Metà mattina di primavera. Un sole giovane che intiepidisce.
Campi a perdita d'occhio.
Quiete e silenzio.
Campi a perdita d'occhio.
Quiete e silenzio.
Qui e là qualche casolare, collegato agli altri da viottoli sassosi, larghi quanto basta per farci passare le macchine agricole.
In lontananza, la strada principale, poco trafficata: ogni tanto, il rumore attutito di qualche auto che passa.
Su uno spiazzo di terra, due semi, portati da un leggero venticello che ora ha smesso di spirare, si trovano a qualche metro di distanza.
Si guardano in giro, per capire dove sono capitati.
Annusano il terreno: è grasso e fertile.
Uno è esuberante, l'altro è timido.
Uno non riesce a trattenere la gioia, l'altro è zitto e pensoso.
Un bambino con in mano un aquilone a forma di drago sta tornando verso la fattoria: è dispiaciuto perché il vento è caduto e non può più far piroettare il suo drago su in alto nel cielo. Ma è anche stanco per tutte le corse che ha fatto e pregusta la merenda preparata dalla mamma.
Proprio ai margini del viottolo, nota i due semi.
Si ferma.
Ha imparato dal papà e decide di provare.
Scava una piccola buca, non troppo profonda, e vi deposita dentro i semi, con cura e quasi con affetto, coprendoli con un leggero strato di terra.
Poi si guarda in giro, per ricordare il punto esatto: nei prossimi giorni verificherà se i semi hanno attecchito.
Quindi, tutto contento, corre a casa per raccontare la sua piccola avventura.
Ora i due semi sono più vicini, nascosti alla vista da quel po' di terra che il bambino gli ha versato sopra.
Il primo seme è felice.
Sa che diventerà una bellissima pianta dai fiori profumati e colorati e vuole cominciare subito a farla nascere.
Lo comunica al suo amico seme che gli sta accanto, con toni entusiastici.
Non ha dubbi su quello lui farà.
«Mi aprirò un varco in profondità: lo farò con forza e determinazione, spingendo giù le mie radici, nella terra che affonda sotto di me. Poi farò spuntare al più presto i miei germogli dallo strato di terra che abbiamo sopra di noi. E' primavera. Me la sento in tutto me stesso e annuncerò la sua energia a chiunque vedrà ciò che diventerò: chi mi passerà accanto rimarrà stupito per tutte le gemme che riuscirò a mettere. Voglio bere al più presto dai miei petali la rugiada del mattino e sentire il calore del sole sui miei fiori. Sì, ho deciso, mi darò subito da fare qui sotto: non attenderò un attimo di più».
Il secondo seme è titubante.
E' pieno di dubbi e invidia la sicurezza dell'altro seme. Si domanda se davvero ha dentro di sé i profumi e i colori che faranno diventare bella la pianta che farà nascere. E, anzi, arriva a mettere in discussione la possibilità stessa di riuscire a far crescere la pianta.
«Tu fai presto a parlare. Ma io ho paura. Non conosciamo la terra che ci sta sotto: è profonda e scura, magari è troppo compatta e, spingendo le radici in fondo, potremmo far loro del male. Ma anche la terra che ci sta sopra, forse, non è lo strato leggero che sembra: potrebbe essere pericolosa per i nostri germogli, che farebbero fatica ad aprirsi. Chi ci assicura che riusciremo a proteggerne la delicatezza? E se una lumaca domani cercasse di mangiarseli? E quand'anche riuscissimo a svilupparci e a far nascere la pianta che abbiamo dentro di noi, se poi proprio quel bambino con l'aquilone che ci ha messo qui sotto volesse cogliere i nostri fiori e nel prenderseli ci strappasse pure le radici?»
Il primo seme non si lascia scoraggiare.
«E' vero, può accadere una delle cose che hai detto. Ma può anche non accadere nulla di tutto ciò. E allora anche tu stupirai tutti per la bellezza dei tuoi colori e il profumo dei tuoi fiori. Non c'è che provare. E io ci provo.
Il secondo seme medita sulle parole appena ascoltate: anche lui avrebbe tanta voglia di provarci, ma il timore è più forte.
«Secondo me è meglio aspettare. Io resterò rintanato qui sotto, al sicuro».
Passano giorni e settimane.
Il primo seme cresce.
E diviene una pianta rigogliosa, facendo la gioia del bambino con l'aquilone, che ogni mattina, tutto orgoglioso, va ad ammirarne i fiori: ne raccoglie tre per volta, sempre con la massima delicatezza, e li porta al casolare alla mamma, che li mette in un vaso al centro della tavola.
Del secondo seme, invece, il bambino con l'aquilone non sa spiegarsi cosa sia accaduto: eppure l'aveva interrato come l'altro, con la stessa attenzione.
In effetti, lì dove lui aveva riposto i due semi, dopo qualche giorno era passata una gallina: tutta intenta a raspare il terreno in cerca di cibo, aveva trovato il seme ancora imbozzolato e se lo era inghiottito in una sola beccata.
