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venerdì 27 febbraio 2015

#RITAGLI / Riforma Rai: sarebbe semplice (M. Travaglio)

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Come si fa a farli uscire una volta per tutte da Viale Mazzini con le mani alzate e a non farli tornare mai più? 

(1) - Nel 2005 un gruppo di artisti, intellettuali e giornalisti riuniti da Tana De Zulueta e Sabina Guzzanti proposero una legge di iniziativa popolare “Per un’altra tv”, che coglieva il meglio dalle esperienze   delle emittenti pubbliche europee e raccolse le firme di 60 mila cittadini, consegnate nel 2006 al ministro   Paolo Gentiloni. 
In sintesi, proponeva: una Fondazione a cui conferire le azioni della   Rai; un Consiglio per le comunicazioni audiovisive di 21 membri, di cui 11 nominati dalla società civile (artisti, produttori, giornalisti, autori, imprenditori, utenti e sindacalisti del ramo, più esponenti delle accademie e delle università), 3 dagli enti locali e 7 dal Parlamento; un Cda da esso nominato con figure esperte scelte in un pubblico concorso aperto a chiunque esibisca il curriculum online, perché ciascuno possa verificarne la competenza e l’indipendenza; abolita la commissione parlamentare di Vigilanza, che è un ossimoro, essendo la Rai (come la Bbc) che deve vigilare sui politici e non viceversa. 
Gentiloni manifestò grande interesse per l’iniziativa, poi naturalmente fece come tutti gli altri: affidò ai partiti il compito di liberare la Rai dai partiti. E il Parlamento si guardò bene dal discutere la legge popolare. 
Ora chi ha proposte migliori le presenti, possibilmente in un dibattito pubblico e trasparente, non nelle segrete stanze di Palazzo Chigi, del Nazareno e anfratti limitrofi. 

(2) - Il decreto Renzi deve contenere rigorosi divieti contro i conflitti d’interessi nel mondo dei media (chi fa politica non può possedere neppure un’azione di concessionarie dello Stato, neppure tramite parenti o prestanome) e le concentrazioni sui relativi mercati (tetti antitrust calcolati sulle singole voci e non sul gran calderone del Sic: quote azionarie, affollamenti pubblicitari ecc.).   
Se è questo che vuol fare Renzi (si spera non da solo), merita tutto l’appoggio che gli serve e nessuno – a parte i partitocrati che vogliono tenere le zampe sulla tv, pubblica e privata – potrà contestare i requisiti di necessità e di urgenza al suo eventuale decreto. 
Se invece, come con tutte le nomine fatte sin qui, la sua rottamazione consiste nel sostituire gli amici di chi c’era prima con gli amici suoi e nel comprarsi il silenzio di B. lasciandolo ingrassare senza regole, vorrà dire che il Patto del Nazareno è sempre vivo. E la battaglia delle torri, narrata ieri dai quotidiani di regime come un’epica lotta fra San Matteo defensor Rai e il rapace Caimano, è l’ennesima finta. Perché sono due torri gemelle.

*** Marco TRAVAGLIO, giornalista, saggista, direttore de 'Il Fatto Quotidiano', da Le Torri Gemelle, 'Il Fatto Quotidiano', 27 febbraio 2015. 

Per l'articolo completo, vedi 'triskel182', 

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