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sabato 30 settembre 2017

#SPOT / Piacere e amare

(via facebook, qui)

L'attribuzione a Buddha della citazione è dubbia, anche se riportata da una miriade di siti web: dalle mie ricerche non ho trovato la fonte diretta. 
Mi pare tuttavia che il pensiero meriti una riflessione e per questo contribuisco a diffonderlo. (mf)

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#SGUARDI POIETICI / Di tutti gli angoli del mondo (Sophia De Mello Breyner Andresen)

Di tutti gli angoli del mondo
Amo d’un amore più forte e più profondo
La nuda spiaggia in estasi e la duna
Dove mi unii al mare, al vento e alla luna.
Odoro gli alberi la terra e il vento
Che la primavera colma di profumi
Ma io vi voglio solo e solo vi procuro
La selvaggia esalazione delle onde
In ascesa verso gli astri come un grido puro.


*** Sophia DE MELLO BREYNER ANDRESEN, 1919-2004, poetessa portoghese, Di tutti gli angoli del mondo, traduzione di Federico Bertolazzi, da Sophia de Mello Breyner Andresen, Come un grido puro, Crocetti Editore 2013


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#RACCONTId'AUTORE / Il principe malato (Connie Zweig e Steve Wolf)

C’era una volta un principe che, una mattina, si svegliò con due macchie rosse doloranti sulla coscia. Pensando che si trattasse di punture di insetto, il principe fece immediatamente bruciare le lenzuola di seta, considerando l’episodio risolto. 
Ma la notte stessa, il principe si accorge che le due macchie sono ora due occhi che lo fissano con aria furiosa. Al risveglio, nota anche l’apparizione di un paio di narici fumanti. Terrorizzato, il principe si fascia la gamba per nascondere la ferita, ignorando il respiro che comincia a provenire proprio dalla coscia.
La notte seguente, il principe si passa una mano sulla gamba, e per poco non perde due dita: la ferita ha ora anche una bocca.
Allora il principe fa chiamare il chirurgo perché gli asporti la faccia mostruosa. 

Per alcuni mesi, la sua vita prosegue tranquilla, fino a quando, un giorno, mentre è a cavallo, dalla gamba prorompe un grido: il sintomo è tornato per vendicarsi. 

Iniziano così a spargersi voci sul fatto che il principe sia indemoniato.

Un giorno, un monaco errante racconta di un sacro fiume protetto da Kwan-yin, dea della compassione, le cui acque miracolose guariscono qualsiasi ferita. 

Il principe si precipita sul luogo indicato. Sta per versare dell’acqua sulla terribile faccia, per zittirla per sempre, quando questa erompe in un grido: «Per tutto questo tempo non mi hai neanche guardato e nemmeno hai cercato di capire una sola parola di ciò che ti dicevo. Non mi hai dunque riconosciuto?».
Il principe si china ad osservare da vicino la faccia: e allora, in quei tratti tormentati riconosce il proprio volto. E scoppia in lacrime. 
Nello stesso momento, gli occhi sulla sua gamba si addolciscono, unendosi a quelli della stessa dea Kwan-yin. 

«Il tuo cuore non era capace di compassione», sospira la dea. «Era incapace di guardarsi dentro. Non avevo altro modo per mostrarti la tua vera natura».
E quella notte il principe e la dea parlano delle sofferenze segrete che hanno disturbato il sonno del principe molto tempo prima dell’apparizione della faccia. 

Al sorgere del sole, il principe è guarito.

*** Connie ZWEIG e Steve WOLF, psicoterapeuti statunitensi, Il principe malato, da Il volto nascosto dell’anima (1997), Rizzoli, Milano, 1997. Leggenda zen coreana, citata in M. Barasch, The Healing Path, Tarcher/Putnam, New York, 1993.

Kwan-yin
dea della compassione

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#VIDEO / Comunicazione web, segreti e prospettive (Marco Montemagno)


Marco MONTEMAGNO
 esperto di comunicazione, imprenditore  nel mondo tech
Segreti e prospettive della comunicazione sul web
intervistato da Marco Mazzucchelli, psicologo
youtube, 4 marzo 2016
(video 37min51)
Minutaggio della chiacchierata:
1:34 - Dove nasce la passione per il digital e per la comunicazione di Montemagno
2:57 - La preparazione mentale del buon comunicatore
12:15 - I risultati dell'esperimento; un video al giorno, ogni giorno, per un anno
18:00 - Perché le aziende italiane ancora non investono in Italia?
22:40 - Quali nuovi media aspettarci tra 10-20 anni
25:35 - Un suggerimento per il libero professionista che parte oggi da zero
27:33 - Un suggerimento per le aziende che vogliono vendere di più
30:16 - Un suggerimento per una startup che voglia un migliore round di finanziamenti
33:20 - Come avvicinare i figli alle nuove tecnologie senza rischi
(dalla presentazione)

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#SENZA_TAGLI / Andare avanti (Simone Tempia - Lloyd)

