ritrarsi, ad isolarsi e chiudersi in spazi propri, quasi a proteggersi da qualcosa di vorticoso dal quale si sentono minacciati. Si rifugiano spesso nella rete, nelle relazioni virtuali, senza essere stati preparati o informati delle regole e delle minacce ivi presenti. Per questo tanti educatori, genitori ed insegnanti, si interrogano su come rendere un mondo così complesso un’opportunità invece che un pericolo. È necessaria una formazione che sviluppi la capacità di reagire alle sollecitazioni esterne in modo maturo e responsabile, che sviluppi un comportamento sociale “resiliente”, tale che chi lo possiede non si trovi in balìa di forze che non è in grado di comprendere e controllare, ma sappia reagire in maniera appropriata e consapevole.

Howard Gardner, nel suo libro Cinque chiavi per il futuro (2007), indica le cinque “intelligenze” necessarie per affrontare i cambiamenti richiesti dalla società del XXI secolo: la prima, di base, è disciplinare, l’insieme di ciò che si è studiato e si conosce; la seconda è sintetica, per integrare ciò che si conosce nelle varie aree interdisciplinari; la terza è creativa, per non rimanere bloccati di fronte a problematiche sconosciute e saper affrontare e risolvere problemi complessi mediante il pensiero laterale e l’inventiva ; la quarta è rispettosa, per non vedere la diversità come un pericolo, ma come una ricchezza, qualcosa o qualcuno che porta valori, un’opportunità; l’ultima è etica, per sapersi prendere le proprie responsabilità e sentirsi co-artefici di ciò che accade. (...)

*** Flavia GIANNOLI, esperta di didattica e di e-Learning, docente di Matematica e Fisica al Liceo Scientifico, formatrice di Insegnanti, saggista, Andare a scuola non basta più alla formazione, 'senzafiltro', 29 marzo 2016

LINK articolo integrale qui

#SGUARDI POIETICI / E' l'era delle stragi degli innocenti (Alberto Figliolia)

È l'era delle stragi degli innocenti.
Per mare, per terra e per aria.
In ogni dove.
Nelle città siriane,
nel Kurdistan,
nei barconi che affondano nel Mediterraneo,
a un concerto o in un bistrot parigino,
nei mercati nigeriani,
in una scuola keniana,
in una stazione della metropolitana di Bruxelles,
a bordo di un aereo russo,
in una spiaggia tunisina o ivoriana,
in un hotel di Bamako,
nelle marce forzate e nella stasi del fango dei profughi,
attaccati ai tir o nelle stive,
fra i bombardati senza nome,
in un fossato egiziano...
e nelle miniere, negli slums, nelle fabbriche,
nelle carceri diffuse, nel tiro a segno
delle sterminate periferie abbandonate...
È l'era delle stragi degli innocenti.
Mentre gli squali della finanza e i mercanti di armi ingrassano
al pari dei fanatismi d'ogni segno e regno;
nel trionfo della scienza applicata della dittatura
la democrazia muore insieme con la pace.
È l'era delle stragi degli innocenti.

*** Alberto FIGLIOLIA, 'alberinube',  23 marzo 2016, qui

Cornelis van Haarlem, 1562-1638
pittore olandese
Massacro degli innocenti,1591

#PAROLE DESUETE / Tignoso (M. Ferrario)

Tignoso
aggettivo maschile, dal tardo latino tineosus o tiniosus: 'verminoso' (sec. XIII)

(1) - Nel significato letterale (medico): affetto da tigna.

(2) - In un certo uso molto antico: cosa o persona da tenere in poco conto

(3) - Nell'uso popolare: persona 
a) estremamente avara, spilorcia, tirchia.
b) pignola, fastidiosa, rognosa, importuna
c) molesta, spregevole

(4) - Nell'uso regionale, specie romano: persona testarda, ostinata, irremovibile, cocciuta (come un mulo)

*** Massimo Ferrario, per Mixtura

#VIDEO / PIL, misura tutto tranne (Robert Kennedy)


Bob KENNEDY, 1925-1968
procuratore generale Usa
Discorso sul PIL, Università del Kansas, 18 marzo 1968
video, 2min17

Il celebre discorso di Robert Kennedy, fratello del Presidente John Fitzgerald Kennedy, all'Università del Kansas, nel 1968, in cui tratta il concetto di PIL in maniera non convenzionale, affermando che il PIL non è mai stato in grado di calcolare la felicità. 

«
Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni.
Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto nazionale lordo (PIL).
Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.
Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.
Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti.
Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi. Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese.
Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere Americani.
»

#LINK / Formazione, quando diventa 'marchetta' (Osvaldo Danzi)

Facendo una ricerca sui corsi di team building che prevedano al termine del percorso la camminata sui carboni ardenti risultano migliaia di link, tutti molto vecchi, datati fra il 2010 e il 2012. Fortunatamente la formazione si è evoluta.