*** Massimo Ferrario, I due semi, 2016, per Mixtura. Libera riscrittura di un breve racconto di Patty Hansen, Rischiare, in Jack Canfield e Mark Victor Hansen, Brodo caldo per l'anima - 1, 1999, traduzione di Roberto Sorgo, Armenia, 2016.
Uno non riesce a trattenere la gioia, l'altro è zitto e pensoso.
Un bambino con in mano un aquilone a forma di drago sta tornando verso la fattoria: è dispiaciuto perché il vento è caduto e non può più far piroettare il suo drago su in alto nel cielo. Ma è anche stanco per tutte le corse che ha fatto e pregusta la merenda preparata dalla mamma.
Proprio ai margini del viottolo, nota i due semi.
Si ferma.
Ha imparato dal papà e decide di provare.
Scava una piccola buca, non troppo profonda, e vi deposita dentro i semi, con cura e quasi con affetto, coprendoli con un leggero strato di terra.
Poi si guarda in giro, per ricordare il punto esatto: nei prossimi giorni verificherà se i semi hanno attecchito.
Quindi, tutto contento, corre a casa per raccontare la sua piccola avventura.
Ora i due semi sono più vicini, nascosti alla vista da quel po' di terra che il bambino gli ha versato sopra.
Il primo seme è felice.
Sa che diventerà una bellissima pianta dai fiori profumati e colorati e vuole cominciare subito a farla nascere.
Lo comunica al suo amico seme che gli sta accanto, con toni entusiastici.
Non ha dubbi su quello lui farà.
«Mi aprirò un varco in profondità: lo farò con forza e determinazione, spingendo giù le mie radici, nella terra che affonda sotto di me. Poi farò spuntare al più presto i miei germogli dallo strato di terra che abbiamo sopra di noi. E' primavera. Me la sento in tutto me stesso e annuncerò la sua energia a chiunque vedrà ciò che diventerò: chi mi passerà accanto rimarrà stupito per tutte le gemme che riuscirò a mettere. Voglio bere al più presto dai miei petali la rugiada del mattino e sentire il calore del sole sui miei fiori. Sì, ho deciso, mi darò subito da fare qui sotto: non attenderò un attimo di più».
Il secondo seme è titubante.
E' pieno di dubbi e invidia la sicurezza dell'altro seme. Si domanda se davvero ha dentro di sé i profumi e i colori che faranno diventare bella la pianta che farà nascere. E, anzi, arriva a mettere in discussione la possibilità stessa di riuscire a far crescere la pianta.
«Tu fai presto a parlare. Ma io ho paura. Non conosciamo la terra che ci sta sotto: è profonda e scura, magari è troppo compatta e, spingendo le radici in fondo, potremmo far loro del male. Ma anche la terra che ci sta sopra, forse, non è lo strato leggero che sembra: potrebbe essere pericolosa per i nostri germogli, che farebbero fatica ad aprirsi. Chi ci assicura che riusciremo a proteggerne la delicatezza? E se una lumaca domani cercasse di mangiarseli? E quand'anche riuscissimo a svilupparci e a far nascere la pianta che abbiamo dentro di noi, se poi proprio quel bambino con l'aquilone che ci ha messo qui sotto volesse cogliere i nostri fiori e nel prenderseli ci strappasse pure le radici?»
Il primo seme non si lascia scoraggiare.
«E' vero, può accadere una delle cose che hai detto. Ma può anche non accadere nulla di tutto ciò. E allora anche tu stupirai tutti per la bellezza dei tuoi colori e il profumo dei tuoi fiori. Non c'è che provare. E io ci provo.
Il secondo seme medita sulle parole appena ascoltate: anche lui avrebbe tanta voglia di provarci, ma il timore è più forte.
«Secondo me è meglio aspettare. Io resterò rintanato qui sotto, al sicuro».
Passano giorni e settimane.
Il primo seme cresce.
E diviene una pianta rigogliosa, facendo la gioia del bambino con l'aquilone, che ogni mattina, tutto orgoglioso, va ad ammirarne i fiori: ne raccoglie tre per volta, sempre con la massima delicatezza, e li porta al casolare alla mamma, che li mette in un vaso al centro della tavola.
Del secondo seme, invece, il bambino con l'aquilone non sa spiegarsi cosa sia accaduto: eppure l'aveva interrato come l'altro, con la stessa attenzione.
In effetti, lì dove lui aveva riposto i due semi, dopo qualche giorno era passata una gallina: tutta intenta a raspare il terreno in cerca di cibo, aveva trovato il seme ancora imbozzolato e se lo era inghiottito in una sola beccata.
*** Massimo Ferrario, I due semi, 2016, per Mixtura. Libera riscrittura di un breve racconto di Patty Hansen, Rischiare, in Jack Canfield e Mark Victor Hansen, Brodo caldo per l'anima - 1, 1999, traduzione di Roberto Sorgo, Armenia, 2016.
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