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sabato 4 aprile 2020

#MOSQUITO / Tutti imprenditori della propria vita (Miguel Benasayag)

Le nostre società dette ‘postmoderne’ – società in cui le democrazie hanno, ammettiamolo, un po’ di piombo nelle ali e che si pretendono non razziste, non sessiste, non omofobe eccetera – hanno in compenso adottato all’unanimità una nuova griglia di lettura per interpretare i comportamenti dei loro cittadini. Ciascuno di noi è chiamato a diventare l’imprenditore della propria vita: autonomo, performante, dinamico e, non dimentichiamolo…, felice! Infatti, nelle nostre società ‘ugualitarie’, tutti possono ‘tutto’ – anche se per la verità solo sulla carta… Se state male, siete disoccupati, malati, deboli, non avete che da prendervela con voi stessi, è colpa vostra. Tristezza e debolezza sono diventati veri e propri difetti, ‘segni’ del fatto che amministriamo male la nostra ‘impresa’ (leggi: la nostra povera persona). Il mondo si divide in winners (responsabili, performanti) e in losers, la cui incapacità di gestione determina il fallimento della loro impresa personale. E ciò ha inizio già dalla culla o quasi: i giovani devono imparare fin da subito a non perdere tempo, a orientare la loro vita verso il successo, il buon funzionamento della loro ‘impresa’. Quanto ai vecchi… Diciamolo subito anche se può apparire strano: oggi la vecchiaia è ‘male’. Mostrare la propria fragilità sembra ormai qualcosa di trasgressivo. Al massimo, ciò che un vecchio ha diritto di esibire sono quelli che si potrebbero chiamare segni di ‘non-vecchiaia’. E in particolare segni di potere: un’auto grande e potente, molti soldi, gadget tecnologici (e guai a far vedere che non si è capaci di usare il proprio cellulare!) e cose simili. E se il vecchio non può evitare di mostrare la propria fragilità, dovrebbe giustificarsi, chiedere scusa di esistere!

*** Miguel BENASAYAG, 1953, filosofo e psicoanalista argentino, Funzionare o esistere?, Vita e Pensiero, 2019


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