“Io non ce la faccio più ad andare avanti, Lloyd”
“Stia tranquillo, sir. Credo sia solo un piccolo blocco emotivo”
“E come posso superarlo, Lloyd?”
“Basta trasformarlo in un blocco di partenza, sir”
“Dici che ce la posso fare anche se sono a terra?”
“Certo, sir. In fondo anche i centometristi partono da inginocchiati”
“Grazie mille, Lloyd”
“Buona giornata, sir”

*** Simone TEMPIA (Vita con Lloyd), 'facebook', 27 settembre 2017, qui

Testo di Simone Tempia
disegno di Mattia Distaso

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#VIGNETTE / Siamo soli? (Fabio Magnasciutti)

Fabio MAGNASCIUTTI
'facebook', 27 settembre 2017, qui

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#SGUARDI POIETICI / Tributo ai miei fianchi (Lucille Clifton)

questi fianchi sono fianchi larghi
hanno bisogno di spazio per
andarsene in giro
non stanno a loro agio dentro
posticini di basso profilo, questi fianchi
sono fianchi liberi.
non amano essere bloccati.
questi fianchi non sono mai stati fatti schiavi,
vanno dove vogliono andare
fanno quello che vogliono fare.
Questi fianchi sono fianchi possenti.
Questi fianchi sono fianchi stregati
li ho visti
lanciare un incantesimo su un uomo e
rigirarlo come una trottola!

*** Lucille CLIFTON, 1936-2010, poetessa e scrittrice statunitense, Tributo ai miei fianchi, traduzione di Fiorenza Mormile, dall’antologia AA.VVCorporea, il corpo nella poesia femminile contemporanea di lingua inglese, Le Voci della Luna Poesia 2009, 'imperfetta ellisse', 7 settembre 2009, qui
https://en.wikipedia.org/wiki/Lucille_Clifton


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Testo originale (Homage to My Hips)

these hips are big hips
they need space to
move around in.
they don’t fit into little
petty places, these hips
are free hips.
they don’t like to be held back.
these hips have never been enslaved,
they go where they want to go
they do what they want to do.
These hips are mighty hips.
These hips are magic hips
I have known them
to put a spell on a man and
spin him like a top!

#MOSQUITO / Io ti dico che l'uomo è uomo quando (Eduardo De Filippo)

Io ti dico che l’uomo è uomo quando non è testardo. Quando capisce che è venuto il momento di fare marcia indietro, e la fa. Quando riconosce un errore commesso se ne assume le responsabilità, paga le conseguenze, e cerca scuse. Quando riconosce la superiorità di un altro uomo e ce lo dice. Quando amministra e valorizza nella stessa misura tanto il suo coraggio quanto la sua paura.

Eduardo DE FILIPPO, 1900-1984, drammaturgo, regista, attore, sceneggiatore e poeta italiano, Il Sindaco Del Rione Sanità, Atto II, commedia in tre atti, 1960, Einaudi, 1971
https://it.wikipedia.org/wiki/Il_sindaco_del_rione_Sanit%C3%A0

Il testo è contenuto anche nel VIDEO Il Sindaco del Rione Sanità (3min44), youtube, Il teatro di Eduardo, 2 febbraio 2016, qui


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#SENZA_TAGLI / Parole, abbiamo un problema (Claudia Vago)

Abbiamo un problema con le parole.
Sarà che invecchio, ma sono sempre più affezionata all'idea che i giornali e i giornalisti debbano spiegarmi il mondo, darmi un punto di vista, non limitarsi a raccontarmi i fatti. Per quello ci sono i flussi di hashtag su Twitter. Però vedo sempre più pigrizia in giro. Non penso sia malafede, credo si tratti di pigrizia. Che porta a osservare le cose dalla propria comoda poltrona posizionata bene in alto da dove si pensa di avere una buona visuale. Invece da lassù le cose non si vedono nelle loro sfumature e nella loro complessità e si finisce per usare parole che non descrivono nulla. "Populisti", "antisistema" sono diventati termini buoni per tutto quello che non si sa dove infilare nelle vecchie categorie a cui siamo abituati. E se "destra" e "sinistra", "fascisti" e "antifascisti" sono definizioni ancora valide (ancorché vi sfido a trovare qualcuno che chiama i fascisti col loro nome e non con assurdi sinonimo e giri di parole), chi dovrebbe spiegarci il mondo di fronte alle nuove complessità si rifugia in termini che vogliono dire tutto e, soprattutto, niente. Così si possono mettere nella stessa scatola di "euroscettici" il Front National e Syriza, come se fossero la stessa cosa e come se il loro atteggiamento verso l'Europa avesse le stesse ragioni e tendesse agli stessi fini.

Bisognerebbe abbandonare quelle poltrone, scendere da quella torre e sporcarsi le mani, toccare le cose, vederle da vicino, respirarne gli umori. Solo così le parole possono tornare a significare qualcosa e possiamo trovare nuove parole per la realtà che cambia davanti ai nostri occhi.
Abbiamo un problema con le parole, e un primo passo per affrontare estremismi e pericolosi rigurgiti fascisti sarebbe ammetterlo e tornare a chiamare le cose col loro nome.

