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venerdì 12 dicembre 2014

#LIBRI PREZIOSI / Lettere 1941-1943, di Etty Hillesum (recensione di M. Ferrario)

Etty HILLESUM, Lettere 1941-1943, edizione integrale, p. 269, Adelphi, 2013, € 22,00, ebook, € 11,99.

Un documento che ha dell’incredibile. Una testimonianza di come l’umano, anche in situazioni di massima disumanità, possa conservarsi integro, sviluppando anzi una forza interiore capace di alimentare spiritualità e, nonostante tutto, amore per il prossimo.

Ciò che colpisce, e per certi versi sconvolge, è che la forza espressa da Etty Hillesum per resistere e mantenere equilibrio di sé e apertura al mondo non nasconde e non rimuove il male che attorno sembra trionfare. Non c’è edulcorazione della realtà. La vista resta intatta, e osserva e registra, senza infingimenti e a 360 gradi, tutto quanto accade: le atrocità e le miserie, la ferocia criminale ostentata dagli anni folli del nazismo e i piccoli comportamenti miserevoli dell’umanità quando viene sconfitta nella sua umanità.

Certo, la fede in Dio, più volte evocato dall’autrice, è per lei un sostegno imprescindibile. Ma a me pare che questa fede nel ‘trascendente’ sia soprattutto fede nella vita: nella capacità della vita, appunto, di restare e di mantenersi viva. Di continuare a produrre vitalità. Comunque e a dispetto di qualunque Male.

Queste righe di Etty Hillesum dicono più di ogni commento:

«Volevo solo dire questo: la miseria che c’è qui è veramente terribile – eppure, la sera tardi, quando il giorno si è inabissato dietro di noi, mi capita spesso di camminare di buon passo lungo il filo spinato, e allora dal mio cuore si innalza sempre una voce – non ci posso far niente, è così, è di una forza elementare –, e questa voce dice: la vita è una cosa splendida e grande, più tardi dovremo costruire un mondo completamente nuovo. A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un frammento di amore e di bontà che bisognerà conquistare in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere. E se sopravvivremo indenni a questo tempo, corpo e anima ma soprattutto anima, senza amarezza, senza odio, allora avremo anche il diritto di dire la nostra a guerra finita. Forse sono una donna ambiziosa, ma anch’io vorrei dire una parolina.»

Altro che una parolina. 

*** Massimo Ferrario, per Mixtura

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