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lunedì 2 ottobre 2017

#MOSQUITO / La possibile arroganza del terapeuta (Carl Gustav Jung)

Dopo essere stato così severamente rimproverato di immoralità, mi sento in dovere di dare una spiegazione per le osservazioni ciniche che ho fatto ieri. Non sono poi così cattivo. Naturalmente faccio del mio meglio per i miei pazienti, ma in psicologia è molto importante che il medico non voglia guarire a tutti i costi. Dobbiamo essere estremamente attenti a non imporre al paziente la nostra volontà e le nostre convinzioni. Dobbiamo lasciargli un certo margine di libertà.
Non si può strappare la gente al proprio destino, così come in medicina non si può guarire un malato se la natura vuole farlo morire. Talvolta è veramente problematico se sia lecito salvare un uomo dal destino che deve affrontare, perché possa svilupparsi ulteriormente. Non si può impedire a certe persone di commettere terribili assurdità perché fa parte della loro natura. Se io mi intrometto, loro non hanno alcun merito. Il nostro sviluppo psicologico può veramente progredire soltanto se ci accettiamo quali siamo e se viviamo con il necessario impegno la vita che ci è stata affidata. I nostri peccati, errori e colpe sono necessari, altrimenti saremmo privati dei più preziozi incentivi allo sviluppo. Se, dopo aver sentito qualcosa che avrebbe potuto cambiare il suo punto di vista, un uomo se ne va e non ne tiene alcun conto, io non lo richiamo indietro.
Potrete accusarmi di non comportarmi cristianamente, ma non m’importa. Io sto dalla parte della natura. L’antico libro di saggezza cinese dice: “Il Maestro ha parlato una sola volta.” Egli non corre dietro alle persone, non serve a nulla. Coloro che devono capire – perché è questo il loro destino – capiranno, e gli altri non capiranno. [...]
Le verità psicologiche sono a doppio taglio e qualsiasi cosa io dica può essere usata in modo tale da provocare il peggio, la massima devastazione e assurdità. Non vi è una sola mia asserzione che non sia stata stravolta e rovesciata. Perciò io non insisto mai su una mia affermazione. Potete accettarla, ma se non lo fate, va bene lo stesso. Forse me ne vorrete per questo, ma io credo che la volontà di vivere sia presente in ciascuno di noi, e ci aiuterà a scegliere quel che va bene per noi.
Quando ho in analisi un individuo, devo stare estremamente attento a non travolgerlo con le mie convinzioni o con la mia personalità, poiché egli deve combattere la sua battaglia solitaria nella vita e deve poter avere fiducia nelle proprie armi, siano anche rozze e incomplete, e nella sua meta, anche se fosse molto lontana dalla perfezione.
Se gli dico: “Questo non va bene e bisognerebbe migliorare”, lo privo del suo coraggio. Deve arare il suo campo con un aratro che forse non è del tutto adeguato; il mio potrebbe essere migliore del suo, ma a che gli servirebbe? Lui non ha il mio aratro, ce l’ho io, e non può chiedermelo in prestito. Deve usare i propri utensili, per quanto incompleti, e deve lavorare con le capacità che ha ereditato, per quanto carenti.
Naturalmente io lo aiuto, dicendogli ad esempio: “Il suo pensiero è eccellente, ma forse potrebbe migliorare sotto altri aspetti.” Se non vuole darmi retta, non insisterò perché non voglio farlo deviare dal suo cammino. 

*** Carl Gustav JUNG, 1875-1961, medico e psicoanalista svizzero, fondatore della psicologia analitica, Fondamenti di Psicologia analitica, IV Conferenza, 1935, segnalato da Leonardo Seidita, 'facebook Jungitalia', 10 settembre 20'17, qui


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