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mercoledì 2 dicembre 2015

#RITAGLI / Ambiente, chi più consuma più paghi (Thomas Piketty)

(...) Se ci atteniamo agli obbiettivi di riduzione delle emissioni presentati dagli Stati, i conti non tornano. Siamo avviati lungo una traiettoria che porta verso un riscaldamento superiore ai tre gradi e forse più, con conseguenze potenzialmente cataclismatiche, in particolare per l’Africa, l’Asia meridionale e il Sudest asiatico. Anche nell’ipotesi di un accordo ambizioso sulle misure di mitigazione delle emissioni, è già sicuro che l’innalzamento dei mari e l’aumento delle temperature provocherà danni considerevoli in molti di questi Paesi. Si calcola che sarebbe necessario mettere in campo un fondo mondiale da 150 miliardi di euro l’anno per finanziare gli investimenti minimi necessari per l’adattamento ai cambiamenti climatici (dighe, ridislocazione di abitazioni e attività ecc.). Se i Paesi ricchi non riescono nemmeno a mettere insieme una somma del genere (appena lo 0,2 per cento del Pil mondiale), allora è illusorio pretendere di convincere i Paesi poveri ed emergenti a fare sforzi supplementari per ridurre le loro emissioni future. Al momento le somme promesse per l’adattamento sono inferiori a 10 miliardi.

Si sente spesso dire, in Europa e negli Stati Uniti, che la Cina ora è il primo inquinatore a livello mondiale e che adesso tocca a Pechino e agli altri Paesi emergenti fare degli sforzi. Dicendo questo, però, ci si dimentica di parecchie cose. Innanzitutto che il volume delle emissioni dev’essere rapportato alla popolazione di ogni Paese: la Cina ha quasi 1,4 miliardi di abitanti, poco meno del triplo dell’Europa (500 milioni) e oltre quattro volte di più del Nordamerica (350 milioni). In secondo luogo, il basso livello di emissioni dell’Europa si spiega in parte con il fatto che noi subappaltiamo massicciamente all’estero, in particolare in Cina, la produzione dei beni industriali ed elettronici inquinanti che amiamo consumare. 

Se si tiene conto del contenuto in CO2 dei flussi di importazioni ed esportazioni tra le diverse regioni del mondo, le emissioni europee schizzano in su del 40% (e quelle del Nordamerica del 13%), mentre le emissioni cinesi scendono del 25%. Ed è molto più sensato esaminare la ripartizione delle emissioni in funzione del paese di consumo finale che in funzione del paese di produzione. Constatiamo in questo modo che i cinesi emettono attualmente l’equivalente di 6 tonnellate di anidride carbonica l’anno e per persona (più o meno in linea con la media mondiale), contro 13 tonnellate per gli europei e oltre 22 tonnellate per i nordamericani. In altre parole, il problema non è solamente che noi inquiniamo da molto più tempo del resto del mondo: il fatto è che continuiamo ad arrogarci un diritto individuale a inquinare due volte più alto della media mondiale.

Per andare oltre le contrapposizioni fra Paesi e tentare di far emergere delle soluzioni comuni, è essenziale sottolineare anche che all’interno di ciascun Paese esistono disuguaglianze immense nei consumi energetici, diretti e indiretti (attraverso i beni e i servizi consumati). A seconda delle dimensioni del serbatoio dell’auto, della grandezza della casa, della profondità del portafogli, a seconda della quantità di beni acquistati, del numero di viaggi aerei effettuati ecc., si osserva una grande diversità di situazioni. (...)

Per andare sul concreto, i circa 7 miliardi di abitanti del pianeta emettono attualmente l’equivalente di 6 tonnellate di anidride carbonica per anno e per persona. La metà che inquina meno, 3,5 miliardi di persone, dislocate principalmente in Africa, Asia meridionale e Sudest asiatico (le zone più colpite dal riscaldamento climatico) emettono meno di 2 tonnellate per persona e sono responsabili di appena il 15% delle emissioni complessive. All’altra estremità della scala, l’1 per cento che inquina di più, 70 milioni di individui, evidenzia emissioni medie nell’ordine di 100 tonnellate di CO2 pro capite: da soli, questi 70 milioni sono responsabili di circa il 15% delle emissioni complessive, quanto i 3,5 miliardi di persone di cui sopra.

