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mercoledì 13 settembre 2017

#SPILLI / 'Ius soli', un analizzatore efficace (M. Ferrario)

Come era prevedibile, la legge sul cosiddetto 'ius soli', approvata alla Camera ma da approvare al Senato, è stata accantonata. 'Sospesa', dicono ipocritamente. Di fatto cancellata per questa legislatura ormai al termine e rimandata a tempi migliori. Cioè, dati i tempi di oggi, a tempi ancora peggiori. 
Dunque, per oggi e per domani, niente 'ius soli': neppure nella forma temperata all'italiana che di fatto lo trasforma in uno 'ius culturae'.

Guardavo, attonito, un video (qui) di un confronto in piazza fra un gruppo di italiani 'per sangue' e un gruppo di stranieri che rivendicavano la cittadinanza per i figli nati in Italia e qui cresciuti e scolarizzati. 
Gli argomenti, ineccepibili se non altro per logica, portati dai genitori 'stranieri' erano contrastati con una rozzezza impareggiabile. 
Ad un certo punto, uno dei presenti, credendo di usare una metafora definitiva per troncare ogni discussione, dice: «Ma scusi, se un topo nasce in una stalla, diventa un cavallo?».

Incredibile. 
Eppure il documento è lì da vedere e ascoltare. 
E del resto, il tizio, che purtroppo condivide la sua italianità anche con me e che sicuramente ripete a ogni piè sospinto il mantra ossessivo del 'prima gli italiani', non è un singolo caso limite: il suo 'pensiero' (si fa per dire) è rappresentativo e molti (troppi) sempre più sragionano così, magari senza riuscire ad esprimere, con il pizzico di perversa creatività di cui il suddetto connazionale ha dato prova, l'equivalenza, palesemente razzista, topo-straniero.

Credo che lo "ius soli che-non-è-uno ius soli" e che neppure in questa forma annacquata riesce a 'passare' né in Parlamento né tra gli italiani, sia un analizzatore efficace del nocciolo di xenofobia, se non di razzismo, che è in noi: anche a nostra insaputa
Bisogna avere il coraggio di dirlo: chi rifiuta lo 'ius culturae' di fatto rifiuta lo straniero e ammette solo la consanguineità: gli altri sono topi. E i topi non possono diventare cavalli.

È il fascismo 2.0 che ci sta impregnando, ormai da anni, ma sempre più negli ultimi mesi, le teste e le anime: anche senza che ce ne accorgiamo. 
E non c'entra se abbiamo in simpatia o in odio il fascismo storico espressosi nel secolo scorso: se facciamo il saluto romano e postiamo ogni giorno, su facebook, immagini di Mussolini a cavallo (il cavallo ha sempre un fascino maggiore del topo...), oppure se ci diciamo disinteressati alla storia e alla diatriba 'fascismo-antifascismo'. 
Il problema è che il fascismo, prima ancora di un'epoca storica, è uno stile di vita, un metodo, un tratto psico-culturale. Un modo di 'pensare' (le virgolette sono d'obbligo per non insultare il verbo). Un modo di sentire. Un modo di agire. Una oscena, rozza e omicida, visione del mondo.

È su questo che dovremmo cominciare a lavorare. E il primo passo, come sempre avviene per ogni cambiamento, è averne consapevolezza.
Per ora, mi pare, la consapevolezza latita, o riguarda una minoranza. Magari anche tra chi, senza saperne più il significato, continua dichiararsi 'di sinistra' e pensa di fare cose 'di sinistra' comportandosi con logiche di 'destra': ubbidendo soltanto ad una coazione a ripetere che ha svuotato parole, concetti, principi, valori e ci ha collocati dove neppure sappiamo di essere.

Ma altre volte, l'intenzionalità di essere quel che si fa c'è tutta. "Non bisogna lasciare il fascismo ai fascisti", dice Maurizio Crozza: con la paradossalità del comico, ma l'acume, realistico e spietato, dell'analista sociale.

*** Massimo Ferrario, Ius soli, il test, per Mixtura


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