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lunedì 10 febbraio 2020

#SPILLI / A proposito di giudizi, di 'feedback' e della 'banalità dell'inconsistenza' (Massimo Ferrario)

Un episodio sciocco, eppure, forse, anche nella sua piccolezza, istruttivo.

In rete, in una discussione avviata da un collega in tema di comportamenti organizzativi e del ruolo giocato (o non giocato) da chi ha la funzione di consulenza/formazione, ho cercato di spiegare, in almeno due interventi, la differenza (banale) tra dare feedback (fondati, argomentati, possibilmente condivisi con l'interessato) e 'sparare' giudizi a mo' di sentenze, magari pure motivati (secondo chi li dà), ma con il taglio 'top-down' che impedisce al discente di capirli e accettarli. 
Inoltre (sempre più che banalmente), mi ero permesso di sottolineare che le 'coccole', veicolate in varia forma ma comunque sempre tendenti a pompare motivazione, quando sono insincere, perché non corrispondenti ai dati di realtà evidenziati dal soggetto interessato, non sono un fattore che aiuta il miglioramento e lo sviluppo. Anzi. 

Come è purtroppo nella norma statistica, nelle chat ma non solo, a un certo punto appare il contributo di una persona che prescinde dagli scambi sino a quel momento avvenuti.
Costei, con la solita autocentratura che contraddistingue molti comportamenti attuali, virtuali e non, credendo di essere originale e avendo per lo più capito 'fischi per fiaschi' della discussione precedente (e voglio dare per scontato il non scontato: e cioè che la tizia si sia degnata di prendere in considerazione i contributi già postati prima di inserire il suo), nonostante il titolo formale e pomposo, ovviamente in inglese, di Change Manager and Trainer (titolo che dovrebbe far presumere, se non la capacità di 'fare cambiamento', almeno la capacità di leggere senza fraintendere un testo in italiano), scrive
"Provo a ribaltare la questione, ma siete proprio sicuri sicuri che non si riesca a dare una valutazione negativa senza che l'altro si senta giudicato? e siete sicuri che elogiando o cmq sottolineando aspetti positivi e dando feedback positivi non si riesca ad ottenere risultati? d'altra parte con i feedback negativi (brutali) si arriva a ferire l'altro e a indicargli una nuova via, che poi sceglierà nella vita reale? 
Secondo me è nella coccola, nella carezza, autentica (e qui sta il problema a volte), che si possono accogliere suggerimenti e far vedere i risultati che si possono ottenere cambiando...".

Mi costringo a un intervento pacato. 
Evito di notare l'avvio, retorico e un po' supponente del tipo 'ora arrivo io a dirvi la verità', condensato in quel 'ma siete proprio sicuri...?'. E, con pazienza forse un un po' troppo didascalica (difficile perdere il vezzo di una professione giocata per quarant'anni, pur senza titoli anglosassoni,  in consulenza e tra un'aula e l'altra di formazione), rispondo, rifacendomi a ciò che, non solo da me, era già stato esposto: 
"Almeno per quanto mi riguarda mi pare di essere stato chiaro nel distinguere fra 'giudizi' e 'feedback'. E quanto alle 'coccole', nessuno mette in dubbio il loro valore motivazionale. Per me vanno (banalmente) stigmatizzate se e quando sono profuse in esclusiva, anche quando non hanno fondamento (e quindi sono insincere). Credo che si cresca non solo quando ci viene detto 'bene, bravo, avanti così', ma anche quando veniamo messi in condizione di sapere cosa non va (almeno dal punto di vista degli altri, specie se questi altri hanno la funzione titolata, e anche con noi 'contrattata', per farlo e sono capaci di farlo). Se (quando è il caso) non ci viene detto 'no, così no, dovresti cambiare' (in maniera argomentata e fondata), ci viene tolta la possibilità di crescere. In una parola, non siamo 'rispettati'. Né come bambini, destinati domani a essere adulti. Né come adulti. Siamo semplicemente manipolati. Magari pure con le migliori intenzioni. E dovremmo sapere quanto male ci viene fatto (spesso) quando gli altri 'lo fanno per il nostro bene'."

Ho già riferito tre volte l'aggettivo 'banale' e l'avverbio 'banalmente' ai pensieri che più sopra ho avuto modo di esprimere. Potrei ripetermi una quarta e quinta volta per definire il mio commento e l'intero piccolo caso qui descritto come ambedue del tutto 'banalissimi'.

Eppure, anche il banale può insegnare. 

Non vorrei fare il verso a chi, ben più autorevole di me e a proposito di fatti di peso incommensurabile, neppure lontanamente paragonabili all'insipido fatterello qui narrato, ha parlato di 'banalità del male'.
Ma poiché so che l'esperienza raccontata non è esclusiva e originale e ognuno può riscontrare nella propria casistica di scambi relazionali, di lavoro e non, entrate a gamba tesa del tutto gratuite, solo spinte dalla pulsione di farsi notare credendo di dire cose uniche al mondo, a me questi tempi, troppo spesso percorsi da narcisismo, superficialità, frettolosità nell'ascoltareincapacità di capire, suggeriscono l'immagine della 'banalità dell'inconsistenza'. 

Un'inconsistenza ancora più grave se, in linea con il titolo ampolloso di cui godiamo, siamo pure chiamati, addirittura, a fare cambiamento e formazione.

*** Massimo FERRARIO, A proposito di giudizi, di 'feedback' e della 'banalità dell'inconsistenza', per Mixtura


In Mixtura ark #Spilli di Massimo Ferrario qui

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