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sabato 2 dicembre 2017

#SGUARDI POIETICI / Alle lacrime delle donne. Cosa scrivevi sulla sabbia? (Tiziana Campodoni)

Fermasti l’azione tacendo
non ti piegasti alla domanda
era un inganno.
Togliesti lo sguardo da quegli occhi vogliosi
di regressione e di carpire l’intimità profonda
di un sentire integro, generoso, diverso
vogliosi di rubare quel che non si può prendere
attraverso un rigido responso: o sì o no.
O tu, o lei. Non c’era risposta possibile.
Ti chinasti sul silenzio che dilata gli assoluti,
che distende le domande stringenti
quel silenzio che aumenta lo spazio e allontana i predatori.
Lei ti guardava. Nei suoi occhi l’orrore muto.
Non poteva ribellarsi, urlare, piangere.
I saccenti avevano interpretata la rocciosa legge.
Era colpevole. Dicevano. D’amore. Lei sola.
Segni facevi per terra con il dito che non puntasti.
Larghi e lenti segni, attenti accurati ma dai fatti distolti,
scrivevi sulla terra, ripiegato nel silenzio
come un folle segue il suono di parole non dette
come un visionario segue
il linguaggio alato di un’umanità divina che piange.
Il suo cuore sussultava. Cosa scrivevi sulla sabbia?
Gli scribi rapiti dai tuoi ampi gesti non capivano,
e come avrebbero potuto?
Gli eccellenti ipocriti farisei, ansiosi, attendevano
che il fatto si compisse e il sangue si versasse:
in una mano la domanda, nell’altra la pietra.
Cosa scrivevi sulla terra?
Un altro significato cominciò a vibrare nel silenzio
il nuovo spazio si creava e lapidava un orizzonte morto.
I tuoi larghi segni catturavano gli sguardi,
angosciavano gli animi astuti e violenti,
disegnavano un enigma, fermavano il tempo.
Tu fosti l’imprevisto, l’inatteso, lo sconcerto,
l’ignoto che apre al pensiero e del pensare ampia il sentiero.
Rifiutasti la domanda. Tacesti le parole degli uomini stolti.
Scrutavi il silenzio e esso divenne domanda
si levò come un’accusa,
ferì come un’arma,
schiaffeggiò l’arroganza.
Eri strano. Tacevi. Scrivevi sulla sabbia.
L’incanto del tuo gesto imponeva un linguaggio alato.
Lo sguardo umido di lei carezzava quella mano.
Non gli scribi, non i farisei… No
lei che sapeva amare capiva
nello scrivere si rifugiava il linguaggio braccato,
lei sapeva leggere l’amore
e le parole scritte erano ricami d’un animo ferito
lei che aveva amato sentiva il respiro della natura
e la potenza di quel gesto danzante, lieve e deciso.
Ti guardava e brividi nuovi correvano sulla sua pelle.
Come un dito sul pelo dell’acqua genera cerchi che si rincorrono,
rallentano, si allargano
così quell’inconsueto silenzio, quell’improvviso squarcio nella mente,
quel nuovo divino linguaggio,
aveva sospeso il tempo, allargato l’intelletto, inondato i cuori.
Nessuno era senza peccato.
Era salva, ma nuove lacrime scivolavano malinconiche sulle sue guance.
Cosa aveva letto sulla sabbia?
La codardia di chi amava e non l’aveva protetta, non l’aveva difesa,
la stupidità e la ferocia di quegli uomini smaniosi di scagliarsi contro di lei
lavando così i propri peccati?
O aveva visto la sorte di altre giovani donne dopo di lei,
altri corpi dilaniati, altre emozioni devastate, altri silenzi terrorizzati?
Aveva visto altre pietre che nessuno avrebbe fermato
e intuito le urla di altre donne, ragazze, bambine
e calunnie, solitudine, disprezzo, condanne,
altri astiosi maligni bestiali pensieri e soprusi
E mani brutali sporche rabbiose sul loro corpo inerme
e occhi spaventosi, visi deformati, respiri affannati sul loro volto
a strappare a forza ciò che non può essere rubato
solo, amando, reciprocamente donato…
Capisco le sue lacrime e i ruscelli, i fiumi, i torrenti e tutte le lacrime della Terra.
E il tuo non era silenzio,
avevi visto negli occhi della folla
di cosa potevano essere capaci gli uomini.
Non scrivevi sulla sabbia,
cercavi di consolare il tuo dolore e il dolore della Terra
per ogni atto d’amore ucciso,
per ogni ventre violato,
per ogni desiderio estirpato,
per ogni vita spezzata.
Non era silenzio il tuo,
ma un pianto soffocato di fronte a tanto odio.
E’ lo stesso singhiozzo disperato di ogni uomo che sappia amare.
Capisco le sue lacrime.
Sono le lacrime di ogni donna capace d’amore.


*** Tiziana CAMPODONI, insegnante, blogger, saggista, Alle lacrime delle donne. Cosa scrivevi sulla sabbia?, 'bluemoonandart', 9 sttembre 2017, qui

Masurca Furgo (Pina Bausch)
foto di Jean Louis Fernandez

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