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domenica 10 dicembre 2017

#LINK / Trump, la guerra culturale promessa (Alessio Marchionna)

Nell’ultima settimana è andato in scena uno schema che si ripete periodicamente da quando Donald Trump è entrato alla Casa Bianca, quasi un anno fa. Il presidente prende una serie di decisioni estreme destinate ad avere conseguenze importanti sia negli Stati Uniti sia nel resto del mondo; la maggior parte dei commentatori e dei politici resta spiazzata e si affanna per trovate l’ipotetico filo comune che lega scelte apparentemente irrazionali (e in alcuni casi in contrasto tra loro); gli sforzi di tracciare un profilo politico che serva da guida per il prossimo futuro falliscono, e l’opinione pubblica mondiale si ritrova con una serie di domande apparentemente senza risposta.

Perché Trump ha deciso di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele in un momento in cui le tensioni regionali sono ai massimi storici? Perché decide di ufficializzare il suo appoggio al candidato repubblicano al senato Roy Moore, accusato di aver molestato alcune minorenni tra gli anni settanta e ottanta, mentre in tutto il mondo sembra esserci un risveglio contro la violenza di genere?

Perché fa di tutto per far approvare una riforma fiscale che aiuta le grandi aziende e le fasce più ricche della popolazione a scapito di milioni di famiglie della classe media? Perché decide di alzare lo scontro con i democratici sullo shutdown, il blocco delle attività del governo che si verifica in caso di mancata approvazione di una legge finanziaria, in un momento in cui la tensione tra i due partiti al congresso era diminuita? (...)

Apparentemente Trump continua a misurare tutte le sue decisioni, sia in politica estera sia al livello nazionale, in base a due criteri: quanto si discosta dalle scelte dei suoi predecessori, soprattutto da quelle di Barack Obama, un presidente che Trump ha sempre considerato illegittimo, e quanto servono a tenere viva l’indignazione della base politica che lo ha portato alla Casa Bianca. In altre parole, il presidente sta facendo di tutto per far scoppiare la guerra culturale che – tolti gli elementi folcloristici – era la promessa centrale della sua campagna elettorale.

*** Alessio MARCHIONNA, giornalista, Trump prosegue la guerra culturale che aveva promesso, 'internazionale.it', 9 dicembre 2017

LINK articolo integrale qui

Trump riconosce Gerusalemme capitale di Israele
foto di Jonathan Ernst (Reuters-Contrasto), 6dic17 

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