*** Claudia VAGO, sociolinguista, Abbiamo un problema con le parole, 'facebook', 26 settembre 2017, qui


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giovedì 28 settembre 2017

#VIGNETTE / Università italiana (ellekappa, Natangelo)

Ellekappa
'la Repubblica', 27 settembre 2017, qui

° ° °

NATANGELO
 'Il Fatto Quotidiano', 27 settembre 2017, qui

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#NATURA_MORTA / Sergio Orlando

Sergio ORLANDO, 1939
pittore e poeta

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Sergio ORLANDO, 1939
pittore e poeta

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Sergio ORLANDO, 1939
pittore e poeta

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Sergio ORLANDO, 1939
pittore e poeta

° ° °
Sergio ORLANDO, 1939
pittore e poeta

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#CIT / Un posto, una società (Mauro Rostagno)

Mauro ROSTAGNO, 1942-1988
sociologo, giornalista, attivista
citazione da Maddalena Rostagno e Andrea Gentile
Il suono di una sola mano. Storia di mio padre Mauro Rostagno
Il Saggiatore, 2013

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#BREVITER / Come i comuni mortali, coerenza, Pd (mf)

MasFerrario, facebook, 27 settembre 2017, qui

° ° °

MasFerrario, facebook, 27 settembre 2017, qui

° ° °

MasFerrario, facebook, 27 settembre 2017, qui

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#SGUARDI POIETICI / Saranno i poveri (Giovanni Arpino)

Se si dovrà tornare sulle colline, pur non volendolo
e dovremo cercare un'altra volta i fucili
il sonno nell'erba, il pane dato da altri,
saranno i poveri a dirci cosa dovremo fare,
dalla parte di loro si morirà per loro.
Un operaio, un poeta, un mendicante fucilato,
un uomo che non sapeva di politica ma morì lo stesso
bucato come una maglia vecchia solo perché sentì il mondo chiamarlo,
lasciano ognuno cento poveri che la sera
ne parlano all'osteria, davanti ai bicchieri e ai tarocchi.
Non fateci tornare sulle colline, uomini
che dietro le scrivanie giudicate la terra,
non fateci tornare senza donne, senz'altro
vino e sale che non sia il nostro cuore:
ve lo diciamo da ogni piega, da ogni ruga del mondo
dove abita un uomo che desidera solo la sera
e le sue cose meritate, non fateci tornare.

*** Giovanni ARPINO, 1927-1987, scrittore e giornalista, Saranno i poveri, testo inedito tratto dai taccuini giovanili 1944-1950, citato da Massimo Novelli, Giovanni Arpino poeta, i versi giovanili dell'autore, 'Il Fatto Quotidiano', 21 settembre 2017.


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#MOSQUITO / Una nevrosi meritata (Carl Gustav Jung)

Una volta venne da me un giovanotto che soffriva di nevrosi ossessiva. Mi portò un suo manoscritto di centoquaranta pagine, una completa analisi freudiana del suo caso. Era una descrizione perfetta, da manuale, tanto che avrei potuto pubblicarla nello “Jahrbuch”. 
“Potrebbe leggerlo e spiegarmi perché non sono guarito anche se ho fatto una psicoanalisi completa?”, mi chiese. “Ha ragione, nemmeno io capisco – risposi –. Secondo ogni regola, Lei dovrebbe essere guarito, ma poiché afferma che le cose non stanno così, devo crederle.” E lui insistette: “Come mai non sono guarito, anche se ho penetrato a fondo la struttura della mia nevrosi?” E io: “Il suo scritto è ineccepibile. Lei ha illustrato perfettamente la sua tesi. Rimane forse soltanto un piccolo, insignificante particolare: non ha indicato la sua città di provenienza, i suoi genitori. Ha detto di aver trascorso l’inverno passato in Riviera e l’estate a St Moritz. È stato molto accorto nella scelta dei suoi genitori?” “No, assolutamente.” “Ha un’impresa che frutta molti soldi?” “No, non guadagno un soldo.” “Ha avuto una grossa eredità da uno zio?” “No.” “Be’, ma allora da dove le viene tutto quel denaro?” “Ho fatto un accordo con un’amica”, rispose. E io: “Dev’essere un’amica straordinaria!” 
Si trattava di una donna più vecchia di lui, insegnante in una scuola elementare con un modesto stipendio, una zitella di trentasei anni che si era innamorata di un giovanotto di ventotto. Lei viveva a pane e latte, perché lui potesse passare l’inverno in Riviera e l’estate a St Moritz. 
“E mi chiede perché è ammalato!”, esclamai. E lui: “Il suo punto di vista è moralistico, per niente scientifico.” “Ma Lei usa il denaro di una donna che inganna”, ribattei. E lui: “No, abbiamo fatto un accordo. Ne abbiamo parlato molto seriamente e non mi sembra che questa cosa debba essere messa in discussione.” “Lei sta fingendo con sé stesso che quel denaro non venga da quella donna, ma vive alle sue spalle e questo è immorale. Ecco la causa della sua nevrosi ossessiva. È la compensazione e la punizione per un atteggiamento immorale.” 
Certo il mio punto di vista è totalmente ascientifico, ma io sono convinto che si meriti la sua nevrosi ossessiva e che lo tormenterà fino alla fine dei suoi giorni se continuerà a comportarsi come un maiale.
[...]
Se ne andò via tutto impettito, pensando: “Il dottor Jung è soltanto un moralista, non uno scienziato. Chiunque altro sarebbe rimasto colpito da come ho presentato il mio caso e non si sarebbe curato di particolari tanto banali.” 
Commette un crimine: ruba i risparmi che una donna ha accantonato con una vita di onesto lavoro, per spassarsela alle sue spalle. Quel tipo dovrebbe essere in prigione, e la sua nevrosi ossessiva lo sistema a dovere.

