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martedì 28 luglio 2015

#LIBRI PIACIUTI / "Era di maggio", di Antonio Manzini (recensione di M. Ferrario)

Antonio MANZINI, Era di maggio, Sellerio, 2015
pagine 381, € 14,00, formato ebook, € 9,99

È il quarto romanzo della serie del vicequestore Rocco Schiavone. Un appuntamento atteso; e, ovviamente, tutto come previsto: nessuna delusione per gli affezionati, anzi.
Ormai storia, protagonista, personaggi, stile sono collaudati. E brio, ritmo, intreccio sono assicurati: agli ingredienti non manca nulla per rendere saporita e trascinante la nuova vicenda, a cavallo tra 'noir' e 'giallo'.
Le pagine corrono e il lettore si gode la corsa, desideroso di scoprire il finale. Ma il finale, anche stavolta, non ha un punto: se mai un punto e virgola, tanto sembra provvisorio e rimandare alla prossima puntata.

E intanto Rocco Schiavone, con il suo caratteraccio ispido e i suoi comportamenti spigolosi, ma anche con i suoi momenti di abbandono quasi poetici al ricordo della moglie e una (tenera) relazione (forse nascente) con il suo viceispettore Caterina, sempre più è diventato l'amico di chi spia le sue vicende.
Accade: ai protagonisti dei racconti seriali che hanno cuore e anima e non sono semplici e banali 'figurine' inventate per muovere una storia. Il limite, se mai, è proprio questo: Schiavone ci è entrato dentro. Forse, come gli spinelli che si rolla la mattina, sprofondato nella poltrona dell'ufficio, ci ha indotto un po' di dipendenza. Ma è una dipendenza leggera, dolce, per nulla opprimente. Perché è come 'sospesa': e non fa male.

Così noi non possiamo che aspettare, ancora una volta. E l'unica cosa certa è che il godimento continuerà.

*** Massimo Ferrario, per Mixtura

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Rocco le cose le avvertiva prima sulla pelle e poi le capiva nella res cogitans. Ci sono vibrazioni e onde fra le persone che a volte valgono più di cento pensieri. Un po’ come quando giocava a carte con suo zio che gli diceva sempre: «Rocco, ricordati la regola del chitarrella: è sempre mejo na’ guardata che cento pensate!». (Antonio Manzini, Era di maggio, Sellerio, 2015)

«Dove... dove andiamo?». «Tu tornatene in ufficio. Me la vedo da solo». «Perché ti sei intristito?». «Perché non mi abituerò mai alla realtà, Caterina. Passano gli anni, vedo lo schifo ma non riesco ad abituarmi». «Quale realtà... di cosa stai parlando?». «Scoprire la verità, Caterì. È il mio mestiere. Mi pagano per questo. Poco ma mi pagano. E ogni volta che la scopro, vorrei chiudere gli occhi e fingere che non sia così. Ma i fatti, amica mia, quelli parlano e sono evidenti». Caterina non capiva. Guardava il vicequestore che s’era trasformato davanti ai suoi occhi. «È la merda, viceispettore Rispoli. Che tracima continuamente, e non sopporto più quella puzza. Tutto qui». (Antonio Manzini, Era di maggio, Sellerio, 2015)
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In Mixtura la mia recensione al libro precedente di Antonio Manzini, Non è stagione, Sellerio, 2015, qui
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