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lunedì 20 febbraio 2017

#SENZA_TAGLI / Liberismo e democrazia, secondo Renzi (Francesco Erspamer)

Volete capire cosa vuol dire liberismo? Ascoltate Renzi; per esempio il suo sprezzante discorso all'Assemblea del Pd: "Il Pd appartiene ai cittadini che votano alle primarie". Non agli iscritti o ai simpatizzanti; ai cittadini. E siccome il Pd ha la maggioranza in Parlamento, secondo Renzi il potere appartiene ai cittadini che votano alle primarie del Pd, ossia al segretario che eleggono in quella occasione, cioè lui.

Questo è liberismo: mescolare i ruoli, confondere le funzioni, usare un linguaggio impreciso allo scopo di indebolire la democrazia, di renderla ostaggio dei poteri forti, dei loro media, delle minoranze da essi controllate.

In democrazia non esiste la categoria dei "cittadini che votano alle primarie" come non esiste, mettiamo, quella dei "cittadini con il conto in banca" o dei "cittadini con un diploma di laurea". O un diritto appartiene a tutti i cittadini, senza alcuna discriminazione, o non si tratta di cittadini bensì di individui (che magari infatti non sono cittadini; non serve essere cittadini per iscriversi al Pd e votare alle primarie) i quali agiscono a titolo personale e hanno privilegi in quanto individui e non in quanto cittadini. 

Renzi non è solo un promotore di questa falsificazione; ne è anche il prodotto. Alle primarie del 2013 votarono meno di 3 milioni di persone e di queste meno di due milioni diedero la preferenza a lui; rispetto al totale dei cittadini aventi diritto al voto (51 milioni) si trattava rispettivamente del 5,8% e del 3,7%. In altre parole, Renzi divenne presidente del consiglio e indiscusso padrone del paese (sentendosi persino autorizzato a cambiare la legge elettorale e a stravolgere la Costituzione) grazie al consenso di meno del 4% dei cittadini.

Chiariamo dunque le cose. L'articolo 49 della Costituzione stabilisce che "tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale". Non dice affatto che i cittadini abbiano diritto di essere accettati in qualsiasi partito, né che i partiti appartengano alle maggioranze che vincessero le rispettive primarie, né che ci debbano essere primarie e tanto meno che debbano essere aperte ai non iscritti. Non dice neppure che i partiti debbano essere internamente democratici. Per il semplice, ovvio motivo che NON sono democratici in nessun caso in quanto non sono istituzioni dello Stato e il loro funzionamento è protetto ma non determinato dalla Costituzione. Il metodo democratico serve per consentire ai cittadini di determinare la politica nazionale, ossia dello Stato, individualmente o dopo essersi associati in partiti. Ciò che avviene nei partiti sono solo fatti dei partiti e della minuscola fazione dei loro membri o simpatizzanti; non dei cittadini.

*** Francesco ERSPAMER, docente di studi italiani e romanzi ad Harvard, saggista, 'facebook', 19 febbraio 2017, qui


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