Tuttavia, fra nuovi motivatori che ti incitano a “prendere in mano la tua vita” e giovani aziende leader di mercato (prevalentemente quello del multilevel anni 80) che credono nei miracoli, si fa spazio un tipo di formazione ancora più subdola, quella commissionata per conto terzi ma che nasconde tentate vendite di cui si saprà solo alla fine della giornata; pretesti per raccogliere contatti in carne e ossa da trasformare in clienti, contenitori di sponsor mascherati da esperti della materia sul palco ma con lo stand fuori dall’aula e le brochure sulle seggioline.

Li avete riconosciuti? Quante volte ci siete cascati ?

Quando la formazione costa - Costa per il semplice fatto che un formatore per spostarsi da casa sua all’aula in cui farà formazione, prende uno skateboard, una bicicletta, un motorino, un’auto, un treno, un aereo, un transatlantico. Costa perché gli argomenti che viene a trasmetterti sono frutto di esperienze maturate negli anni e pagate con le suole delle proprie scarpe e i mal di pancia della propria pancia e non c’è alcun motivo per cui dovrebbe venire a regalartele. Costa perché (almeno) una settimana prima si è seduto davanti ad una slide vuota, ci sta scrivendo proprio il tuo nome e cognome e inserendo la data del giorno che verrà a trovarti. Costa, perché una settimana dopo ha prodotto 30 slide tutte per te, totalmente customizzate a seconda del tuo pubblico e delle tue necessità, che ti lascerà senza alcun problema al termine dell’intervento.

Quando la formazione è gratis - E’ gratis perché sei un target, un pubblico, un utente, un consumatore, un indirizzo email, una tessera fedeltà, un contatto da vendere, un pollo da spennare. Dopo. E’ gratis perché il convegno a cui sei stato invitato sui “nuovi trend dell’innovazione che faranno di te un leader di successo attraverso lo storytelling” è già stato pagato da sponsor e partner. I partner sono quelli che ti ritrovi sul palco, vettori di innovazione attraverso l’ennesimo gestionale per PMI che funziona a singhiozzo o per le attività di consulenza manageriale di cui “già decine di manager e aziende hanno usufruito migliorando le proprie performance di oltre l’80%” (rispetto a cosa, scusi?).

Ma hanno pagato e quindi devono parlare. Peccato che il tempo che stai sprecando sia il tuo, non il loro.

Gli sponsor li riconosci perché i successivi due anni (il tempo stimato per capire quando mai tu abbia dato loro il consenso) riceverai newsletter, inviti, promozioni, suggerimenti per diventare un uomo di successo. Con o senza storytelling.

Quando la formazione è a pagamento, ma sarebbe meglio fosse gratis - E qui mi riferisco ai corsi manageriali delle business school più disparate, li riconoscete perché costano uno sproposito ma sui siti internet è impossibile avere un programma dettagliato o spesso anche solo conoscere chi saranno i docenti per ogni giornata. Esiste però una “Faculty”, ovvero quel Consiglio di Grandi Saggi che appartengono generalmente a Enti, Associazioni di Categoria, all’Università cittadina, a un Centro di Ricerca che servono a determinare l’onorabilità del consesso scientifico. Fra questi non c’è un solo vertice aziendale, non c’è un portatore sano di innovazione come sarebbe d’obbligo a un percorso studiato per manager aziendali che non possono più permettersi di  continuare a pensare con la testa di un troglodita o continuare ad avere come punto di riferimento Olivetti o Ford.

I tempi cambiano, gli ispiratori pure. Solo i Comitati Scientifici rimangono. 

Scuole che hanno le pareti dei loro ingressi tempestati da targhe di “aziende partner” che in aula non vedrete mai ma che sono una sorta di coperta di Linus per genitori e manager che decidono di sottoscrivere una quota con cui acquistare “quasi sicuramente” un pezzo del loro futuro o di quello dei loro figli. Presenze aziendali che vengono millantate dagli organizzatori, non solo per attirare adesioni e iscrizioni, ma anche per convincere decine di consulenti – ex manager d’azienda – a collaborare a titolo quasi gratuito in cambio di “visibilità”. Ma qualcuno ci crede ancora alla storia della visibilità? (...)

*** Osvaldo DANZI, esperto di risorse umane, recruiter, fondatore della Business Community FiordiRisorsedi, La formazione gratuita si chiama 'marchetta', 'senzafiltro', 23 marzo 2016

LINK articolo integrale qui


In Mixtura alri 6 contributi di Osvaldo Danzi qui

#ARTE / Migranti (Bruno Catalano)

Bruno CATALANO, 1960
artista francese

(...) Nato nel 1960 nel sud della Francia, Catalano ha vissuto fino a 12 anni in Marocco e ha poi fatto il marinaio. Tornato in Francia a 30 anni ha cominciato a lavorare come scultore. Oggi vive a Marsiglia ed ha un'assistente eccezionale, la figlia Emilie.

