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martedì 21 marzo 2017

#LIBRI PIACIUTI / "Le lacrime di Nietzsche", di Irvin Yalom (recensione di M. Ferrario)

Irvin YALOM
"Le lacrime di Nietzsche", 1992, Neri Pozza, 2006
traduzione di Mario Biondi
pagine 445, € 12,50, formato ebook € 8,99

La seduzione intelligente di fantasia e realtà storica
Le lacrime di Nietzsche è un libro che a distanza di quindici anni dalla sua uscita negli Stati Uniti non ha perso il suo fascino. 
Irvin Yalom, psichiatra e psicoterapeuta di fama, docente universitario e scrittore di successo è qui alla sua prima prova narrativa e il taglio originale che caratterizzerà anche le sue opere successive c'è già tutto: un'abile miscela di finzione e realtà, la messa in scena di protagonisti cruciali del pensiero filosofico e psicologico della nostra storia, la verosimiglianza rigorosa delle trame, calate in un contesto storico  attentamente ricostruito, uno stile pacato e avvolgente che sa alimentare curiosità per lo sviluppo dei fatti e insieme spinge costantemente a riflettere sulle dinamiche dell'animo umano.

La vicenda è collocata a Vienna, sul finire dell'800, ed è tutta imperniata su due personaggi cruciali dell'epoca: il primo è Joseph Breuer, autorevole e rinomato medico della buona società cittadina, in qualche modo precursore della psicoanalisi freudiana, e il secondo è Friedrich Nietzsche, il grande filosofo, in quel momento ancora sconosciuto, il cui pensiero, a distanza di due secoli, non ha finito di influenzare il mondo. 
La loro relazione, favorita da una donna allora giovane e di una bellezza sconvolgente e ammaliante, che si affermerà nella maturità come scrittrice e psicoanalista, Lou Salomé, parte come tentativo di Breuer di curare la sofferenza psicofisica di Nietzsche (emicranie e depressione, ogni tanto attraversate da momenti di disperazione accompagnati da idee suicidarie, anche per l'amore tradito con la giovane Salomé), ma si trasforma presto in una vera e propria reciproca psicoterapia 'ante litteram'. 
Attorno a loro, altre due figure, prese dalla realtà storica e ricostruite con fedeltà e tratti indelebili: una ragazza, Bertha, paziente di Breuer, di cui il medico si è innamorato e che sarà la protagonista del famoso caso di 'Anna O' seguito anche da Sigmund Freud, e appunto Sigmund Freud, all'epoca giovane medico in attesa di scegliere la strada che lo renderà famoso.

La dinamica Breuer-Nietzsche è tutta un godimento intellettuale: se ne rimane presi al laccio sin dalle prime mosse e il gioco non finisce di affascinare. I dialoghi, i reciproci pensieri reconditi che seguono le tattiche di Breuer per entrare in contatto empatico con la 'malattia' di Nietzsche e le schermaglie e i meccanismi di difesa messi in atto dal filosofo per mantenersi corazzato e non farsi catturare dalla volontà di Breuer di aiutarlo a cambiare, sono restituiti con vivacità, intensità, profondità. Tutta la solida preparazione psicoterapeutica di Yalom è qui al servizio di uno scavo che non fa sconti e mette davvero a nudo ambedue i protagonisti, riuscendo sempre a evitare, con una chiarezza espressiva mirabile, astrattezze e arzigogoli.

Come precisa Yalom nella postfazione, «Friedrich Nietzsche e Josef Breuer non si sono mai incontrati. E ovviamente la psicoterapia non è stata inventata come risultato del loro incontro. Ciò nonostante la vicenda dei personaggi principali si basa sulla realtà, e le componenti essenziali di questo romanzo – l’angoscia mentale di Breuer, la disperazione di Nietzsche, Anna O., Lou Salomé, il rapporto di Freud con Breuer, l’emergente embrione della psicoterapia – sono tutti fatti storicamente fondati nel 1882.». 
E' proprio da questa rielaborazione fantasiosa, ma severamente agganciata ai dati storici, che nasce la magia di quest'opera.

*** Massimo Ferrario, per Mixtura

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«Personalmente, Josef, io ho sempre creduto che siamo più innamorati del desiderio che della persona desiderata!» 
«Più innamorati del desiderio che della persona desiderata!» ripeté Breuer. «Datemi un po’ di carta, per favore. Questa me la voglio ricordare». Nietzsche strappò un foglio dal fondo del suo taccuino e attese che l’altro scrivesse la frase, piegasse la carta e la riponesse nella tasca della giacca. (Irvin Yalom, "Le lacrime di Nietzsche", 1992, Neri Pozza, 2006)

«Tu vuoi diventare te stesso» continuò Nietzsche. «Quante volte te l’avrò sentito dire? Quanto spesso ti sei lamentato di non avere mai conosciuto la libertà? La tua bontà, il tuo dovere, la tua fede: eccole le sbarre della prigione in cui sei rinchiuso. Di simili meschine virtù morirai. Devi imparare a conoscere il tuo lato cattivo. Non puoi essere libero soltanto in parte: anche i tuoi istinti sono assetati di libertà. I tuoi cani selvatici, in cantina, abbaiano chiedendo libertà. Ascolta più attentamente: non li senti?» 
«Ma io non posso essere libero» implorò Breuer. «Ho fatto sacri voti di matrimonio. Ho un dovere nei confronti dei figli, degli studenti, dei pazienti». 
«Per costruire figli devi prima costruire te stesso. Altrimenti i tuoi figli saranno frutto di bisogni animali, o della solitudine, o serviranno soltanto a rappezzare i buchi che hai nell’intimo. Il tuo compito in quanto padre non è produrre un altro te stesso, un altro Josef, ma qualcosa di superiore. È produrre un creatore. 
«E tua moglie?» proseguì inesorabile Nietzsche. «Non è forse imprigionata nel matrimonio come te? Mentre il matrimonio non deve affatto essere una prigione, ma un giardino in cui si coltiva qualcosa di superiore. Forse l’unico modo per salvare il tuo è rinunciarci». 
«Ho fatto sacri voti di vincolo coniugale».
«Il matrimonio è qualcosa di grande. È grande cosa essere sempre in due, rimanere innamorati. Sì, il vincolo coniugale è sacro. Eppure...» e la voce di Nietzsche divenne inintelligibile. 
«Eppure?» chiese Breuer. 
«Il vincolo coniugale è sacro» ripeté Nietzsche con voce aspra. «Eppure è meglio spezzarlo che esserne spezzati!» (Irvin Yalom, "Le lacrime di Nietzsche", 1992, Neri Pozza, 2006)

«Inoltre» continuò Breuer, «ho anche imparato – o forse è la stessa cosa, non so bene – che dobbiamo vivere come se fossimo liberi. Anche se non possiamo sfuggire al fato, tuttavia dobbiamo prenderlo a testate: dobbiamo volere che il nostro destino si realizzi. Dobbiamo amare il nostro fato. (Irvin Yalom, "Le lacrime di Nietzsche", 1992, Neri Pozza, 2006)
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