E dove vive questo 1% di grandi inquinatori? Il 57% di loro risiede in Nordamerica, il 16% in Europa e solo poco più del 5% in Cina (meno che in Russia e in Medio Oriente, con circa il 6 per cento a testa). 
Ci sembra che questi dati possano fornire un criterio sufficiente per ripartire gli oneri finanziari del fondo mondiale di adattamento da 150 miliardi di dollari l’anno. L’America settentrionale dovrebbe versare 85 miliardi (lo 0,5 per cento del suo Pil) e l’Europa 24 miliardi (lo 0,2 per cento del suo Pil). Queste conclusioni probabilmente saranno sgradite a Donald Trump e ad altri. Quel che è certo è che è arrivato il momento di riflettere su criteri di ripartizione basati sul concetto di un’imposta progressiva sulle emissioni: non si possono chiedere gli stessi sforzi a chi emette 2 tonnellate di anidride carbonica l’anno e a chi ne emette 100. (...)

*** Thomas PIKETTY, 1971, econimista francese, L’Occidente inquina di più. Ora paghi per i suoi consumi, 'la Repubblica', 1 dicembre 2015, © Thomas Piketty-Le Monde, traduzione di Fabio Galimberti.

LINK, articolo integrale qui

In Mixtura 1 altro contributo di Thomas Piketty qui

2 commenti:

  1. Articolo che aiuta a smontare qualche luogo comune (la Cina inquina più di tutti) e qualche numero aiuta sempre a capire meglio di cosa stiamo parlando.
    D’altro canto connettere il problema inquinamento ai soldi, mi apre pericoloso e poco utile. Il rischio è quello di fare di fare i calcoli sulla colpa (devi pagare tu..no devi pagare di più tu…), con l’implicito che chi inquina e paga di meno è quello più furbo e sta meglio. E se riesco a guadagnare tanto lo stesso, anche con le multe, tanto vale inquinare. Anzi, si rimpiange un mondo dove si poteva inquinare senza pagare.
    Dobbiamo riuscire a comprendere il senso, solo con l’aspetto monetario non ne usciamo.
    Chi inquina, sta cmq peggio, anche se non paga.
    Nessuno di noi si mette le pile esauste, in mezzo insieme agli altri rifiuti. E non perché c’è una multa. Ma perché conosciamo la pericolosità… Chi preferisce abitare in una casa con una vecchia stufa a gasolio che consuma e inquina tanto, piuttosto che in una casa clima a risparmio energetico? E’ solo una questione economica? Non penso, da una parte c’è una idea di futuro, di intelligenza attivata, di avanguardia, di bellezza; dall’altra c’è una idea di vecchio, di sorpassato, di spreco, di brutto.
    Mi ha colpito la frase “L’America settentrionale dovrebbe versare 85 miliardi (lo 0,5 per cento del suo Pil) e l’Europa 24 miliardi (lo 0,2 per cento del suo Pil). Queste conclusioni probabilmente saranno sgradite a Donald Trump e ad altri”.
    Sembra che Donal Trump – e quelli che la pensano come lui – rimpiangono il modello passato che fino a ieri ha funzionato così bene. Ma scrivendo un articolo del genere sembra quasi che gli diamo ragione…poverino pagare tanto, chi glielo fa fare. E’ fondamentale slegare il tema inquinamento dalla questione costi e vedere come tutte le cose che non inquinano sono più belle, più creative, più affascinanti, più stimolanti, più ricche, più entusiasmanti (e se costano di più è solo un dettaglio).

    Stefano Pollini

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  2. Molto d'accordo, Stefano.
    Grazie per questo commento e per la costanza con cui segui il blog attraverso i tuoi interventi puntuali.

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