*** Carl Gustav JUNG, 1875-1961, medico e psicoanalista svizzero, fondatore della psicologia analitica, Fondamenti di Psicologia analitica, IV Conferenza, 1935, segnalato da Leonardo Seidita, 'facebook Jungitalia', 9 settembre 20'17, qui


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#LINK / Corbyn, "il liberismo va rimpiazzato" (Leonardo Filippi)

(...) Secondo il leader laburista, i conservatori in modo «spietato» hanno «calcolato che rendere più povere le persone in nome dell’austerità avrebbe permesso forti tagli alle tasse per i ricchi e per i potenti». Questi tagli hanno fatto sì che il Regno Unito sia stato persino ripreso dalle Nazioni unite per «aver violato i diritti delle persone disabili».

L’economia inglese – accusa Corbyn – non si occupa più della questione abitativa, di garantire un lavoro alle persone e di innalzare gli standard qualitativi della vita. Bisogna cambiare modello economico, aggiunge, perché «in Gran Bretagna stiamo assistendo ad un aumento di senza tetto e di poveri senza precedenti». Bisogna puntare su servizi pubblici, sull’istruzione, sulla sanità e su un nuovo piano di investimenti per creare lavoro, argomenta con decisione il capo del Labour party.

«Se vuoi vedere come i poveri muoiono, vieni a vedere la Grenfell Tower», dice il leader, citando una poesia di Ben Okri ispirata alla catastrofe di giugno nella quale sono morte almeno 87 persone nel quartiere North Kensington di Londra. (...)

*** Leonardo FILIPPICorbyn al congresso dei Labour lancia la sfida: «Il neoliberismo va rimpiazzato», 'Left', 27 settembre 2017

LINK articolo integrale (+ VIDEO) qui


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#RITAGLI / Ryanair, neo-caporalato (Gian Antonio Stella)

«Ghiaccerà l’inferno prima che qui mettan piede i sindacati», ha detto l’ad di Ryanair Michael O’Leary. Lo ripete da anni. Al punto che, come ricordava l’altro giorno «il manifesto», quando nel 2016 Ryanair fu convocata al ministero dei Trasporti, la prima volta, per discutere di rispetto della tutela delle maternità e delle normative sulla sicurezza, la compagnia «rispose con una lettera in cui annunciava che non si sarebbe presentata al tavolo semplicemente perché “non riconosceva le organizzazioni sindacali”».  (...) 
Ma possiamo accettare contratti come quelli imposti dal becero «caporalato 4.0» del miliardario irlandese? Alla Ryanair «circa il 70% della forza lavoro piloti lavora a cottimo, non è assunta dalla compagnia ma tramite agenzie interinali, inglesi o italiane, e lavora per ore di volo. Non ha uno stipendio base, non ha ferie pagate, non ha la tredicesima, non ha la malattia pagata», ha spiegato all’Ansa un ex pilota della compagnia irlandese, «L’altro 30% è invece assunto da Ryanair ma con un contratto irlandese, nonostante viva e lavori in Italia». Perfino le divise (360 euro) sono pagate a rate dal lavoratore. Nel 2015 al sindaco di Copenhagen che aveva vietato ai collaboratori di volare con la compagnia irlandese proprio perché offeso da questi esempi di sfruttamento, Ryanair rispose via Twitter con un fotomontaggio dove il sindaco agghindato da Maria Antonietta diceva: «Facciamo pagare loro biglietti più cari!» Se è per questo, i voli sarebbero ancora più economici e O’Leary ancora più ricco se fosse ancora in vigore la schiavitù o la servitù della gleba, abolita in Russia con tale ritardo che gli ex-servi nell’Armata rossa furono 48 milioni. Una sola risposta meriterebbe, questo caporalato turbo-liberista: «Ghiaccerà l’inferno prima che prenda, se proprio non c’è nessunissima alternativa, un altro volo Ryanair».

*** Gian Antonio STELLA, giornalista e saggista, Il caso Ryanair e il neo-caporalato, 'Corriere della Sera', 26 settembre 2017

LINK articolo integrale qui


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mercoledì 27 settembre 2017

#CIT / La lettura (Ottavio Missoni)

citazione dalla intervista di Paola Jacobbi
Ottavio Missoni, la vita si decide in un attimo 
'Vanity Fair', 9 maggio 2013, qui

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#VIGNETTE / Ma (Mauro Biani)

Mauro BIANI
'L'Espresso', 24 settembre 2017

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#SPILLI / Didattica, l'insegnante e il bambino (M. Ferrario)

(via 'facebook', qui)

Mi permetto due righe di commento all'immagine sopra riportata, mostrata in 'facebook' come esempio ammirevole di didattica.

