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sabato 3 giugno 2017

#RACCONTId'AUTORE / La leggenda indiana del serpente (Sandro Onofri)

Un’antica leggenda Cherokee racconta la storia di un vecchio cacciatore indiano, famoso in tutta la tribù per la sua abilità, il quale un giorno, tornando a casa coi frutti della sua giornata, vide un piccolo serpente dai colori splendenti e vivaci, e dall’aspetto amichevole. 
Il cacciatore si fermò, lo osservò un po’ incuriosito e un po’ incantato, e pensò che l’animale poteva essere affamato. Così gli gettò uno dei suoi uccelli e se ne tornò a casa. Poche settimane dopo, passando per lo stesso luogo con alcuni conigli che aveva cacciato, l’uomo vide di nuovo il serpente. Era più cresciuto, ma aveva i medesimi splendidi colori e lo stesso atteggiamento amichevole. Allora l’indiano lo salutò. «Salve», gli disse, per rispondere con amicizia all’amicizia, e gli regalò una delle sue prede. 

La scena si ripeté diverse volte, e ogni volta il serpente appariva sempre più grosso e sempre più bello. Il cacciatore faceva dono di parte della sua cacciagione, e se ne andava contento di quella amicizia nuova e bella che aveva fatto. Finché una sera in cui il cacciatore stava tornando a casa con due daini sulle spalle, il serpente dai bei colori gli si parò davanti, più grosso, più bello e più affamato che mai. L’indiano provò pena per lui e gli diede un intero daino da mangiare.

Quando arrivò all’accampamento, vide che la sua gente si stava preparando per una danza notturna intorno al fuoco. Si preparò e partecipò anche lui ai balli e ai canti antichi che si alzavano da tutta la tribù nella notte luminosa. Quando all’improvviso ecco che di nuovo comparve il serpente, divenuto così grosso e così lungo che circondava dall’esterno tutti quelli che danzavano, i quali restarono dunque imprigionati. 

Il serpente era tutto ricoperto di squame colorate, e aveva sempre il suo atteggiamento amichevole; ma era di nuovo affamato e la gente cominciò ad avere paura. Gli anziani ordinarono allora di prendere archi e frecce e di uccidere quell’animale mostruosamente bello e grande. Tutti insieme lo presero di mira e lo colpirono con precisione, ma il serpente ferito cominciò a battere all’impazzata e uccise molte persone.

Dicono, conclude la leggenda, che quel serpente era proprio come l’uomo bianco.

*** Sandro ONOFRI, 1955-1999, scrittore, poeta, insegnante e giornalista, C’era una volta il nemico indiano, ‘L’Unità’, 5 maggio 1994.


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