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martedì 22 dicembre 2015

#SENZA_TAGLI / Natale, con i tuoi (Massimo Gramellini)

Non esiste anima pura che non ami il rito del Natale e le sue radiose manifestazioni all’insegna della spontaneità.

La bellezza delle vigilie trascorse in apnea, trascinandosi tra negozi intasati e commessi nervosi, con la lista dei regali ancora da fare a persone di cui non sai quasi nulla, e ci sarà un perché, ma ora non te lo chiedi e ti lasci sedurre dalla sensazione imperdibile di stare buttando dei soldi per un oggetto inutilmente costoso che verrà utilmente riciclato.

Il fascino dei pacchi-regalo che richiedono una coda supplementare a cui ti sottoporresti persino con docilità, se solo non avessi la macchina parcheggiata in terza fila con i lampeggianti, il pargolo urlante nel passeggino e il telefonino ululante nella tasca; sono gli amici d’infanzia che non hanno fatto in tempo a chiamarti durante l’anno e bramano dalla voglia di sentirti proprio adesso; hanno voci calme e sorridenti che ti ricordano come loro hanno già fatto tutti i regali, anche tutti i pacchi, e quindi possono concedersi il lusso di sprofondare sul divano vista Albero del salotto di casa per intrattenerti con argute riflessioni sulla situazione del Pd e quella non meno conflittuale del matrimonio di un ex compagno di scuola.  

La meraviglia della cena della vigilia e del pranzo di Natale, dove puoi esaudire il desiderio a lungo strozzato di rivedere la cugina di tuo marito che ha parlato male di te sulla sua pagina Facebook e mediare le risse tra bambini condannati a passare insieme i prossimi ottanta natali della loro vita, ma soprattutto quelle tra gli adulti; i combattenti si sono allenati per mesi in vista della tenzone natalizia: mesi di incomprensioni e rancori saggiamente coltivati nel silenzio e nel pettegolezzo, in attesa di esplodere durante le ore della convivenza forzata intorno alla tavola imbandita, sotto lo sguardo liquido della nonna che non si accorge di nulla o forse sì e ne prova un sadico piacere. 

La delizia delle discussioni tra il cugino vegano e il cognato cacciatore che descrive con toni estasiati la sua ultima disfida con un fringuello mentre l’altro mastica le sue tagliatelle senza uovo al ragù di seitan e pensa serenamente ma seriamente di ucciderlo e darne i resti in pasto a un vitellino. 

La felicità che ti assale quando ripari in bagno alla ricerca di un momento di quiete, estrai il telefono forse per chiamare aiuto (esisterà un numero verde per le vittime del Natale?) e lo trovi invaso da centinaia di auguri che non si rivolgono direttamente a te, ma all’intero elenco telefonico dell’augurante, il quale è sempre così spiritoso e originale da impreziosire il messaggio con citazioni colte che ti consentono di ripassare tutti gli aforismi di Oscar Wilde, compresi quelli apocrifi. 
Il calore degli abbracci con sconosciuti che millantano il tuo stesso sangue, dei brindisi con gli spumanti regalati per l’occasione che sei costretto a trovare buonissimi, delle tombole fracassone, dei panettoni farciti che digerirai a Pasqua e naturalmente dell’apertura dei regali; il sorriso per nulla forzato con cui ringrazi per l’originalità di quell’accessorio uguale a cento altri che giacciono inanimati nel tuo armadio mentre fai già la lista mentale degli sventurati a cui potrai riciclarlo prima di Capodanno. 

La nostalgia che ti assale la sera davanti ai resti di quella che nonostante tutto è stata una magnifica festa, quando ti trascini a letto con il mal di testa e prima di addormentarti formuli il proposito ogni anno disatteso che il prossimo Natale lo trascorrerai in Patagonia, ma solo dopo esserti accertato di non avere un parente di quarto grado anche lì.  

*** Massimo GRAMELLINI, giornalista e scrittore, Natale con i tuoi, 'La Stampa', 13 dicembre 2015, qui


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