Ogni scultura - prima della colatura del bronzo, viene modellata in argilla, e Catalano impiega dai 15 ai 20 giorni per realizzarla. 
Ogni pezzo è portatore di un vuoto, una mancanza, una frammentazione non risolvibile. La sua riflessione si concentra tutta sul tema del viaggio, della migrazione. Nessun arrivo, nessuna partenza può dirsi realmente completa. Il viaggio dei migranti è sempre doloroso e Catalano lo 'fotografa' nel suo svolgersi. Corpi in tensione, internamente lacerati. Uno spazio bucato che lascia intravedere scorci e prospettive, strade percorribili e vicoli ciechi. Ma in fondo c'è un'armonia che resiste, un desiderio di bellezza e di scoperta che rappresenta forse l'intima natura dell'essere umano, il desiderio stesso del viaggio. (...)
(da Lorenzo Mazza, La tensione dei corpi in viaggio di Bruno Catalano, artsblog, 28 novembre 2013, qui

#MOSQUITO / Indifferenza, e comunità di destino (Eugenio Borgna)

Sí, l’indifferenza è davvero la malattia più crudele e inesorabile della vita psichica, e in essa siamo prigionieri di un deserto della speranza che non consente alcuna reale comunicazione, alcuna sincera relazione, con il mondo delle persone e delle cose. Nella indifferenza siamo immersi in una solitudine arida e pietrificata, che nulla ha a che fare con la solitudine interiore, con la solitudine creatrice, e che diviene isolamento. Nell’isolamento diveniamo monadi senza porte e senza finestre: negati a qualsiasi slancio altruistico, e solo incentrati sui ghiacciai di un individualismo implacabile, e dilagante. Nella indifferenza si inaridisce, e si spegne, ogni possibile comunità di destino che è invece la cifra tematica, la immagine, la metafora palpitante e viva, di una condizione di vita che rende la vita degna di essere vissuta anche nel dolore e nella sofferenza, nell’angoscia e nella disperazione. Avviandomi a una preliminare definizione di comunità di destino non potrei se non dire che in essa si vuole tematizzare una visione del mondo, una Weltanschauung, nella quale si esca dalla nostra individualità, dai confini del nostro egoismo, e non si riviva il dolore, la sofferenza altrui, come qualcosa che non ci interessi, come qualcosa che non ci appartenga, come qualcosa che nemmeno sfiori la nostra ragione di vita, ma invece, e sinceramente, come qualcosa che ferisca anche noi: come qualcosa, cioè, che non ci sia estraneo, o indifferente, e nel quale si sia tutti implicati. Insomma, si forma una comunità di destino, una comunità solo visibile agli occhi del cuore, quando ciascuno di noi sappia sentire, e vivere, il destino di dolore, di angoscia, di sofferenza, di disperazione, di gioia e di speranza, dell’altro come se fosse, almeno in parte, anche il nostro destino: il destino di ciascuno di noi. Orientarsi alla costituzione di una comunità di destino, nel dolore o nella gioia, nella paura o nella speranza, significa sapersi immedesimare nel mondo emozionale dell’altro: cercando di riconoscerne e di valutarne, se sia possibile, le ragioni della angoscia, della disperazione o delle attese. Certo, la comunità di destino è solo visibile agli occhi del cuore, e non ai freddi sguardi della raison cartesiana. Creare una comunità di destino non è nemmeno impossibile, se la si sa rivivere nelle sue radici più profonde, con chi dalla sofferenza sia trascinato a tentare il suicidio come spes contra spem: come ultimo gesto di una speranza perduta, e ancora desiderata.

*** Eugenio BORGNA, 1930, medico, psichiatra, saggista, da Aldo Bonomi e Eugenio Borgna, Elogio della depressione, Einaudi, 2011


In Mixtura altri 6 contributi di Eugenio Borgna qui

#SGUARDI POIETICI / Tenerezza (Marcus Vinìcius De Moraes)

Io ti chiedo perdono di amarti all’improvviso                   
Benché il mio amore sia una vecchia canzone alle tue orecchie,   
Delle ore passate all’ombra dei tuoi gesti                      
Bevendo nella tua bocca il profumo dei sorrisi              
Delle notti che vissi ninnato
Dalla grazia ineffabile dei tuoi passi eternamente in fuga
Porto la dolcezza di coloro che accettano malinconicamente. 
E posso dirti che il grande affetto che ti lascio
Non porta l’esasperazione delle lacrime né il fascino delle promesse
Né le misteriose parole dei veli dell’anima...
È una calma, una dolcezza, un traboccare di carezze
E richiede solo che tu riposi quieta, molto quieta
E lasci che le mani ardenti della notte incontrino senza fatalità lo
sguardo estatico dell’aurora.

