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venerdì 27 aprile 2018

#SPILLI / M5S-PD, e un appoggio esterno? (M. Ferrario)

A distanza di quasi due mesi dal voto, con il persistere del nulla di fatto in tema di possibile governo, come ognuno dei 40 milioni di cittadini italiani adulti sono ben contento di non dovermi trovare nei panni del Presidente della Repubblica.
Il garbuglio è tale che anche la soluzione del 'governo del Presidente', immaginata come ultima carta, appare sempre più improbabile, per il facile rifiuto, già anticipato, dei due partiti 'vincitori' e per la disponibilità ad oggi non scontata, e peraltro numericamente insufficiente anche se concessa, di ogni altra forza parlamentare. Altamente probabile, invece, si prospetta l'ipotesi di nuove elezioni, tra l'altro ad oggi in assenza di una legge elettorale che mandi al macero il rosatellum: una norma che, se pure non è colpevole dello stallo in cui siamo, resta comunque uno strumento pessimo, oltre che per aver sottoposto agli elettori dei nominati, impedendogli di scegliere chi eleggere, anche (e forse soprattutto) per non aver trovato il 'giusto' equilibrio fra le due esigenze oggi entrambe avvertite come critiche in un sistema elettorale e che dovrebbero tenere insieme rappresentatività con governabilità.

In questi giorni, comunque, dopo la chiusura del fronte M5S-CentroDestra, sembra attivarsi il fronte M5S-PD. E l'idea di un governo possibile fra due partiti che per cinque anni si sono sparati insulti quotidiani suscita reazioni vivaci e crescenti in ambedue le basi elettorali.

Credo sia comprensibile. E ancora più comprensibile penso sia la resistenza, quando non il rifiuto aprioristico, dei renziani.
Non ho problemi ad affermare questo perché chi mi conosce non può dubitare del mio antirenzismo radicale, negli anni diventato sempre più virulento. Renzi e i suoi accoliti, rappresentati da un ceto pseudodirigente 'uso ad obbedir tacendo', quando non ad applaudire il capo sempre più tronfio e arrogante ad ogni sconfitta, hanno distrutto tutto il distruttibile, partito compreso: mescolando dosi perverse di scelte politiche sbagliate e modalità di azione autoriferite e strafottenti, in una ricerca impudente di potere percepito vantaggioso solo per un gruppo di privilegiati.
Eppure, anche se Renzi e i suoi più stretti seguaci non esistessero numerosi come sono e capaci di condizionare il partito, l'ipotesi di un accordo di governo tra PD e M5S continuerebbe ad apparirmi assai improbabile.

Sì, Di Maio ha spiegato con chiarezza la differenza tra 'contratto' e 'alleanza', cercando di tranquillizzare le due basi di M5S e PD sulla rispettiva reciproca alternatività delle impostazioni di fondo.
Ma questa rassicurazione non scioglie i dubbi: stare al governo con visioni diverse, tanto distanti da essere su molti punti opposte, come oggettivamente è tra M5S e PD, renderebbe quanto meno problematica la realizzazione di qualunque 'contratto', per quanto dettagliato e 'alla tedesca'. Anche perché 'alla tedesca' significa appunto che il 'contratto' non sarebbe 'tedesco', ma 'alla italiana'. E questo farebbe la differenza sostanziale.
E poi, particolare fondamentale finora sottaciuto da ogni commentatore, il patto sarebbe siglato senza essere preceduto da una aperta e abbondante autocritica, da parte della dirigenza e della base, circa le politiche e le prassi fin qui adottate dai due partiti, sia rispetto ai contenuti (fino a ieri promossi con grande strepito di fanfare, nella convinzione assoluta e dogmatica che avrebbero 'salvato l'Italia'), sia rispetto alle reciproche relazioni, fin qui ostentatamente tenute sulla punta delle armi ogni giorno dell'anno da cinque anni.
Insomma, tutto si può fare: anche rivoltare a U visione, valori, politiche, comportamenti. Ma ci vuole tempo per digerire e far digerire il cambiamento quando si vuole mettere in campo una inversione e non un adattamento, o, peggio, un camuffamento opportunistico. Altrimenti, nel migliore dei casi è forzatura 'innaturale' che implode alla prima occasione; e nel peggiore dei casi è (auto)inganno, con relativa presa in giro di militanti, elettori, cittadini.

E allora, che si fa? 
Che si fa, soprattutto, per impedire la saldatura, al momento evitata ma mai scongiurata, tra M5S e Lega: un'accoppiata pericolosa, soprattutto per le spinte populisticamente xenofobe, sovraniste e antieuropee di cui Salvini si è fatto interprete e promotore attivo lungo tutto lo Stivale?

Mi è già capitato di dire che, ferma restando, a mio parere, l'estrema improbabilità del successo di un accordo in forma di 'contratto' tra M5S e PD, io vedrei almeno due condizioni indispensabili perché comunque si tenti questa strada: 
(1) La prima è la preventiva messa fuori campo sia di Di Maio che di Renzi, ambedue simboli incandescenti del contrasto storico fra i due partiti.  
(2) E la seconda è l'abbandono, da subito, dell'idea di un governo a due M5S-PD e la sua sostituzione con lo sforzo di costruire un monocolore M5S con appoggio esterno PD. 

So le obiezioni: (a) I due, Di Maio e Renzi, non si tireranno mai indietro. (b) L'appoggio esterno PD lascerebbe il M5S appeso al filo del possibile continuo ricatto PD.

Entrambe le obiezioni sono più che fondate e rischiano di chiudere la strada prima ancora che venga aperta. 
Tuttavia credo che la condizione del monocolore M5S, per quanto improbabile, sarebbe l'unica possibile che un PD, anche finalmente derenzizzato, potrebbe accettare senza dover capitolare di fronte alla sua immagine e alla sua storia. Senza contare che un coinvolgimento di potere del PD in un governo con M5S in ruoli ministeriali, a maggior ragione se 'pesanti', se pure spingerebbe il PD  ad esercitare una forza stabilizzante, farebbe a cazzotti con il disastro elettorale subìto dal partito il 4 marzo scorso.

Tutto questo, comunque, senza che venga dimenticato un dato oggettivo di sfondo, non rimuovibile: al di là della riuscita di ogni 'contratto' (oggi M5S-PD, domani, chissà, M5S-Lega, essendo del tutto svanita l'ipotesi M5S-Centro-Destra, ma non l'ipotesi di uno sganciamento di Salvini da Berlusconi), i numeri parlamentari per le due eventuali tipologie di fiducie restano quanto mai risicati: e questo renderebbe qualunque navigazione di governo in balìa di venti continui, capaci di rovesciare vascelli di qualunque carico.

Come si vede, è alta l'eventualità che il Presidente della Repubblica sia presto chiamato ad esercitare la sua prerogativa, non invidiabile, di stabilire i tempi e i modi per nuove elezioni.

Forse non è una drammatizzazione dire che il 'sistema' (che anche noi abbiamo contribuito a mettere in campo) sta scherzando con il fuoco e sperare che il finale sia meno oscuro e inquietante di come al momento ci appare. 

*** Massimo FERRARIO, M5S-PD, e un appoggio esterno?, per Mixtura


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