Trovo ovviamente ottimo, in un processo di apprendimento, incoraggiare l'allievo, per rinforzarne le potenzialità. E questo che si tratti di bambini, come in questo caso, o di adulti.
Mi pare tuttavia altrettanto importante che nei confronti di chiunque, dunque anche dei bambini, vengano sottolineati gli errori compiuti: con la matita rossa, o blu, o di qualunque altro colore. 
Non per punire, ma per insegnare. 
Ad esempio, come in questo caso, per richiamare la correttezza della grafia. O per mettere in guardia dal ripetere due volte la stessa parola ('fantasia'), anche soltanto per semplice distrazione. 

Altrimenti, quel 'fantasticoooo', gridato in modo entusiastico a mo' di valutazione da parte dell'insegnante, oltre a suonare eccessivo (come i troppi punti esclamativi cui la retorica corrente ci sta abituando), porta fuori strada.
L'apprendimento, per realizzarsi, ha bisogno di 'feedback' puntuali e onesti: che stimolino, ma non mentano. E ci aiutino a correggerci.
Altrimenti, poi, da adulti, magari pure da laureati, si scrive 'ho' senz'acca, o po' con l'accento, o qual è con l'apostrofo. 
Perché ci hanno sempre detto che siamo "fantasticiiiii": per stimolarci e non deprimere la nostra autostima. 
Con la conseguenza che ci ritroviamo narcisisticamente 'pompati', forse pure arrogantelli quanto basta ad obbedire allo 'spirito dei tempi', ma ignoranti e incapaci di scrivere, persino nella lingua del Paese in cui siamo nati. 

*** Massimo Ferrario, Didattica, l'insegnante, il bambino, per Mixtura

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#SGUARDI POIETICI / Ti auguro di non avere successo nella vita (Jean Debruynne)

Ti auguro di non avere successo nella vita.
Ti auguro di vivere in modo diverso rispetto alle persone “arrivate”.
Ti auguro di vivere con la testa in basso e il cuore in aria,
i piedi dentro i tuoi sogni e gli occhi per sentire.
Ti auguro di vivere senza lasciarti comprare dal denaro
Ti auguro di vivere in piedi e con una casa,
di vivere il respiro nel fuoco, bruciato vivo dalla tenerezza.
Ti auguro di vivere senza marca, senza etichetta, senza distinzione, 
senza altro nome che quello di umano.
Ti auguro di vivere senza rendere nessuno tua vittima.
Ti auguro di vivere senza sospettare o condannare, nemmeno a fior di labbra.
Ti auguro di vivere senza ironia, nemmeno contro te stesso.
Ti auguro di vivere in un mondo senza esclusi, senza rifiutati,
senza disprezzati, senza umiliati, senza accusati con il dito.
Ti auguro di vivere in un mondo dove ciascuno avrà il diritto
di divenire tuo fratello, di divenire il tuo prossimo.
Un mondo dove a nessuno sarà rifiutato il diritto di parola,
il diritto di imparare a leggere e scrivere.
Ti auguro di vivere libero, in un mondo libero
Ti auguro di parlare, non per essere ascoltato, ma per essere compreso.
Ti auguro di vivere l’inaspettato,
vale a dire che ti auguro di non avere successo nella vita.

*** Jean DEBRUYNNE, sacerdote, poeta, scrittore francese, 1925-2006,  Ti auguro, 'cantiere poesia', 14 maggio 2011, qui


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Testo originale (Je te souhaite)
Je te souhaite de ne pas réussir ta vie.
Je te souhaite de vivre autrement que les gens arrivés.
Je te souhaite de vivre la tête en bas et le coeur en l’air,
les pieds dans tes rêves et les yeux pour entendre.
Je te souhaite de vivre sans te laisser acheter par l’argent
Je te souhaite de vivre debout et habité,
de vivre le souffle en feu, brûlé vif de tendresse.
Je te souhaite de vivre sans titre, sans étiquette, sans distinction,
ne portant d’autre nom que celui de l’humain.
Je te souhaite de vivre sans que tu aies rendu quelqu’un victime de toi-même.
Je te souhaite de vivre sans suspecter ni condamner, même du bout des lèvres.
Je te souhaite de vivre sans ironie, même contre toi-même.
Je te souhaite de vivre dans un monde sans exclu, sans rejeté,
sans méprisé, sans humilié, ni montré du doigt.
Je te souhaite de vivre dans un monde où chacun aura le droit
de devenir ton frère, de devenir ton prochain.
Un monde où personne ne sera rejeté du droit à la parole,
du droit d’apprendre à lire et de savoir écrire.
Je te souhaite de vivre libre, dans un monde libre.
Je te souhaite de parler, non pour être écouté, mais pour être compris.
Je te souhaite de vivre l’inespéré,
c’est-à-dire que je te souhaite de ne pas réussir ta vie.

#SENZA_TAGLI / Università, concorsi truccati e mediocrazia (Sergio Rizzo)

A non voler imparare le lezioni sono proprio coloro che dovrebbero darne: i professori. Suggerisce questo la storia che arriva da Firenze, dove un ricercatore ha denunciato di essere stato persuaso a non partecipare a una prova per l’idoneità a professore il cui vincitore, ovviamente meno bravo, era stato già designato. Dai concorsi truccati al nepotismo dilagante, la corporazione dei baroni ha dovuto fare i conti con scandali tali da mettere non di rado in discussione la credibilità delle stesse istituzioni universitarie. Ma la reazione non è stata ovunque all’altezza della gravità della situazione. A ogni misura per fare piazza pulita di certe pratiche indecenti, c’è anzi chi ha risposto con meccanismi per aggirarla affinché tutto restasse come prima.

