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sabato 29 luglio 2017

#MOSQUITO / Angoscia, un 'tipo di nobiltà' con un prezzo alto (Aldo Carotenuto)

Noi tutti abbiamo l’esperienza dell’angoscia. Sappiamo che è qualcosa che ci prende dal di dentro, ci può anche distruggere, ma il grimaldello della psicoanalisi ci viene sempre in aiuto. Se io non ho un oggetto, che può giustificare in parte la mia angoscia, allora è facile pensare che in quel momento quest’oggetto comunque esiste. La verità è che io non ne sono consapevole e allora ho l’impressione di essere perduto. Ecco allora l’intervento dello psicologo, ecco l’intervento dell’analista che può, non dico in tutti i casi, ma in molti casi, aiutarmi a comprendere quell’angoscia, che sicuramente si nasconde negli aspetti più profondi della mia vita. 
Ci sono state tante teorie, tante possibilità di spiegazioni. Io protendo di più verso un aspetto esistenziale della nostra vita, un aspetto esistenziale per il quale noi tutti, usando una terminologia molto utilizzata appunto da certi psicologi dell’esistenza, siamo gettati in questo mondo. E siamo gettati senza nessuna possibilità di salvezza, ma è come se dovessimo vivere fino in fondo il senso dell’essere abbandonati, e quindi siamo presi dall’angoscia. Ora quest’angoscia potrebbe anche esprimere alcuni aspetti importanti della mia vita, che io debbo in un certo senso scoprire. E allora non è un caso che io possa scoprire che quest’angoscia mi deriva da quella che si chiama una ‘falsa coscienza’. Noi uomini dobbiamo purtroppo sopravvivere. Dico purtroppo perché noi uomini, come sappiamo, eravamo stati concepiti per il Paradiso terrestre, ma poi non abbiamo voluto accettare, diciamo, questo regalo, e ce ne siamo andati. Questo è un motivo ricorrente in tutte le mitologie. E’ come se all’uomo non dovesse essere data la sicurezza, la forza, non potesse essere dato qualcosa, così, che lo preservi da tutti i pericoli. L’uomo viene gettato nel mondo e deve accettare di vivere con angoscia la sua esistenza. Ora qualcuno mi potrà dire: ma perché alcuni sono presi dall’angoscia e altri no? Non è facile rispondere. Certo si può dire che forse c’è un problema di sensibilità, per il quale, per esempio, alcune persone non si fanno mai delle domande. Vivono tranquillamente una vita all’esterno, si accontentano di quello che succede, e la loro vita scorre. Nessuno può biasimare questa modalità. Ma ci sono invece poi delle persone che si fanno delle domande. E siccome a queste domande non si può mai rispondere, proprio la mancanza di risposta può generare l’angoscia. E allora l’angoscia diventa uno strumento significativo. Io punto molto su questi aspetti, perché la persona sofferente crede di essere la persona più disgraziata del mondo: in realtà quella sofferenza diventa quella spina che è nel fianco, oppure che è dietro la nuca, ci impedisce di dormire e quindi ci spinge verso la conoscenza, ci spinge a capire cose, che altrimenti non avremmo mai capito. Una persona angosciata, secondo il mio punto di vista, ha un tipo di nobiltà che la persona che non conosce angoscia, non ha mai avuto né potrà mai avere. Naturalmente è un tipo di nobiltà che la persona angosciata ha: questo tipo di nobiltà ha un prezzo molto alto. Io non potrei dire se vale la pena o non vale la pena di pagarlo, però so che bisogna pagare questo prezzo. Anche perché poi, in fondo, le cose veramente importanti nella vita non vengono mai date con uno sconto, hanno sempre un prezzo. E forse noi, che siamo angosciati, dovremmo anche essere pronti a pagarlo.

*** Aldo CAROTENUTO, 1933-2005, psicoanalista di matrice junghiana, Il sentimento dell’angoscia, in Enciclopedia Multimediale Scienze Filosofiche, ‘Aforismi’, qui


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