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giovedì 3 agosto 2017

#MOSQUITO / La mia pittura (Vincent Van Gogh)

Sia nella figura che nel paesaggio vorrei esprimere non una malinconia sentimentale ma il dolore vero. 
In breve, voglio fare tali progressi che la gente possa dire delle mie opere: «Sente profondamente, sente con tenerezza» – malgrado la mia cosiddetta rozzezza e forse perfino a causa di essa. 
Sembra pretenzioso parlare oggi in questo modo, ma è questo il motivo per cui voglio spingermi innanzi con tutte le mie forze. 
Cosa sono io agli occhi della gran parte della gente? Una nullità, un uomo eccentrico o sgradevole – qualcuno che non ha posizione sociale né potrà averne mai una; in breve, l’infimo degli infimi. Ebbene, anche se ciò fosse vero, vorrei sempre che le mie opere mostrassero cosa c’è nel cuore di questo eccentrico, di questo nessuno. 
Questa è la mia ambizione, che, malgrado tutto, è basata meno sull’ira che sull’amore, più sulla serenità che sulla passione. È vero che spesso mi trovo nello stato più miserando, ma resta sempre un’armonia calma e pura, una musica dentro di me. Vedo disegni e dipinti nelle capanne più povere, nell’angolo più lurido. E la mia mente è attratta da queste cose come da una forza irresistibile. 
Le altre cose vanno perdendo sempre più interesse e, più me ne libero, più rapidamente il mio occhio afferra le cose per il loro valore pittorico. L’arte richiede un lavoro persistente, lavoro malgrado tutto, e osservazione continua. Per lavoro persistente intendo un lavoro continuativo, ma anche il non cambiare le proprie opinioni a richiesta del tale o del tal altro.

*** Vincent VAN GOGH,  1853-1890, pittore olandese, Lettere a Theo, 1914, Guanda, 2013


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