Il governo approva una norma che vieta ai parenti l’assunzione di incarichi di docenza nelle stesse facoltà dove insegnano i loro congiunti? Niente paura, si inventa il metodo dello scambio di parentele: tu assumi il figlio mio e io assumo il figlio tuo. Non più tardi di un anno fa Raffaele Cantone ha raccontato che in una università meridionale «è stata istituita una cattedra di Storia greca in una facoltà giuridica e una cattedra di Istituzioni di diritto pubblico in una facoltà letteraria». Affidate rispettivamente, sarà un caso, ai figli dei docenti dell’altra facoltà. E fosse un caso isolato. Di denunce simili all’Autorità anticorruzione ne arrivano a bizzeffe. Tanto da far dire al suo presidente: «Esiste un collegamento enorme fra la corruzione e la fuga dei cervelli».

Ancora. Si stabilisce finalmente il criterio dei concorsi unici nazionali per le abilitazioni, nel tentativo di arginare le raccomandazioni? Niente paura, il sistema continua a funzionare esattamente allo stesso modo. Con la differenza, in più, di regalarci figuracce planetarie. Ne sanno qualcosa l’ex premier Matteo Renzi e l’ex ministra dell’Istruzione Stefania Giannini. Tre anni e mezzo fa ricevettero una lettera ustionante nella quale 12 luminari internazionali, fra cui il premio Nobel per l’economia Douglass North, si lamentavano che al concorso per l’abilitazione di storia economica erano stati esclusi inspiegabilmente tre nostri brillanti studiosi “ben noti fuori dall’Italia” per far posto ad altrettanti mediocri. Il sito lavoce.info si prese la briga di mettere in fila i titoli e le pubblicazioni di Mark Dincecco, Giovanni Vecchi e Alessandro Nuvolari, scoprendo che il loro numero era inarrivabile non soltanto per chi era stato proclamato idoneo al posto loro, ma anche per gli stessi commissari che li avevano valutati insufficienti. Un ricorso al Tar avrebbe riconosciuto dopo ben due anni le loro evidenti ragioni. Ma nonostante gli ex esclusi siano potenzialmente ingaggiabili dallo scorso 10 gennaio, nessuno li ha ancora chiamati, quei rompiscatole. Perché tali devono essere considerati in un mondo con regole proprie che si sovrappongono alle leggi, dove il merito e le capacità passano in secondo piano rispetto allo spessore delle relazioni, alla capacità di negoziare favori, agli interessi personali.

Tutto questo è molto triste, soprattutto pensando che le università sono l’incubatore del progresso sociale in tutti i Paesi avanzati. Dove forse non mancano le baronie, ma nessuna commissione d’esame si sognerebbe mai di dare la patente di professore ordinario a Tizio o Caio indipendentemente dalle sue qualità e soltanto perché amico, sodale o parente. Troppo importante è l’università, ovunque, per essere ridotta alla stregua di un mercato che funziona sullo scambio di favori a seconda delle rispettive convenienze perché da lì scaturiscono incarichi, denaro, potere. Perdendo di vista la missione e il ruolo dell’insegnamento accademico in una società che voglia definirsi sviluppata.
Ed è sconcertante l’indifferenza per le conseguenze che hanno certi comportamenti da parte di chi ha l’incarico di formare la futura classe dirigente. A cominciare dal danno alla reputazione dell’università italiana che si ripercuote sull’immagine del Paese. Per continuare con l’emigrazione dei più bravi, costretti da questo sistema a lasciare il posto ai brocchi. I quali a loro volta non potranno che crearne degli altri. E altri ancora, a maggior gloria della mediocrazia.

*** Sergio RIZZO, giornalista e saggista, 'facebook', 26 settembre 2017, qui


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#MOSQUITO / Autunno, la magia della morte che fa spazio al nuovo (Emanuele Casale)

Così come nell’autunno inteso come stagione, analogamente anche nell’autunno interiore di ognuno di noi, possiamo notare che – sommessamente – qualcosa sembra che muoia, qualcosa sembra stia per andare via, qualcosa sembra stia per cadere, cade, proprio come le foglie si staccano dal proprio albero, così da noi cadono parti e frutti maturi che ormai non hanno più motivo di persistere nella loro forma, cade ciò che ha raggiunto la sua massima maturazione e che quindi deve mutare, morire, trasformarsi.

È qui presente un antico mitologema che ci vive.

Ma questa caduta e questo morire è un cedere posto -a. In questa caduta non vi è soltanto morte e fine, vi è un lasciar spazio -a…

L’autunno interiore è una trasformazione silenziosa e sommessa. È da qui che quasi sicuramente, io credo, nasce la gioia e quella dimensione di positività dell’autunno, una dimensione che sembra attraversare e farsi sentire maggiormente da alcuni individui con una certa tipologia psicologica orientata all’introversione.

