Ci siamo chiesti per molto tempo come sarebbe stata la famosa uscita dal trentennio thatcher-reaganiano, quello del capitalismo individualista, competitivista, globalista, mercatista, ottimista, vincista.
Mi sembra che l'esperimento italiano stia iniziando a dare una risposta, peraltro non così diversa dalla tendenza recente americana (Trump, il piano di espansione economica con le infrastrutture, i dazi etc) e ungherese (la destra popolare di Orban).
È una risposta in cui il capitalismo propone/impone un nuovo patto con le classi basse e impoverite; un patto che passa attraverso misure di protezione (reddito, pensioni) e di sicurezza (frontiere più chiuse a persone e merci) mixate a regalie ai ceti più alti (flat tax da noi, la riforma fiscale di Trump, ad esempio).
È una forma di "capitalismo protettivo" che peraltro ha dei precedenti teorici nel passato (un tempo si chiamava destra sociale), ha anche qualche vessillifero tra i contemporanei (mi vengono in mente Alain De Benoist e forse da noi Marco Tarchi) e pure degli scrittori vivi o defunti (mi viene in mente Houellebecq, e forse la parte meno irragionevole di Pound).
In ogni caso - nel 2018, nell'era postindustriale - è una forma originale di mix destra-sinistra.
Questo non è un endorsement, sia chiaro. È un tentativo di capire cosa sta succedendo, oltre le tifoserie grilloleghiste ma anche oltre gli anatemi (che peraltro provengono in buona parte da chi ha emulato il modello fallito del trentennio 1980-2008).
*** Alessandro GILIOLI, giornalista e saggista, facebook, 14 maggio 2018, qui
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