*** Marcus Vinícius de MORAES, 1913–1980, poeta, cantante, compositore, drammaturgo e diplomatico brasiliano, Tenerezza, da ‘sagarana.net’, n. 56, luglio 2014, qui
https://it.wikipedia.org/wiki/Vin%C3%ADcius_de_Moraes


In Mixtura 1 altro contributo di Vinícius de Moraes qui

#LINK / Web aperto addio, ora è una gabbia (Alessandro Longo)

La Rete era nata come un mare in cui navigare liberi da un sito all’altro. Oggi invece è sempre più un sistema di canali chiusi, da cui l’utente fatica a uscire

(...) A pensarci bene, è paradossale: è la negazione esatta dei principi alla base della rivoluzione Internet. Il pluralismo di fonti e servizi, sempre aperti all’esterno (adesso invece si è portati a entrare in silos verticali senza porte né finestre). Il continuo rimando all’interattività e alla compartecipazione degli utenti. Al contrario, adesso si può sfogliare Facebook con la passività con cui si è sempre fatto zapping in tv. (...)

*** Alessandro LONGO, giornalista, Addio al Web aperto, ora è una gabbia, 'L'Espresso', 23 marzo 2016

LINK, articolo integrale qui


In Mixtura 1 altro contributo di Alessandro Longo qui

#MOSQUITO / Letteratura, senz'anima (Raffaele La Capria)

Un tempo era più facile capire, c’era la buona letteratura e c’era la cattiva letteratura. Oggi c’è la falsa buona letteratura. Quasi tutti scrivono bene, qualcuno anche benissimo, ma sono senz’anima. Libri costruiti

*** Raffaele LA CAPRIA, scrittore, intervistato da Salvatore Merlo, Vita eros tanatos Dudù, 'il foglio', 11 marzo 2016

LINK articolo integrale qui


In Mixtura 1 altro contributo di Raffaele La Capria qui

#CIT / Educazione (Bertrand Russell)

Bertrand RUSSELL,1872-1970
filosofo, logico, matematico, attivista e saggista gallese

In Mixtura altri 5 contributi di Bertrand Russell qui

#SGUARDI POIETICI / Perché finalmente lo abbiamo imparato (Lella Costa)

Perché finalmente lo abbiamo imparato 
che c’è tempo soltanto se c’è un tempo, 
un tempo per ogni cosa.
Un tempo per perdere tempo.
C’è un tempo per cambiare e un tempo per tornare gli stessi di sempre,
un tempo per gli amori e un tempo per l’amore, 
un tempo per essere figli e un tempo per farli, i figli. 
C’è un tempo per raccogliere tutte le sfide, 
un tempo per combattere tutte le battaglie, 
un tempo per fare la pace, 
un tempo per esigerla, la pace.
E se c’è un tempo bellissimo per ricordare 
allora ce ne deve essere anche uno calmo per dimenticare.
Perché se c’è un tempo per dormire e uno per morire, 
forse – forse – se siamo sempre stati bravi e attenti, 
e continuiamo a tener gli occhi spalancati 
allora, forse, c’è anche un tempo infinito 
per sognare. 

*** Lella COSTA, scrittrice e attrice di teatro, da Alice, una meraviglia di paese, spettacolo teatrale, 2005, in ‘Il mio vivere in poesia’, 25 luglio 2013,  http://bit.ly/17TivbU (scansione in versi di mf)


In Mixtura altri 4 contributi di Lella Costa qui

#SENZA_TAGLI / Mindfulness e felicità, c'è un rapporto scientifico (Nicoletta Cinotti)

La connessone tra mindfulness e felicità è forte, per tante ragioni, che proveremo ad esplorare. Non ultimo perché, agli inizi del protocollo MBSR, negli Stati Uniti, venne condotta una rivoluzionaria ricerca su un gruppo di dipendenti di una azienda di biotecnologia di Madison, in collaborazione con Richard Davidson, importante neuro-scienziato dell’Università del Wisconsin.

Una ricerca rivoluzionaria - Questi dipendenti vennero reclutati per partecipare ad una ricerca sugli effetti della partecipazione ad un protocollo MBSR di otto settimane. Vennero sottoposti ad una serie di test sulle funzioni e sulle risposte cerebrali e suddividendoli in due gruppi: un gruppo inizierà il programma in autunno e l’altro sarà un gruppo di controllo.Tutti verranno testati alla fine del protocollo per valutare le differenze nelle risposte di funzionalità cerebrali e, per escludere che i cambiamenti possano essere dovuti a modificazioni spontanee, verrà testato nuovamente anche il gruppo di controllo.
Fin quando non è stata fatta questa ricerca si riteneva che il rapporto funzionale tra emisfero destro – che si attiva durante l’espressione di emozioni difficili e negative come paura e tristezza – e l’emisfero sinistro – che si attiva con emozioni positive come gioia, contentezza ed energia – fosse una sorta di schema caratteriale non modificabile. Se la nostra prevalenza di risposte emotive riguardava l’emisfero sinistro saremmo stati prevalentemente orientati a produrre emozioni negative e viceversa. L’attivazione dell’emisfero destro si associa in genere con l’evitamento e l’attivazione della corteccia sinistra con la relazione.