Vi è una certa magia inconfutabile in questa stagione, testimoniata da quei meravigliosi tappeti di foglie autunnali. Albert Camus colse bene questo aspetto altro dell’autunno e delle sue foglie, quando scrisse che: «L’autunno è una seconda primavera, quando ogni foglia è un fiore.»
È questo vedere in ogni foglia un fiore che ci da testimonianza che, in fondo, qualcosa mentre muore sta anche preparando una rinascita, e quale miglior simbolo di quel qualcosa che ha da venire, se non quello del fiore? Quel fiore mistico dell’anima…

Noi dovremmo percepire profondamente che lo spirito dell’autunno porta in se la magia della morte che fa spazio al nuovo, soprattutto in termini psicologici.

Dovremmo armonizzarci – come facevano gli antichi – a questi ritmi stagionali e conviverci parallelamente in termini psicologici, di stati interiori, quegli stati interiori tipici dell’autunno che abbiamo succitato, che molto spesso allontaniamo e rifiutiamo esclamando stupidi cliché come “Oh no! L’estate è finita”, “Il caldo se ne andrà ora arriva l’autunno!”, “Oh che noia e immobilità l’autunno”.

La psiche ha bisogno dei doni di questa stagione, quali l’introversione, la lentezza del tempo, un certo silenzio nell’aria, un certo porre attenzione e riflessione alla caducità e all’impermanenza dell’inessenziale.

*** Emanuele CASALE, studioso di psicologia, fondatore e coordinatore di 'jungitalia', L'autunno e la sua dimensione psichica, in  Foglie, 'L'anima fa arte. Rivista di psicologia', n. 12, 2016, qui


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#BREVITER / La politica italiana (Tiziana Campodoni)

Tiziana CAMPODONI
 insegnante, blogger, saggista
(via facebook, 26 settembre 2017, qui)

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#VIGNETTE / Le maledizioni di Dio (Natangelo)

NATANGELO
'facebook', 25 settembre 2017

Commento di Natangelo (qui):
Con questa vignetta, non pubblicata, chiudo la mia collaborazione con la rivista 'Tempi' (durata 7 numeri). La scelta è stata mia e la spiego. Mi avevano garantito due cose importanti: 1) nessuna censura 2) soldi. Occasione troppo ghiotta per razzolare ben pagato su un settimanale di area cattolica. 
Perché vado via? Perché ci sono tre cose che un vignettista non dovrebbe mai fare: farsi censurare, censurarsi e censurare. La mia "totale libertà" a Tempi è durata solo poche settimane e infatti la mia ultima vignetta non è stata pubblicata. Certo, avrei potuto disegnare cose più tranquille e gradite all'editore così da continuare a mettere in tasca qualche soldo in più al mese. Ma il gioco non vale la candela: devo qualcosa a questo lavoro, a chi mi legge, a chi me lo ha insegnato, e soprattutto a chi mi pubblica, mi sostiene e mi difende sul serio ogni giorno. Non possiamo pretendere che si rispetti la nostra libertà se poi siamo i primi a svenderla a chi paga meglio. Quindi, stop: si torna a casa. Buona fortuna a tutti, ne abbiamo bisogno. Qui la vignetta in questione.

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#SGUARDI POIETICI / Il bruco verde (Andrea Salvatici)

Conosci te stesso
rischiando tutto.
Altrimenti
sei un bruco verde
su una foglia verde.

*** Andrea SALVATICI, 1964, poeta, Il bruco verde, blog ‘il posto delle fragole’, 12 maggio 2015,  qui


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#BREVITER / Fai l'italiano, chi ce l'ha più lungo, sono rimasto l'unico (mf)

MasFerrario, facebook, 25 settembre 2017

° ° °

MasFerrario, facebook, 25 settembre 2017

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#MOSQUITO / Democrazia a rischio (Chantal Mouffe)

Nella storia della democrazia c’è sempre un momento in cui prevalgono i valori democratici e uno in cui sono quelli liberali a prevalere. Ma c’è sempre la possibilità di riequilibrare questa tensione. 
Ciò che avviene oggi, da una trentina d’anni, è che questa tensione agonistica tra libertà e uguaglianza, tra principio liberale e democratico, è scomparsa. Perché noi viviamo in una società in cui la tradizione liberale, intesa in un senso piuttosto restrittivo, trasformato dal neoliberismo, è diventata così predominante che quando si parla di sovranità popolare la gente ti guarda chiedendosi: «Di cosa sta parlando?». È un concetto anacronistico, non si può parlare di questo oggi, e l’uguaglianza è un concetto parimenti sparito. 
È per questo che tutta una serie di autori, e io sono d’accordo con loro, sostiene che oggi viviamo fondamentalmente in una società postdemocratica: che si pretende democratica, in cui tutte le istituzioni democratiche sono ancora in piedi ma girano un po’ a vuoto. Perché? Perché tutti i valori della sfera della libertà e dell’uguaglianza, che sono costitutivi della tradizione democratica, sono stati messi da parte. Viviamo in una società in cui la democrazia è alla fin fine ridotta alle elezioni aperte a tutti, alla difesa dei diritti umani, intesi in un modo molto specifico… se c’è questo c’è democrazia. Siamo quindi, per queste ragioni, in una società postdemocratica e credo che sia veramente importante guardare a come negli ultimi trent’anni ci sia stata una trasformazione profonda delle nostre società. Alcuni parlano di «de-democratizzazione», altri di crisi della democrazia. Io credo che si tratti proprio del fatto che la predominanza della tradizione liberale ha fatto dimenticare i valori principali della tradizione democratica, eguaglianza e sovranità popolare.

