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sabato 14 novembre 2020

#MOSQUITO / Post impopolare (Simona Baldelli)

Furoreggia, da qualche giorno, il video della ex étoile malata di Alzheimer che reagisce alla musica del Lago dei cigni.

La prima volta che l’ho visto, sul profilo di un’amica, ho commentato “che bellezza, non ha mani, ma ali”. Poi l’ho visto su un altro profilo, e un altro ancora, e di nuovo, e ancora, ancora. 
Ho cominciato a provare fastidio, senza capire bene perché.
Me ne sono resa conto oggi all’alba, mentre su Rainews24 andava il video di quel pover’uomo morto al Cardarelli.
Ho capito che il mio disagio proveniva dal bisogno di pudore. 

Attenzione, non sto dicendo che non sia importante ricordare, ricordarci, che la musica, l’arte in genere, (la vita, potremmo dire?) vincono sulla malattia.
Quello che mi sono chiesta è se il pudore possa essere sacrificato sull’altare di un nostro bisogno egoistico e un po’ voyeur (per noi che guardiamo) e sulla voglia di protagonismo di chi ruba quelle immagini. 

Io non so se quella donna avesse voglia di essere esibita urbi et orbi (immagino faccia fatica a percepire se stessa e ciò che la circonda in maniera oggettiva) o se, potendo scegliere con consapevolezza, non preferisse essere ricordata per la ballerina che era, al di fuori della sua cerchia famigliare e affettiva. 
E l’uomo morto al Cardarelli, mi chiedo, ancora in vita, avrebbe gradito che l’ultima immagine di lui lo ritraesse riverso sul pavimento di un bagno d’ospedale? 

Sono vecchia, e faccio parte di una generazione i cui padri e madri, ancora con un filo di lucidità, sceglievano dall’armadio il vestito migliore da indossare per l’ultimo viaggio, le scarpe ancora buone, se non nuove addirittura, e una foto decorosa con cui essere ricordati. 
Altra cosa se decidiamo, nel pieno delle nostre facoltà, di fare della malattia, (della vecchiaia, o della povertà), una denuncia, un racconto. Ma, se questa scelta non c’è, ecco, io che guardo, mi sento una ladra. 

L’arte, che fa parte della vita, ci aiuta però a trasfigurarla, a diventare altro da noi, è finzione al servizio della realtà, e non viceversa.
Mettiamo che un giorno io sia in quelle condizioni e qualcuno, (con tutte le buone intenzioni, per carità) per richiamare dall’oscurità una parte di me mi leggesse, che so, l’incipit di Evelina e le fate, e qualcosa nella mia testa sbrindellata reagisse, e mi mettessi a piangere, vorrei che fosse un fatto privato, e non che finisse sotto gli occhi di estranei. 

Soprattutto vorrei chiedere, al gentile lettore: ma perché hai acceso quella telecamera? E, soprattutto, perché devi pubblicare quel filmato? Non sei venuto a leggere per me? Mi stai usando per avere il tuo pubblico? Io, io vecchia, malata, dimentica di me stessa, io, con il mio pudore, la mia dignità, in tutto questo, dove sono?

*** Simona BALDELLI, scrittrice e drammaturga, Post impopolare, facebook, 12 novembre 2020, qui


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