La ricerca finì per mostrare molte cose interessanti:
(1) - Un incremento significativo dell’attivazione dell’emisfero sinistro rispetto a quello destro sia in condizione di riposo che sotto stress;
(2) - La modificazione del rapporto tra l’attivazione dell’emisfero destro e dell’emisfero sinistro perdurava anche nei quattro mesi successivi alla fine del protocollo.
(3) - Diminuzione dell’ansia costituzionale, riduzione dei sintomi mentali di stress
(4) - Miglioramento della risposta immunitaria in proporzione diretta alla modificazione della prevalenza dell’emisfero destro sull’emisfero sinistro.

Che cosa significa tutto questo? - Significa che intraprendere e applicare nella vita quotidiana il programma MBSR e la pratica della meditazione porta conseguenze misurabili importanti per la salute fisica e mentale. Mostra anche che gli effetti sono raggiungibili anche se continuano le condizioni stressanti.

La felicità e la meditazione - La ricerca però non si è fermata qui e venne quindi rivolta ad un gruppo di meditanti consolidati: lama tibetani o monaci che praticavano intensivamente da anni la meditazione. I lama e i monaci mostravano rapporti molto alti di attivazione dell’emisfero sinistro rispetto all’emisfero destro e, in molti casi, durante la pratica di meditazione mostravano enormi spostamenti verso una maggiore attivazione dell’emisfero sinistro.
Ma la notizia interessante è che le aree maggiormente coinvolte non si differenziavano da quelle che erano state rilevate durante lo studio condotto sui dipendenti dell’azienda di Madison, anche se, nel caso dei monaci, era quantitativamente maggiore.

Possiamo essere tutti più felici - Questa ricerca, e la comparazione dei dati, dimostrano che persone che hanno iniziato a meditare da pochi mesi – e non solo praticanti intensivi con anni e anni di formazione alle spalle – possono mostrare cambiamenti nel corpo e nel cervello simili a quelli di persone che hanno ben più conoscenza e allenamento nella pratica.
Suggerisce inoltre che la pratica meditativa può modulare i circuiti cerebrali responsabili dell’elaborazione emozionale mostrando, quindi, un esempio della profonda neuro-plasticità del cervello in risposta all’esperienza vissuta e all’addestramento.

Le emozioni distruttive - La pratica di consapevolezza può portare a lasciarsi meno intrappolare dalle emozioni distruttive, a essere meno alla loro mercé e ci predispone ad una intelligenza emotiva e a un equilibrio emotivo maggiore e, quindi, alla fine – e nemmeno dopo tanto tempo – ci rende più felici!
(Bibliografia - Jon Kabat Zinn, Riprendere i sensi Tea Ed.
Davidson, Kabat Zinn, Schumacher, Rosenkranz, Muller, Santorelli, Urabowsli, Hurrington, Bonus, Sheridan; Alterations in brain and immune function produced by mindfulness meditation, 'Psychosomatic Medicine', 65 (2003), pp.564-570)

*** Nicoletta CINOTTI, esperta di bioenergetica e di mindfulness, saggista, La relazione scientifica tra mindfulness e felicità, 2016, blog 'bioenergetica e mindfulness', senza data, qui

#VIDEO / Il bosco dei violini


Il bosco dei violini
pubblicato in Südtirol, 16 marzo 2016
video 10min49



La ricerca del legno di Stradivari tra gli abeti del Latemar. 
Inizia tutto da una tavoletta di abete. Ma non è certo un legno qualsiasi. È un abete del bosco del Latemar, in Alto Adige capace di regalare vibrazioni sonore durature e toni intensi. Antonio Stradivari, il liutaio più famoso al mondo, cercava proprio qui il legno per i suoi pregiati violini. E oggi non è raro incontrare litai di tutto il mondo che camminano in questo bosco, con lo sguardo rivolto verso l’alto… Cercano abeti sani, belli dritti, con un tronco di almeno 60 centimetri di diametro.
L’importante è arrivare per primi. E contrassegnare le proprie scelte. Se saranno delle buone scelte però lo sapremo solo tra molti molti anni… il legno armonico, più è stagionato, meglio suonerà!
(dalla presentazione del video)

domenica 27 marzo 2016

#PUBBLICITA'_VINTAGE / Aperol, Campari Soda, Cinzano

Aperol, 1931
(estampemoderne.fr, via pinterest)

