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domenica 9 febbraio 2020

#RILEGGERE / Un'invettiva sempre più invettiva (Massimo Ferrario)

Ogni anno sento il bisogno di riproporre un'invettiva che non si placa: anzi, cresce più invettiva che mai.
Un'invettiva che è in morte di Eluana Englaro.
Ma che è anche (soprattutto) 'per' la vita - vera, libera, dignitosa - di ognuno di noi.

E' banale ciò che cocciutamente alcuni di noi continuano a chiedere, nell'indifferenza generale e contro una ideologia apparentemente compassionevole, ma di fatto disumana e spietata.

Chiediamo (esigeremmo) che ognuno, banalmente, possa decidere sul suo fine-vita, quando questo fine-vita non è più vita, ma è soltanto una fine che si è già prodotta nella 'sua' vita.

Perché la vita, dono o non-dono che sia (per me non lo è, perché non credo nell'esistenza di un donatore: ma questo, per il tema specifico, non ha la minima importanza), quando non è più vita, 'può' essere rifiutata. Naturalmente non 'deve'. Ma 'può'. Almeno da chi ha deciso di rifiutarla.

Niente e nessuno, a parte me stesso, mi obbligano a vivere una vita che pure sia vita a tutti gli effetti: nel suo essere fisico più pieno e 'vitale. Perché il benessere fisico, come sappiamo, non è il benessere psicologico e i due 'benesseri' possono non andare d'accordo.

Ancor meno, però, può esistere una imposizione violenta, tra l'altro santificata da una legge, che costringa chi opta per scelte di dignità umana a 'funzionare' (non più a 'vivere'), per giunta solo in forza di macchine che 'funzionano' al posto di suo: al posto di una persona che non c'è più.

Per questo, anche quest'anno, rimando al link di 'Mixtura' in cui compare la mia Invettiva laica: l'ho scritta nel 2009 e rimpiango solo di non essere stato capace di urlarla più forte, mettendoci dentro ancora più ardore e furia.

Ricordando Eluana e le donne e gli uomini che come lei hanno subito la stessa tortura. 
O che possono, ancora, nonostante tutto, subirla domani.

M. Ferrario, Invettiva laica, 9 febbraio 2009, qui


In Mixtura ark #Rileggere qui

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