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sabato 26 novembre 2016

#FAVOLE & RACCONTI / Il patriarca cinese e la collina che faceva ombra (M. Ferrario)

Lui e la sua famiglia - figli e figlie, nuore e generi, nipoti e pronipoti - erano stati sfrattati dagli eredi del proprietario terriero che per una vita li aveva ospitati sulle sue terre in cambio del loro lavoro nei campi e da un mese erano in una nuova casa, ai piedi di una collina.
Non avevano trovato altre sistemazioni se non una fattoria abbandonata, quasi cadente e tutta da ristrutturare: dopo tanti anni di fatiche, avevano risparmi miseri, giusto il denaro che serviva per vivere. Perciò avevano dovuto accontentarsi. E tutto sommato, erano stati fortunati: le stanze erano numerose e capienti e una volta sistemate avrebbero accolto tutti loro, senza imporre a nessuno di andarsene.
Tuttavia, soprattutto per l'anziano cinese cui tutti portavano assoluto rispetto per il ruolo di grande patriarca, la soluzione aveva uno svantaggio insopportabile: una grande collina, sassosa e senza vegetazione, faceva ombra alla casa per quasi tutto il giorno.

Il vecchio non riusciva ad accettare questa situazione: aveva bisogno dei raggi del sole per sentirsi vivo ed era convinto che senza il tepore del sole anche i figli e i nipoti avrebbero perso presto la salute e l'allegria e all'armonia di oggi sarebbero seguiti divisioni e conflitti.

Da una settimana, aveva messo in atto un comportamento strano.
Senza comunicarlo a nessuno, ogni giorno si alzava all'alba, prendeva una carriola e si incamminava a passo lento e regolare lungo il sentiero che portava in cima alla collina.
Verso mezzogiorno raggiungeva la cima: fissava il sole per almeno cinque minuti, si faceva entrare la sua luce nei polmoni con respiri ampi e lunghi a bocca aperta, poi raccoglieva un po' di ciottoli, riempiva la carriola e subito ridiscendeva.
Arrivato in pianura, oltrepassava il ruscello che correva dietro casa e in un largo spiazzo, brullo e senza alberi, rovesciava la carriola con il carico di pietre.

Il figlio e il nipote, accortisi dei viaggi del vecchio e preoccupati per questo suo solitario sforzo quotidiano, non avevano osato chiedergli il perché dei suoi viaggi. Ma decisero di fargli compagnia: e si unirono a lui, imitandolo, anche senza aver capito il significato di queste camminate.

Da due giorni, perciò, anche loro ogni mattina arrivavano in cima alla collina, conducendo ognuno una carriola: raccoglievano da terra quante più pietre possibili, le disponevano nelle carriole e le portavano a valle, depositandole al di là del ruscello, dietro casa, facendone un grande mucchio con quelle del vecchio.

Almeno tre erano le domande che avrebbero voluto porre.
Cosa avrebbero dovuto fare con tutti questi sassi portati in pianura?
Servivano per la ristrutturazione della fattoria?
E per quanti giorni avrebbero dovuto salire e scendere la collina con le carriole?

Il terzo giorno, mentre tutti all'alba stavano per incamminarsi per il solito viaggio dopo aver recuperato le tre carriole depositate nel retro della fattoria, il figlio prese coraggio e chiese al vecchio:
«Padre, ma perché lo facciamo?».
Il patriarca non ci pensò un secondo.
«Per rimuovere la collina.»
Il figlio  credette di non aver capito bene:
«Per rimuovere la collina?».
Il vecchio aveva la faccia seria: confermò, con tranquillità e determinazione.
«Certo. Un sasso dopo l’altro e la collina sparirà: non ci farà più ombra. E il sole scalderà la casa e ci darà energia, mantenendoci vitali e allegri».

Intervenne il nipote.
«Nonno, scusami, ma è un'impresa enorme. Impossibile. Tu contro una intera collina. Neppure con un miracolo potrai farcela. La collina è più forte: è lì da sempre e non scomparirà per un po' di pietre che tu riuscirai a portare a valle. E poi...».
«E poi...?» lo incalzò il vecchio, immaginando il seguito.
Il nipote voleva trattenersi, ma decise di esprimere il suo pensiero senza diplomazia: era il preferito del vecchio e del resto il vecchio sapeva quanto il giovane gli fosse affezionato.
«E poi, la tua età... Comunque non potresti mai vedere la collina spianata.».
«Lo so, figliolo. Nonostante i miei tanti anni, non ho ancora il cervello annacquato: è ovvio che morirò prima».
«Ma allora perché lo fai?», insistette il nipote.
Il patriarca aveva la risposta pronta.
«Semplice. Se i figli e i nipoti e i figli dei nipoti e i nipoti dei nipoti e tutti quelli che nasceranno dalle nostre famiglie continueranno a raccogliere ciottoli dalla cima della collina, la collina un giorno non ci sarà più. E al suo posto brillerà il sole».

Il nipote rimase in silenzio per qualche secondo: ovviamente continuava a non essere convinto.

Fu in quel momento che l'anziano patriarca allargò il volto in un sorriso benevolo e fissò negli occhi i due discendenti.
«Voi mi promettete che continuerete nel mio lavoro e farete in modo che i figli e i nipoti e i nipoti dei nipoti non smetteranno di portare pietre giù dalla collina?»
Figlio e nipote incrociarono gli sguardi per un attimo, come per chiedersi un impegno reciproco.
Poi chinarono il capo e insieme dissero:
«Te lo promettiamo».
Ma la voce era titubante e il vecchio lo notò.
«Forse avete qualche dubbio...?».
Non osavano.
Poi il figlio ammise:
«Padre, è che noi possiamo impegnarci per noi. In futuro, gli altri... non sappiamo se...».

Il vecchio liquidò le perplessità agitando la mano nell'aria, come per scacciarle.
Poi fece capire di considerare chiuso per sempre l'argomento, annunciando con voce grave e lenta le sue ultime parole definitive.
«Figlioli, ascoltatemi. Noi, ora, qui, possiamo soltanto fare la parte che ci è data: altri, in futuro, qualunque decisione prenderanno, faranno la loro. Io, adesso, per quello che posso, mi limito a impegnare me stesso in questo compito: da qui a quando morirò mi comporterò perché in futuro non ci sia più la collina a togliere il sole alla nostra casa. Questa decisione e questa azione sono in mio potere e questo farò. A me basta sapere che se tutti domani continueranno a fare ciò che noi stiamo facendo, questo mio sogno si realizzerà. E sarà bene per tutti. Adesso basta: abbiamo speso anche troppe parole. Lasciatemi prendere la carriola, che si è fatto tardi».

*** Massimo Ferrario,  Il patriarca cinese e la collina che faceva ombra, 2013-2016, per Mixtura - Riscrittura di una famosa favola di origine orientale, anche riportata da Walter Anderson, Corso di fiducia in se stessi, 1997, Corbaccio, Milano, 1998.


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