° ° °

Campari Soda
Giovanni Mingozzi, 1950
(internationalposter.com , via pinterest)

° ° °

Cinzano, 1955
(vintagevenus.com.au, via pinterest)

In Mixtura ark #PubblicitàVintage qui

#IN_LETTURA / April Harrison, Barbara Bjornson, Benjamin Lacombe

April Harrison
(shopbaiaonline.com, via pinterest)

° ° °

Barbara Bjornson
(childrensillustrators.com, via pinterest)

° ° °

Benjamin Lacombe
(bibliolectors.tumblr.com, via pinterest)

#SPOT / Pasqua

Buona Pasqua: a chi crede e a chi non crede. 
Anche senza resurrezione, 
un po' di rinascita, 
qui sulla terra,  
farebbe bene a tutti. (mf)


#SGUARDI POIETICI / Sii impaziente! (Inger Hagerup)

Lentamente tutto si crea.
La creazione dura in eterno.
Il buio divenne luce e la luce fuoco,
e l’essere umano un giorno si svegliò e disse: 
Voglio. 
Lentamente tutto si crea.
La nostra terra naviga verso uno sconosciuto porto. 
Nessuno può misurare il nostro futuro, nessuno gli può dare un nome. 
Ma una cosa sappiamo, che  partecipiamo alla creazione 
della vita eterna, buona o cattiva che sia.
Non vogliamo perdere. 
Non vogliamo perdere il fuoco che una volta avevamo. 
Molte erano le strade. Si sbagliava strada di continuo. 
La forza divenne potere, il potere violenza. E gli uomini si schiacciarono
[ l’uno contro l’altro. 
Ma il sogno continuava a rimanere la realtà più importante. 
Lentamente tutto si crea.
C’è fretta. C’è fretta. Può andar male di nuovo. 
Cosa vogliamo? 
Sogni e utopie dicono gli intelligenti, 
quelli dal cuore freddo. Non ascoltateli più! 
La vita non è solo casa, cibo e denaro. 
Siamo sempre in cammino, sempre un po’ più avanti, 
sempre verso la vittoria o la sconfitta 
dell’umanità.
C’è fretta, c’è fretta oggi!
Sii impaziente! Lascia la tua impronta! 
Si tratta della nostra eterna breve vita. Si tratta della nostra terra. 

*** Inger HAGERUP, 1905-1985, poetessa e scrittrice norvegese, Sii impaziente!, in ‘Poesia’, n. 114, febbraio 1998

#INEDITI / Concretezza, il paradosso in organizzazione e formazione - 2^ parte (Massimiliano Caccamo)

TRE
Ci siamo dunque sbarazzati del mantra della concretezza in ambito organizzativo?
Naturalmente no. Durante un laboratorio formativo  tenutosi una diecina d’anni fa abbiamo “provocato” una vera e propria competizione sulla Leadership fra persone provenienti da diverse aziende.  Alla fine i vincitori (votati come tali da tutti gli altri partecipanti) furono due. E alla domanda cosa li rendeva così apprezzabili le risposte furono sempre due (una la chiave di successo dell’uno e l’altra la chiave di successo dell’altro): La Concretezza e la Passione. Dunque la Concretezza continua a far parlare di se, anche nella leadership.  Ma almeno ci siamo resi conto che da sola non basta.
E, secondo chi scrive, non basta neanche la passione (in combinazione con la concretezza o in essenza singola) per risolvere i problemi di lungo termine delle nostre aziende.
In ogni caso questa necessità di poter toccare con mano, di stare con i piedi ben piantati per terra, di poter dimostrare risultati tangibili fa parte della ordinary life organizzativa. 
Dura la vita per gli “intangibili”. Ovvero quegli elementi “soft” e, almeno all’apparenza, così poco concreti di cui andremo a parlare ora.

QUATTRO
La teoria che stiamo per associare (con un’evidente scatto di megalomania) alle onde gravitazionali einsteniane è quella secondo cui l’ARTE potrebbe essere “l’ultima Thule” per rigenerare il sistema economico-produttivo del nostro paese.
Ma andiamo con ordine. 

Non credo sia necessario spendere molte parole per dimostrare che le nostre aziende, piccole e grandi, pubbliche e private, fanno una maledetta fatica ad andare avanti.
Si dirà “la crisi internazionale…Lehman& Brothers…la globalizzazione…l’instabilità sociale e politica…”
D’accordo. E, all’interno di questo scenario c’è chi galleggia, chi affonda e chi prospera.
Quante aziende italiane nel 2007 (annus horribilis per l’imprenditoria mondiale) hanno venduto più di 100 milioni di nuovi prodotti entrando per la prima volta in mercati a loro sconosciuti, assumendo migliaia di nuovi lavoratori, aprendo negozi fisici (cioè non virtuali) in tutto il mondo e sono ancora qui nel 2016 senza segni di arretramento?
Ve lo dico io: neanche una.

