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martedì 19 febbraio 2019

#MOSQUITO / Regioni, la secessione dei ricchi? (Gianfranco Viesti)

Va infine notato un ulteriore, fondamentale, aspetto della “secessione dei ricchi”. I suoi sostenitori hanno richiamato più volte l’importanza del pronunciamento popolare che si è verificato con i referendum: per la verità in misura più netta in Veneto che in Lombardia, dove il 62% degli elettori non si è espresso. Dato che l’autonomia è stata richiesta, essa va concessa. Ma la sovranità sull’eventuale attuazione dell’articolo 116.III della Costituzione non è delle regioni e delle comunità regionali. Esse possono richiedere ulteriori forme di autonomia, ma è il Parlamento, in rappresentanza dell’intera comunità nazionale, che può concedere questi maggiori poteri. 

L’effettivo esercizio di questa sovranità potrebbe però essere a rischio. Il percorso attuativo dell’autonomia differenziata prevede infatti che il Governo concluda un’Intesa con ciascuna delle regioni che ne hanno fatto richiesta. Tale Intesa viene poi sottoposta alle Camere. Esse non hanno possibilità di emendarla. Né hanno la possibilità di entrare nel merito dei suoi contenuti ed esprimere indirizzi. Possono approvarle, con un voto a maggioranza degli aventi diritto, o respingerle. Voto che può naturalmente essere influenzato da considerazioni contingenti di natura strettamente politica. 

Se le Intese sono approvate dal Parlamento, tutto il potere di definizione degli specifici contenuti normativi e finanziari del trasferimento di competenze e risorse è demandato a Commissioni paritetiche Stato-Regione, sottratte a qualsiasi controllo parlamentare. Non è possibile tornare indietro, per dieci anni. Queste decisioni non possono essere oggetto di referendum abrogativo. Parlamento e Governo non possono modificarle se non con il consenso delle regioni interessate; ed è assai difficile immaginare che esse, una volta ottenute competenze, risorse, personale, accettino di tornare indietro. Si può solo immaginare che la Corte Costituzionale verrebbe chiamata ad esprimersi su moltissimi aspetti di conflitto fra quanto viene deciso e i principi fondamentali della Repubblica, aprendo così anche una lunga stagione di incertezza normativa. 

Le regioni a statuto ordinario e ad autonomia differenziata godrebbero di un potere di interdizione di qualsiasi iniziativa statale persino superiore a quello delle regioni a statuto speciale. Governo, Parlamento e cittadini italiani sarebbero privati di qualsiasi potere d’iniziativa. Una vera e propria secessione.

*** Gianfranco VIESTI, economista, Verso la secessione dei ricchi? Autonomie regionali e unità nazionale, Laterza, 2019.


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