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venerdì 8 dicembre 2017

#SENZA_TAGLI / Telefonare, potrebbe funzionare (Selvaggia Lucarelli)

Oggi mi è capitato di parlare con una persona con cui c'era un'ostilità fumosa da anni (una roba di 15 anni). Un persona con cui non avevo neppure mai più parlato, in questi 15 anni, ma con cui ormai quello dello starsi sui coglioni era una specie di fatto assodato pure se non ti ricordi più il perché, il come, la scintilla che ha appiccato l'incendio nel palazzo. 
Ci sono delle ostilità che sono un po' come quelle ballerine di ceramica su un mobile in salotto che in realtà non hanno nessuna ragione al mondo per stare lì - sono patacche di una bomboniera dell'89 - ma tu ormai le vedi tutti i giorni impolverate e non le butti perché fanno parte del tuo orizzonte visivo. 

Ecco, ci sono inimicizie che non sono una scelta. Sono un'abitudine. Un orizzonte visivo.
A queste inimicizie basta solo una cosa per sciogliersi come un sorbetto al sole: un pretesto. Una telefonata, un incrocio fortuito al bar, una comunicazione di servizio, un cenno dalla finestra. Arrivato quello, ti rendi conto che era solo ostinazione. Pigrizia. Sciatteria. Succede spesso tra parenti, ma non solo. Il problema è che il pretesto arriva magari dopo anni (per esempio il mio) e nel frattempo c'è una vita che ci passa in mezzo. Che tu a quel punto pensi: porca vacca, la soluzione era una parola e io nel frattempo c'ho fatto tre figli, tra una chiusura e un chiarimento. 

Tutto questo per dire che quando si ha a che fare con l'irrisolto, la cosa migliore da fare non è aspettare l'occasione, lasciar maturare i tempi, cercare mediatori, aspettare un segnale, vedere che succede, confidare nel tempo e nella buona stella.
E' sempre e solo alzare-quel-cazzo-di-telefono.
Fatelo. Potrebbe funzionare.

*** Selvaggia LUCARELLI, 1974, giornalista e scrittrice, facebook, 21 novembre 2017, qui


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