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venerdì 11 maggio 2018

#SPILLI / Governo, il peccato organizzativo di origine (M. Ferrario)

Evito considerazioni varie sulla iattura del governo giallo-verde che si profila all'orizzonte: un'alleanza che prevedo tossica per la comune visione demagogica dei protagonisti e per il baricentro pericolosamente 'fascioleghista' che la caratterizza. 
Mi limito a una sola osservazione, di tipo organizzativo, partendo da un dato strutturale che, dalle notizie che si hanno, sembra marcare la costituzione del governo in fieri.

Condenso in poche righe il possibile peccato organizzativo d'origine che la coppia Di Maio-Salvini starebbe immaginando come soluzione al problema del futuro capo del governo.

Una diarchia, destinata ad una strutturale e persistente competizione narcisistica interna e spasmodicamente spinta ad affermare due leadership singole una contro l'altra armata (anche per mantenere costantemente 'gasati' i rispettivi elettorati, cui è stato anticipatamente venduto qualcosa di simile al 'paradiso in terra'), decide di far nascere un 'governo insieme', scegliendo di lasciarsi 'pilotare' da un presidente del Consiglio 'terzo' e condiviso, il quale, proprio per adempiere al ruolo assegnatogli, sarebbe chiamato ad andare oltre la 'parzialità' dei due 'competitori-leader-collaboratori' che di fatto lo hanno 'nominato', esercitando su di loro un'autorità di indirizzo e controllo.

Non riesco a non pensare a una 'normale' organizzazione di lavoro in cui due 'primedonne', ipermotivate all'autoaffermazione (come solo i 'maschi-alfa' sanno essere, forse soltanto superati da certe donne in 'simil-maschio', oggi sempre più numerose), si scelgano il capo: salvo una sovrumana maturità dei due 'narcisi-collaboratori' (ma maturità e narcisismo sono, in partenza, quanto meno un ossimoro difficilmente praticabile) e una eccezionale capacità del capo di 'essere capo' (e non solo di 'fare il capo') in un contesto delicato di tal tipo, quasi impossibile da governare, mi pare che il finale sia prevedibile.

Non credo che un governo, in questo caso, obbedisca a meccanismi di funzionamento tanto diversi da una 'organizzazione di lavoro': essendo anch'esso, nella sostanza (e sperabilmente), una struttura chiamata a 'organizzare lavoro', tenendo insieme, secondo criteri di efficacia e di efficienza, persone, compiti e prestazioni, in funzione di una visione generale e dei conseguenti obiettivi che ne discendono.

Perciò, nella scelta che si prospetta per la futura possibile accoppiata giallo-verde, vedo un futuro scuro.
Il presidente del Consiglio ha due strade.
(1) - Se è stato scelto proprio in virtù di una sua debolezza congenita da 'vaso di coccio' e di una disponibilità diligente e 'a priori' ai voleri altrui e si acconcia a svolgere il ruolo 'pro forma', galleggiando come un turacciolo tra i continui marosi sollevati dai due 'veri' capi del governo in lizza tra loro, rinuncia conseguentemente a 'fare sintesi' e a 'orientare' (dunque a svolgere la funzione di presidente del Consiglio), lasciando il governo in balia di se stesso e dei due narcisisti competitori: e, in questa eventualità, lo sfascio è solo questione di tempo.
(2) - Se invece ha qualità e volontà per presidiare e far rispettare la funzione e non intende mostrarsi suddito verso chi l'ha scelto, per quanto abile possa essere sul piano diplomatico, deve mettere in conto lo scontro permanente: e alla fine (una fine non troppo lontana) si prospetta la resa, con la relativa sconfitta di tutti. 

L'organizzazione ha regole non facilmente violabili: le eccezioni, per definizione, sono sempre ammesse, e quindi la previsione potrebbe rivelarsi errata, ma se le premesse sono quelle che appaiono, con i due protagonisti che hanno i tratti caratteriali di ambizione e di orientamento al potere che conosciamo e, per giunta, sono alla mercé delle attese, tra l'altro non del tutto sovrapponibili, dei due 'popoli' che in questi anni hanno quotidianamente 'sobillato' e 'pompato', rottura e fallimento paiono essere iscritti all'origine.

Non credo di essere condizionato da un wishful thinking
Anche se, lo confesso, quando il fallimento si realizzerà (sempre che il governo non abortisca prima ancora di nascere), stapperò spumante della migliore qualità: sperando che le macerie prodotte fino a quel momento siano ancora esigue e facilmente trasportabili in discarica e che venga messo un (definitivo) punto-e-a-capo all'esperienza.

*** Massimo Ferrario, Governo, il peccato organizzativo di origine, per Mixtura


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