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lunedì 15 febbraio 2016

#INEDITI / Concretezza, il paradosso in organizzazione e formazione (Massimiliano Caccamo)

UNO
Trentacinque anni fa quando ho cominciato ad occuparmi di formazione all’interno della mia prima azienda (Pirelli) mi sono imbattuto quasi subito nella “domanda di concretezza”.

Il pubblico interno, sia di staff che di line voleva “concretezza”, esigeva iniziative di formazione che fossero concrete ovvero “aderenti alla realtà “(cit. Dizionario Garzanti) o, per dirla in altri termini,  “utili”.

La critica degli utenti partiva all’istante in alcune situazioni-tipo. 
Ne citerò un paio che mi sembrano emblematiche

(1) - Quando veniva invitato ad esporre, su un determinato tema, un professore universitario. Se era della vecchia scuola “trasmissiva” questo richiamava una doppia critica: una sul “cosa” (teorie distanti dalla realtà di tutti i giorni) e una sul “come” (parole, parole parole…)
In più le esemplificazioni (specie in campo innovativo) facevano riferimento a realtà lontane chilometricamente e culturalmente (gli USA) ed era dunque facile sbeffeggiarle.
Per finire i capi aspettavano solo il pretesto giusto per segnalare ”che c’era da fare” e “non c’era tempo da perdere” con teorie inapplicabili.

(2) - Quando si metteva in discussione una determinata strumentazione di lavoro, per sostituirla con una nuova. Molte persone a cui era richiesto di cambiare le macchine da scrivere coi pc andavano in crisi e obiettavano che “erano lenti e inaffidabili”. Più avanti non si riusciva a capire perché sostituire i mainframe con l’informatica distribuita. Più avanti ancora,  agli albori del multimedialismo, mi sono sentito dire che non si potevano sostituire le circolari interne con le mail o un sistema televisivo perché “così si svilisce la circolare”. Tutti esempi di identificazione di una professione o di un ruolo con lo strumento che ha fatto da corredo al percorso iniziale di apprendimento del mestiere. Infine ho lavorato con un capo che aveva liquidato l’avvento di internet come “una bolla di sapone”.

Di recente abbiamo la verifica sperimentale delle onde gravitazionali intuite da Einstein 100 anni fa. C’è ancora qualcuno che pensa “cosa me ne faccio delle onde gravitazionali?”
In realtà come ci ricorda Luca Perri “quella teoria ci ha portato ai satelliti, ai cellulari, ai laser e a qualche fonte di energia (pure a una bomba, ma quella è mica colpa di Albert...)”

DUE
C’erano solo un paio di posti in azienda in cui si parlava poco di concretezza. Anzi, se ti presentavi con l’idea di far adottare a loro strumenti di misurazione dell’efficacia, ti guardavano come un matto. Erano il reparto Ricerca e Sviluppo e quello di Marketing Strategico. Non a caso per loro natura votati ad esplorare futuri possibili ma non ancora, appunto, concretizzati
E forse è il caso di ricordare che è proprio da lì che sono uscite quelle due o tre idee che hanno aumentato a dismisura il valore economico dell’azienda, garantendone la permanenza sul mercato per alcuni decenni. 

Trentacinque anni dopo siamo qui ancora a discutere  (e a finanziare) idee caratterizzate  da una percezione di concretezza e di utilità a breve.
Abbiamo dimenticato in fretta che se avessimo prese per buone le istanze di concretezza  delle segretarie di allora oggi saremmo ancora in giro col bianchetto per fare le correzioni.
Trentacinque anni dopo abbiamo sacrificato sull’altare della concretezza gli investimenti in formazione e ricerca. La ricerca dev’essere applicata, la formazione addestrativa.

Ma guardatevi un po’ in giro, se vi sta a cuore il futuro. Cercate le mosche bianche che autofinanziano (a prezzo di grossi sacrifici)  programmi che non contengono, per definizione, la tanto auspicata concretezza, le istruzioni per l’uso, le ricettine della nonna Mariuccia. 
La formazione deve fare ricerca. E se queste iniziative sono rare, non ci va quasi nessuno, se l’azienda non le paga volentieri siete sulla strada giusta. Se non rispondono a bisogni diffusi è un buon segno. Perché, come ha scritto il saggio scopritore delle onde gravitazionali  “non c’è niente di più pratico di una buona teoria”.

*** Massimiliano CACCAMO, consulente e formatore, responsabile di ComeNetwork, Il paradosso della concretezza in ambito organizzativo e formativo, per Mixtura


In Mixtura 1 altro contributo di Massimiliano Caccamo qui

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