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lunedì 1 febbraio 2016

#LINK / Zingari, il loro codice genetico piaceva ai nazisti (Ilaria Giupponi)

Ogni anno, in questa data, tanto si scrive, troppo si ripete. Che oltre allo sterminio del popolo ebraico sia avvenuta la decimazione della popolazione rom e sinti europea, è un fatto che ha – finalmente – acquisito pari dignità storica. Più di 500.000 persone annientate (gli abitanti di una città come Firenze), tanto che il popolo romaní chiama questo etnocidio “porrajmos”: il Grande Divoramento. Ciò ovviamente non toglie che gli “zingari” riscuotano, durante tutto il resto dell’anno, tuttora meno simpatie rispetto ai loro compagni di disgrazia.
Ma cosa volete che sia: un conto è la memoria di una tragedia, un conto è l’agire quotidiano.

C’è però un dettaglio, che invece non molti conoscono e che potrebbe stupire. Ovvero che gli “zingari”, per i generali e scienziati nazisti, fossero un patrimonio preziosissimo. Da preservare. Al punto da rinchiuderli in un vere e proprie riserve.

Alla base, la convinzione di studiosi della razza come Robert Ritter (psichiatra infantile e neurologo a capo del Centro di ricerche per l’Igiene e la Razza), che trattandosi di una popolazione di origine indoeuropea, e dunque ariana, il ceppo zingaro fosse l’unico a “contenere” il pacchetto genetico originario della razza tedesca.
A contaminarlo, un gene: il Wandergen (“gene del nomadismo”) insito, anche questo, negli “zingari”. Questo “istinto genetico” li aveva portati, nei secoli, a confondersi con i non ariani, facendo degenerare progressivamente la “sacra” purezza. Le mescolanze avvenute durante il secolare nomadismo dall’India, avevano perso i caratteri originali della razza, deviandola irrimediabilmente. Gli “incroci indesiderabili” andavano eliminati o lasciati “esaurire”: la sterilizzazione per tutti gli Zigeuner sopra i 12 anni fu una delle conseguenti misure raccomandate – e in parte effettivamente eseguite. (...)

*** Ilaria GIUPPONI, gionralista, Perché agli scienziati nazisti piaceva il codice genetico degli zingari, 'Left', 27 gennaio 2016

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