E prima ancora, quando la crisi non erano gli impiegati di Lehman & Brothers che si allontanavano mesti dai loro uffici con gli scatoloni  in mano, ma era ancor più tangibile nelle macerie fisiche dell’immediato periodo post-bellico… Quanti ebbero il coraggio di investire sulla loro azienda andando ad assumere centinaia di nuovi lavoratori contro il parere della dirigenza (che veniva d’amblè sostituita…) ? Quanti si sarebbero affidati allora all’inventiva di un ingegnere cinese (ora si direbbe un extracomunitario) per immaginare il futuro mercato dell’informatica globale? Quanti avrebbero detto (e praticato) che la fabbrica doveva essere anche “bella” e che l’azienda doveva occuparsi anche di architettura, urbanistica, assistenza sociale, arte, cultura?

I due esempi cui ho fatto riferimento erano, per chi non lo avesse già intuito, la Apple di Steve Jobs e l’Olivetti di Adriano Olivetti. Periodi storici diversi ma diverse analogie.
Due perle rare che andrebbero (e in parte già lo sono) studiate attentamente.
Ne parleremo più tardi. 

Torniamo alle aziende non guidate dagli Olivetti e dai Jobs, ovvero la quasi totalità.
All’accendersi dei semafori rossi della crisi costoro hanno scelto tutt’altra strategia .Hanno lanciato programmi di “efficientamento”, avviato piani di ridimensionamento degli organici, tagliato quasi a zero gli investimenti in ricerca e formazione.
Risultato: solo negli ultimi 6 anni (fonte il Sole 24 ore) oltre 75.000 fallimenti fra cui marchi storici come Richard Ginori, Mariella Burani, Moto Morini. Nel 2015 più di 50 imprese fallite ogni giorno. Italia al top tra i paesi Ocse: +66% rispetto al 2009.

Insomma l’applicazione del pensiero intuitivo (c’è la crisi dunque taglio dei costi, taglio degli organici, esternalizzazione attività non “core”, “lean organization” and so on) non solo non ha consentito di “tenere le posizioni”. Sembra quasi abbia accelerato le procedure fallimentari.
Invece, un po’ di anni fa,  a chi segnalava “Non c'è una sola ragione per la quale qualcuno dovrebbe volere un computer in casa propria (Ken Olsen, fondatore di Digital Equipment Corporation, 1977) qualcuno si apprestava pochi anni dopo a dimostrare il contrario.

Vogliamo chiamarlo intanto (in assenza di una definizione migliore) pensiero controintuitivo?
Il pensiero controintuitivo ci interessa da vicino in questa dissertazione, non perché ci azzecchi sempre. Ma perché sfugge agli automatismi del pensiero tradizionale.
Perché segnala un’interruzione rispetto agli schematismi cui siamo abituati. Insomma “think different” avrebbe detto il vecchio Steve. E qual è quella disciplina, (e non soltanto, si badi bene, quella singola persona particolarmente dotata…) che pratica abitualmente questa interruzione o perlomeno la coltiva, ci prova? E che si segnala al mondo quando questa interruzione diventa improvvisamente visibile? 
L’Arte, signori miei, l’Arte.

CINQUE


I tagli sulla tela di Fontana non piacciono a tutti. Ma qui noi non vogliamo parlare esclusivamente di bellezza in senso classico (ammesso che sulla Gioconda si sia proprio tutti d’accordo…).
Qui si sta parlando di “…aprire una porta dove prima c’era un muro” come direbbe Chuck Close (un pittore iperrealista americano paralizzato dalla vita in giù).
L’arte, in particolare quella che comunemente definiamo “arte contemporanea”, fa esattamente questo. Spiazza l’interlocutore, crea un’interruzione, lavora con l’inaspettato.
Ci interessa questo approccio alla realtà? Interessa alle aziende?
Per intanto accontentiamoci di un’altra saggia citazione del grande Einstein “Non possiamo risolvere i problemi con lo stesso tipo di pensiero che abbiamo usato quando li abbiamo creati”.
E andiamo avanti.

Per inciso, sempre in omaggio a questo bisogno di concretezza che ci affligge, val la pena di ricordare che la storia dell’Olivetti di Adriano e della Apple di  Jobs hanno concretamente in comune proprio l’incrocio col mondo dell’Arte.
Olivetti decise di andare per le spicce: assunse direttamente dentro un’azienda che faceva macchine da scrivere letterati come Giudici, Fortini, Volponi, Sinisgalli, Pampaloni.
Jobs si è “accontentato” di ispirare i suoi ingegneri facendo studiare loro la Testa di Toro di Picasso come modello di minimalismo ed essenzialità progettuale.


