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sabato 22 luglio 2017

#SENZA_TAGLI / Occupazione, le cinque anomalie italiane (Domenico De Masi)

I dati più recenti sul mercato del lavoro pubblicati dalla Commissione Ue inclinano all’ottimismo. In Europa i lavoratori occupati hanno raggiunto i 234 milioni. Dal 2013 in poi sono stati creati 10 milioni di posti netti per cui il tasso di disoccupazione è tornato al livello del 2008. Anche in Italia le cose sono lievemente migliorate rispetto al 2015, ma restano cinque anomalie: 
1) il nostro tasso di disoccupazione è il più alto d’Europa dopo quello di Spagna e Grecia. 
2) da noi è molto alto il divario tra il tasso di occupazione maschile e quello femminile, a sfavore di quest’ultimo. 
3) Il 22,6% degli occupati sono lavoratori autonomi, cioè appartengono alla categoria in cui più si annidano i lavori precari. 
4) La nostra situazione è allarmante soprattutto tra i giovani di età compresa fra i 15 e i 24 anni. In questa fascia d’età il 37,8% è disoccupato e il 19,9% non studia e non cerca lavoro perché ha perso ogni speranza di trovarlo. Si tratta, dunque, di un giovane su cinque, mentre nel resto d’Europa è un giovane su dieci. 
5) Tra i lavoratori compresi nella fascia di età 25-39 anni il 15% lavora con contratti atipici.

Sulle cause della nostra maggiore percentuale di disoccupazione si continua a sottacere che l’orario di lavoro in Italia è di 1.725 ore annue contro le 1.425 della Francia e le 1.341 della Germania. Dunque, se anche la nostra economia crescesse come quella dei nostri confinanti, comunque non potremmo mai avere i loro stessi tassi di occupazione (oggi il nostro tasso è del 57% contro il 79% della Francia e il 79% della Germania). Altra circostanza che si continua a sottacere è che quando un giovane frequenta l’università non è considerato disoccupato, per cui il tasso di disoccupazione giovanile dipende notevolmente dalla percentuale di giovani iscritti all’università. Da noi sono appena il 40%, contro percentuali molto più alte degli altri paesi europei. Dunque, un modo doppiamente utile per ridurre la disoccupazione giovanile sarebbe quello di incentivare l’istruzione universitaria: la percentuale di disoccupazione giovanile crollerebbe e avremmo una maggiore percentuale di cittadini laureati (oggi raggiungono appena un imbarazzante 23%).

*** Domenico DE MASI, sociologo, docente emerito dell'università La Sapienza di Roma, Occupazione: le cinque anomalie italiane, 'linkedin.com/pulse', 18 luglio 2017, qui


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