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domenica 24 novembre 2019

#SGUARDI POIETICI / La rabbia della sopravvissuta (Choman Hardi)

Sono stufa di testimoniare il mio dolore –
giornalisti che mi chiedono di cantare una ninnananna per
i miei figli morti, da mandare in onda durante le commemorazioni,
funzionari governativi che usano la mia storia come propaganda
durante le elezioni, attiviste che mi forzano a parlare
dello stupro solo per dimostrare che le donne sono oppresse,
ricercatori che dicono che stanno registrando la storia quando
non fanno altro che girarmi il coltello nella piaga.

È la mia storia, non la vostra. Dopo che avete spento
i registratori io rimarrò in casa a piangere.
Perché la gente non capisce? non sono un eroe,
né sono Dio, e non sopporto parlare di perdono.
Per anni sono andata a ogni veglia. Ho pianto a ogni
funerale. Continuavo a chiedere: Perché? Ma non
capirò mai. Ora a malapena sopravvivo piantando
cetrioli, e lei mi ha interrotto, credendo

in un mondo diverso dove regna la giustizia, guardando
i figli che mi restano mentre dormono. Risparmiatemi la vostra disperazione
e comprensione. Non potete resuscitare i morti, sfamare
i miei figli affamati, portarmi dignità e rispetto.
Prendetevi la storia e andatevene via. Non tornate mai
più, non ne voglio sapere.

*** Choman HARDI, 1974, poetessa curda, La rabbia della sopravvissuta, Considering the Women, traduzione di Paola Splendore per La crudeltà ci colse di sorpresa, Edizioni dell’asino, 2017, riprtata in 'labottegadelbarbieri.it', 21 aprile 2018, qui


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