*** Chantal MOUFFE, 1943, politologa belga, docente di Teoria politica presso la University of Westminster di Londra, autrice di Il conflitto democratico, Mimesis, 2015, da Non c'è democrazia senza populismo, dialogo 1, conversazione fra Jean-Luc Mélenchon e Chantal Mouffe, in 'MicroMega', Democrazia e Usa. Democrazia a rischio, n. 5, 2017.


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#SENZA_TAGLI / Elezioni tedesche, un monito e una sfida per l'Italia (Andrea Pertici)

Le elezioni tedesche forniscono anzitutto qualche indicazione per l'Italia.

La prima si ha rispetto alla frase ossessivamente ripetuta dai nostri governanti e dai loro consiglieri, per cui occorrerebbe sapere la sera delle elezioni chi ha vinto, o meglio chi ha la maggioranza e quindi governa (magari anche a costo di leggi incostituzionali come il Porcellum e l'Italicum). La Germania – pur nota per la stabilità di governo (solo 24 Esecutivi dal 1949 a oggi) – conferma che, in una forma parlamentare, questa è un'ipotesi del tutto eventuale (soprattutto se non si adotta un sistema maggioritario, che pure, come ha dimostrato il Regno Unito, può facilitare, ma non assicurare, la maggioranza a un solo partito) e che un Governo rispettoso della volontà popolare si formerà comunque.

Un'indicazione arriva poi rispetto alla questione delle coalizioni elettorali, in Italia divenuta una vera e propria fissazione soprattutto nelle ultime settimane. Le elezioni tedesche ci ricordano come all'estero non esistano: ognuno si presenta per vincere contro gli altri. Accertato che, a seguito delle elezioni, nessun partito abbia ottenuto da solo la maggioranza (che in Germania si pretende, come nel resto del mondo salvo in Italia, che sia conquistata e non ottenuta "in premio"), le forze politiche rappresentate in Parlamento devono confrontarsi per cercare di costituire un Governo sostenuto dalla maggioranza degli eletti. Questa soluzione, già sperimentata per tutti gli Esecutivi tedeschi del dopoguerra (formati da cristianodemocratici e liberali, oppure da socialdemocratici e liberali o da socialdemocratici e verdi o da cristianodemocratici e socialdemocratici), è tipica di una forma di governo parlamentare e non richiede nessuna coalizione pre-elettorale, ma semmai trasparenza nei confronti degli elettori quando si forma il comune programma di governo, come è accaduto molto più in Germania (dove nel 2013 i socialdemocratici tennero anche un referendum tra gli iscritti) che in Italia (dove tutto è parso legarsi più che altro a qualche destino personale, mentre i programmi andavano per slide tanto approssimative quanto facilmente sostituibili).

A proposito di coalizioni, però, da queste elezioni sembra emergere anche come quelle che tengono insieme troppo a lungo destra e sinistra spingano l'elettore a cercare altrove (talvolta spingendosi anche su posizioni estreme) quell'alternativa che è essenziale per la democrazia.

La questione ha però una ricaduta anche a livello europeo (o meglio eurounitario). Infatti, a fronte di Governi (tanto più se di ampie intese) che si propongono come sostenitori dell'unica ricetta europeista, l'alternativa finisce troppo spesso per identificarsi con posizioni anti-europee. Per questo occorre, invece, ribadire che, anche in una prospettiva favorevole all'Unione europea, ci sono alternative (che anzi possono maggiormente spingere verso un assetto federalista) e che queste devono essere alla base delle scelte degli elettori quando ne eleggono gli organi, dovendosi auspicare da questo punto di vista una progressiva partecipazione alla determinazione dell'indirizzo politico eurounitario.

In sostanza, così come negli Stati anche nell'Unione europea, devono esserci alternative. È la democrazia. E a differenza di quanto spesso si dica o si lasci intendere da parte di alcune forze politiche, l'Europa, l'Unione europea, non solo non è incompatibile con una piena democrazia, ma nasce e si sviluppa sulla base di principi che la esaltano, come risulta dai Trattati istitutivi e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. È per questo che considero uno dei passaggi peggiori del discorso di May a Firenze quello per cui la Brexit indicherebbe la volontà dei cittadini britannici di essere sovrani. I cittadini di tutti gli Stati europei vedono rafforzata la propria sovranità in un'Unione forte, le cui politiche devono essere determinate (con il voto e gli altri strumenti di partecipazione), scegliendo tra diverse alternative.

*** Andrea PERTICI, docente ordinario di diritto costituzionale all'università di Pisa, Le elezioni tedesche, un monito per l'Italia e una sfida per l'Europa, 'huffington post', 25 settembre 2017, qui


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