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giovedì 17 novembre 2022

#FAVOLE & RACCONTI / I tre insegnamenti dell'uccellino (Massimo Ferrario)

Un ricco signore passeggiava, calmo e contento, nel giardino della sua villa: amava la natura e la giornata era bella. 
Improvvisamente notò un piccolo uccello caduto in una retina predisposta dai servitori per catturare i roditori che rovinavano alcune piantine cui era molto affezionato. 

Prese in mano il piccolo animale con delicatezza ed ebbe una reazione sbigottita quando l’uccellino cominciò a parlare: 
- O caro signore, ti prego, liberami. A che ti serve chiudermi in una gabbia? Guardarmi non ti piacerà, perché non ho piume colorate e splendenti che stupiscono. Non posso intrattenerti, perché non ho il canto melodioso che affascina. E non posso esserti di nutrimento, perché sono troppo piccolo, tutto ossa e poco grasso. Se invece mi libererai, potrò compensarti con tre saggi insegnamenti.

L’uomo, superata la sorpresa, guardò con attenzione e simpatia la piccola creatura e commentò: 
- Dici la verità, mio sfortunato uccellino: in realtà sei piccolo e ossuto, hai penne grigie e comuni. E se non canti, ovviamente non puoi intrattenermi. Fammi allora sentire la tua saggezza: e se mi insegnerà qualcosa che merita, ti darò la libertà.

L'uccellino non si fece ripetere la promessa e fu pronto a sentenziare i suoi tre avvertimenti.
- Allora, ecco, caro signore. Come prima cosa, ti dico: non piangere per cose già accadute. Aggiungo, come secondo monito: non desiderare ciò che è irraggiungibile. E la mia terza massima è: non credere in ciò che non è possibile.

Il ricco signore continuava a essere stupefatto: non solo l’uccellino parlava, ma sapeva dire cose profonde.
- Confesso che mi hai davvero insegnato, uccellino. Manterrò la promessa e ti renderò libero. Ecco: ti slego la zampina e la trappola non è più una trappola.

Mentre l'uccello se ne volava via, l’uomo ripensava seriamente alle parole appena ascoltate. 
Ma proprio in quel momento sentì che l’uccellino se la rideva allegramente. La sua risata, schietta e irrefrenabile, proveniva da un albero lì vicino: si era posato sul ramo più alto e da lì guardava il ricco signore che aveva alzato la testa proprio per individuarlo. 
- Caro uccellino, immagino tu sia giustamente contento di essere tornato a volare libero tra gli alberi. Ma c’è qualche altra ragione per cui ora stai ridendo in modo tanto sguaiato e senza freni? - chiese l'uomo, fissando dal basso, incuriosito, il suo interlocutore. 

L’uccellino ricacciò in gola l’ultimo singulto di risata e non si fece pregare a dare spiegazioni: 
- Sì, caro signore, hai colto bene: c’è una ragione. Rido, come tu supponevi, perché sono felice della mia libertà ritrovata. Ma rido soprattutto perché questa libertà me la sono conquistata molto facilmente. E ancora di più, rido per la follia di voi uomini che credete di essere più intelligenti di tutte le altre creature.

Il ricco signore non capì. E si sentì anche offeso. 
- Spiegami: secondo te io sarei un uomo stupido?
L’uccellino annuì, scuotendo il capino su e giù: 
- Non ti arrabbiare. Ma se tu fossi stato intelligente almeno quanto me, ora saresti un uomo ricco.
- Ma io sono già ricco -, precisò il signore. 
- Bene. Lo saresti ancora di più. 
- E come sarebbe stato possibile? - chiese il padrone del giardino.
- Semplice -, affermò con convinzione l’uccellino, che voleva dimostrare di essere più furbo dell’uomo. - Se invece di ridarmi la libertà, mi avessi tenuto prigioniero, avresti scoperto alla mia morte che io ho in corpo un diamante delle dimensioni di un uovo di gallina.

Il ricco signore era come pietrificato. 
L’uccellino nascondeva un diamante così grosso in corpo? 
In effetti, chi, anche se già ricco, avrebbe potuto rifiutare una pietra tanto preziosa di quelle dimensioni?

Dopo essersi ripreso dalla sorpresa, l’uomo non rinunciò a mantenere aperto il dialogo con il suo strano interlocutore. 
- Tu, caro il mio uccellino, pensi di essere felice perché io ti ho ridato la libertà. Puoi aver ragione. Ma forse, più probabilmente, te ne pentirai tra breve. Amaramente. Perché l’estate sarà presto finita e arriverà l'inverno con le sue tempeste. I ruscelli si congeleranno e allora tu non sarai in grado di trovare una sola goccia d'acqua per dissetarti. I campi saranno coperti di neve e non troverai nulla da mangiare. Io invece ti avrei dato un posto caldo e un luogo come questo giardino dove ogni tanto, fuori dalla grande gabbia che potevo predisporre per te, avresti potuto volare liberamente. E poi, naturalmente, avresti avuto in ogni momento tutta l'acqua e tutto il cibo che ti potevano servire. Ma sei ancora in tempo, caro uccellino: scendi dall’albero e ti mostrerò che stai meglio con me che con la tua libertà.

Per tutta risposta l'uccellino rise ancora più forte della prima volta. Ormai non era una risata, la sua, era uno sghignazzo:  e questo fece arrabbiare il ricco signore. 
- Non ti sei stancato di ridere? - chiese l'uomo. - Oltre che saggio, ti credevo buono e gentile. Ma evidentemente mi sono sbagliato: mi accorgo ora che i tuoi modi sono insopportabili.
- Può darsi -, rispose l'uccello. - Ma ti dico solo poche: così vedi tu se non ho ragione di divertirmi ascoltando le tue parole. Mi hai concesso la libertà perché mi hai detto di aver apprezzato i miei insegnamenti; eppure sei così sciocco che li hai subito dimenticati. Ti ho detto: non devi piangere per le cose che sono accadute; eppure sei già dispiaciuto di avermi concesso la libertà. Ti ho detto: non devi desiderare cose che non puoi ottenere; eppure vuoi che io, che considero la libertà la cosa più importante della mia vita, accetti volontariamente di entrare in una prigione. E per finire, ti ho detto: non devi credere a ciò che è impossibile; eppure credi che io stia nascondendo davvero dentro il mio corpo un diamante grande come un uovo di gallina, anche se io stesso, con tutto il mio corpo, misuro solo la metà delle dimensioni di un uovo di gallina. Penso tu abbia materia abbondante per riflettere, caro signore.

Il ricco signore non trovò parole per rispondere, ma, se anche le avesse avute, le avrebbe ascoltate solo lui: l’uccellino, dopo essersi prodotto nell’ultima risataccia denigratoria, con un frullo d’ali, era già volato lontano. 

*** Massimo FERRARIO, I tre insegnamenti dell’uccellino, per ‘Mixtura’ - Libera riscrittura di un racconto di origine polacca di Otto Knoop, 1853-1931, floklorista polacco Die drei Sprüche, in Ostmärkische Sagen, Märchen und Erzählungen (Lissa: Oskar Eulitz' Verlag, 1909), no. 72, pp. 147-149, traduzione in inglese di DL Ashliman, pubblicato online in DL Ashliman (a cura), 1938, scrittrice e folclorista statunitense, 'Folklore and Mythology Electronic Texts', Università di Pittsburg


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