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mercoledì 18 ottobre 2017

#LIBRI PREZIOSI / "La disputa felice", di Bruno Mastroianni (recensione di M. Ferrario)

Bruno MASTROIANNI, "La disputa felice
Dissentire senza litigare sui social network, sui media e in pubblico"
Franco Cesati Editore, 2017
pagine 122, € 12,00

Libro 'piccolo', intelligente, piacevole, utile
Lo sappiamo: è falso che piccolo sia sempre bello. Però, qualche volta, piccoli libri e piccoli editori producono perle. 
Come questo 'volumetto' (diminutivo e vezzeggiativo insieme) dal titolo La disputa felice, di Bruno Mastroianni, filosofo 'felicemente' prestato alla comunicazione, il quale da anni studia e opera per cercare di rendere più efficaci i processi di scambio, specie in un mondo sempre più digitalizzato. 
Un titolo che di primo acchito potrebbe apparire un ossimoro, ma solo perché, per sbadataggine o ignoranza, leggiamo 'disputa' intendendo 'litigio' e allora, ci domandiamo, come si fa a coniugare lite con felicità, se non si tende, almeno un po', al sadomasochismo?

E invece è un binomio quanto mai centrato e stuzzicante, che non solo, come titolo, mantiene ciò che promette, dimostrando che i due termini possono essere perfettamente congruenti, ma va oltre l'attesa: perché il centinaio di pagine offerte al lettore, tutte scorrevoli e per nulla astratte, sono una miniera di riflessioni intelligenti e di suggerimenti preziosi. Naturalmente il destinatario ideale è chi, nonostante una certa crescente tossicità dell'aria che respiriamo (e che spesso contribuiamo a diffondere, in rete come nella vita di tutti i giorni, con il nostro dialogare respingente, quando non valutativo e insultante), ancora non abbia perso la voglia di confrontarsi con chi la pensa diversamente, gustandosi lo scambio di idee e argomentazioni, anche duro sui temi oggetto di discussione, ma mai 'cattivo' con l'interlocutore, testando il proprio punto di vista e magari cambiandolo, oppure scoprendo il valore di posizioni impensate o all'inizio rifiutate.

La teoria cui Bruno Mastroianni fa riferimento è semplice e concreta: poggia su ricerche e studi ormai consolidati e univoci e viene esposta senza accademismo, in modo piano e chiaro, supportata da esempi facili e immediati. Le 'armi' per 'combattere' con intelligenza i contenuti oggetto delle nostre possibili dispute quotidiane, senza squalificare o offendere le persone che ancora, per fortuna, hanno pensieri diversi dai nostri, ci vengono tutte squadernate davanti. 
La garanzia di un buon uso, ovviamente, non ce la dà nessuno, e una precondizione indispensabile perché le dispute producano valore per le parti in gioco, facendo progredire le discussioni ed evitando il troppo frequente avvitamento personalistico, è che le 'armi' che il libro ci segnala diventino al più presto 'cultura' corrente: quanto maggiore è il numero di chi ne farà uso, infatti, tanto più i nostri rapporti saranno finalmente 'disarmati'. Perché si tratta di strumenti che non servono a 'vincere sulle persone', ma a favorire un confronto serio e preciso sui contenuti, mettendo in discussione le posizioni altrui o sostenendo meglio le nostre, in uno spirito di possibile sana condivisione o di altrettanto sana divergenza: un po' di decentramento, quando non di sgonfiamento, dei nostri Io ingombranti, insieme con la consapevolezza che anche il dissenso, se ragionato e 'verificato', può unire chi dissente, sono fattori che aiutano a costruire dialoghi veri, abbandonando quelli, abbondantemente prevalenti, che sono di fatto monologhi travestiti.

Si invoca spesso l'empatia come carburante di rapporti più umani: sarebbe già molto realizzare una maggiore 'vicinanza' con chi dice o scrive cose diverse dalle nostre. Non c'entra il 'buonismo', basterebbe semplicemente un po' di 'egoismo intelligente': servirebbe a capire di più l'altro e magari anche a capire che stiamo sbagliando, acquisendo elementi per correggere il tiro. Oppure servirebbe per trovare nuove ragioni per avere ragione. E in ogni caso ci guadagneremmo una maggiore efficacia nel riuscire a trasmettere all'interlocutore il nostro pensiero, minimizzando i travisamenti e valorizzandone i punti forti.

