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martedì 18 aprile 2017

#RITAGLI / Quando il lavoro rende schiavi (Pietro Spataro)

(...) Ecco: venghino signori venghino nel rutilante mondo del consumismo. Dove non c’è festa che tenga, non c’è Pasquetta e non c’è persino Primo Maggio a trattenere dall’apertura dei negozi per consentire al capriccio del consumatore di esprimersi liberamente come e quando vuole, senza limiti e senza regole.

Lo so che è così da tempo, che questa in fondo non è una novità. Però, in ogni caso a me non piace. Non ritengo giusto, legittimo, sano che i lavoratori siano considerati alla stregua di una merce e non abbiano nemmeno il diritto di passare la festa con un marito o una moglie, con un fidanzato o una fidanzata, con un figlio, un padre, una madre. Insomma, con chi vogliono, dove vogliono, a fare ciò che vogliono in quel tempo dell’ozio che risana la mente e riconcilia con la vita.

E invece no, la modernità – questa modernità che troppo spesso ha il volto della stupidità e della regressione – ci ha abituato al consumo libero e totale. Se ci scappa di comprare, non devono esserci limiti. E se non ci scappa di comprare, hanno inventato apposta queste cattedrali del consumismo, piazzate lontano dalla città in mezzo alla campagna, dove trascorrere la domenica pomeriggio, il Natale dopo il pranzo, la Pasqua dopo l’agnello e la Pasquetta, il Primo Maggio in una sorta di scampagnata dell’acquisto, in una frenetica corsa tra un negozio e l’altro, in un eterno struscio dove non si conosce quasi nessuno se non la persona che ti accompagna. (...)

*** Pietro SPATARO, giornalista, Quando il lavoro rende schiavi, 'giubberosse', 14 aprile 2016, qui


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