Gli incroci possibili col mondo dell’Arte sono in realtà molti di più. Ma almeno questi hanno funzionato e ne possiamo parlare per la gioia dei “concretisti”. Ma agli inizi? Quanti ci avrebbero scommesso un soldo bucato?

SEI

Suggerisco di ascoltare con attenzione la Piano Sonata n.32 in C minor, Op.111:2.Arietta
(1822) di Ludwig Van Beethoven. A metà della composizione c’è un prepotente cambio di registro (un’interruzione…) che a un orecchio musicale preparato segnala il passaggio dalla musica classica al jazz (più precisamente al ragtime).
E il jazz avrebbe visto la luce solo agli albori del 900. 70 anni circa di anticipo. 
Il grande compositore ci suggerisce che il futuro è già disponibile nel presente. Si tratta solo di andare a scovarlo. Facile solo se ti chiami Beethoven, direte voi. No, non fu facile neanche per lui se considerate che era completamente sordo dal 1815.
Un’altra interruzione.
Ma è importante sapere che il futuro possiamo individuarlo già oggi. Resta solo da capire quale e  come. E da accettare il prezzo che dovremo pagare. Tentativi, prove, fallimenti, dubbi, incertezze e i contemporanei che pretendono concretezza subito.
“E’ la ricerca, bellezza” se mi consentite di parafrasare Humprey Bogart.
 “ Se sapessimo (esattamente) quel che stiamo facendo, non si chiamerebbe ricerca” (sempre Einstein)

SETTE
Dunque ci resta ancora di capire “come fare”, attraverso l’arte, ad esplorare in anticipo il futuro (o almeno uno dei tanti possibili futuri…) dell’Organizzazione.
Abbiamo già visto due strade diverse. Una, quella di Adriano, porta a mescolare artisti e tecnici facendoli lavorare in contiguità. E forse non è un caso che la Lettera 22 sia tutt’ora esposta al Moma di New York come icona del design industriale italiano.
L’altra (quella di Jobs) prende ispirazione dall’arte.


Come avrebbe fatto più tardi qui da noi (e facciamo volutamente un salto di settore) Gualtiero Marchesi con il piatto rappresentato qui sopra deliberatamente ispirato a Jackson Pollock.
A chi non l’avesse ancora provato dirò subito che è squisito. E parlandone con Marchesi ho scoperto la sua seconda fonte di ispirazione (dopo Pollock) è poetica :

“Il poeta esiste realmente proprio in quanto ha una sua direzione, segue una sua traiettoria come l’unica via possibile, disperato perché costretto ad appropriarsi del mondo intero, colpevole per l’arroganza del volerlo definire”(Ingeborg Bachmann)

C’è una terza strada, tentata da alcuni, che consiste nel tentativo di trasformare managers e professionals in artisti. Ad esempio facendo loro prendere in mano una matita o un pennello. Oppure facendo riscoprire la manualità necessaria per plasmare una scultura.

Non mi sento di escludere a priori nessuna delle strade suggerite.
Ma il mio percorso (che è diverso da tutti quelli fino ad ora indicati) si  inserisce nel filone della cosiddetta “Arte Relazionale” e si riassume nel modello de “L’Impresa come Opera d’Arte": un laboratorio formativo ormai più volte sperimentato.
Più che di un concetto qui si sta parlando di un costrutto. Prima bisogna farne esperienza. E poi parlare delle possibili applicazioni in ambito aziendale.
Che saranno più d’una anche in funzione delle diverse culture organizzative incontrate.
Vi lascio sempre col vecchio Einstein: "Se i fatti e la teoria non concordano, cambia i fatti."

*** Massimiliano CACCAMO, consulente e formatore, responsabile di ComeNetwork, Il paradosso della concretezza in ambito organizzativo e formativo - parte 2^, per Mixtura

La prima parte di questo articolo, sempre in Mixtura, la trovate qui
Per una spiegazione del modello de L'Impresa come Opera d'Are, vedi in Mixtura qui

sabato 26 marzo 2016

#IN_LETTURA / Thierry De Marichalar, Will Barnet

Thierry De Marichalar
(via pinterest)

° ° °

Will Barnet, 1911-2012
artista statunitense
(abubbleoffcenter.blogspot.com, via pinterest)

In Mixtura 1 altro contributo di Will Barnet qui

#NATURA_MORTA / Nikolay Panov, Paul Cézanne

Nikolay Panov
(pixcels.com, via pinterest)

° ° °

Paul Cézanne
(aceblush.tumblr.com, via pinterest)


In Mixtura altri  3 contributi di Paul Cézanne qui