*** Massimo Ferrario, per Mixtura

Citazioni da: Bruno Mastroianni, La disputa felice, Franco Cesati Editore, 2017:
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È il definitivo tramonto della mediazione a priori: non c'è più un'au­torità, un sostituto, una guida supplente, che possa intervenire prima e al nostro posto. Il mare di informazioni è ormai il nostro ambiente vitale abituale. Non abbiamo alcuna possibilità di esserne preservati, abbiamo invece bisogno di strumenti culturali adeguati per imparare a viverci in modo proficuo.
Cosa ci spaventa? Il ritorno in primo piano della intenzionalità e della scelta. Due cose che non competono a nessun mediatore né auto­rità, che non possono essere imposte né controllate: spettano solo alla libera iniziativa di ciascuno. Le fake news, l'odio in rete e l'apparente caos creato dal sovraccarico informativo sono sintomi, non di una ma­lattia ma di una realtà: dobbiamo trovare strade per vivere all'altezza della grande libertà che ci siamo procurati. È un'ottima notizia.

Saper comunicare è una competenza non più solo per mediatori culturali, traduttori e comunicatori, ma per ogni persona. Grazie al web siamo diventati tutti - volenti o nolenti - "vicini": non c'è scritto da nessuna parte che questo ci renda automaticamente dei "buoni vicini", è qualcosa che dobbiamo conquistare giorno per giorno.

È finita anche l'epoca della selezione intelligente degli interlocutori. Per secoli la retorica ha insegnato che vale la pena iniziare un dibattito solo se l'altro è disposto a collaborare. Sarebbe bello poterselo an­cora permettere ma, nel mondo dell'iper-connessione trasversale dei social, nessuno può avere il privilegio di escludere interlocutori: anche un semplice genitore su una chat di WhatsApp della classe si può tra­sformare nel peggior hater di sempre. Rinunciare a dialogare con lui significherà lasciare in balia del suo odio una moltitudine di persone, e ciò avrà ricadute sulla nostra vita e su quella dei nostri figli. Solo nella misura in cui ci sarà qualcuno disposto a disputare anche con chi è ostile, cambieranno veramente le cose.
  
Il termine "disputa" è stato scelto proprio per fugare ogni ambi­guità. Il suo significato è dibattito, discussione vivace su un particolare argomento, ma anche diverbio, alterco, e si può usare anche riferendosi allo svolgimento di una gara, di una competizione sportiva. Tutto in questa parola parla di un confronto che si deve svolgere e deve avere un elemento di competizione, quasi di lotta. L'aggiunta dell'aggettivo felice non ha alcuna accezione buonista o cortese, ma vuole richiamare l'idea di una contesa che da soddisfazione e migliora la vita.
Quando si parla qui di disputa, insomma, si presuppone che la di­vergenza sia affrontata fino in fondo, senza paura e senza finte tattiche di disimpegno. Le altre strategie infatti (quella del politicamente cor­retto e della diplomazia che scende a compromessi) sono spesso forme di difesa o di elusione del contrasto.
Nella prospettiva della disputa le tattiche pacifiche e i litigi si somi­gliano: hanno entrambi il difetto di perdere per strada l'oggetto di di­scussione. Quando si crea uno scontro litigioso si smette di entrare nel merito del tema, così come quando il confronto lo si aggira: il centro della questione viene evitato per non alimentare tensioni. Entrambe le prospettive cadono insomma nell''indifferenza per la differenza che è invece il grande valore che la disputa ricerca.
La disputa felice ha un unico principio guida: mantenere l'attenzio­ne, le energie e la concentrazione sui temi e sugli argomenti in oggetto, senza andare a rompere la relazione tra i due disputanti proprio per farsi nutrire dalla divergenza che ne emerge.
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