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martedì 24 novembre 2015

#SENZA_TAGLI / CV, cronaca di una morte annunciata (Luca Vignaga, Wislawa Szymborska)

Se hai deciso di entrare in questo post, devo chiederti di dedicare un minuto, circa, del tuo tempo per leggere questa poesia [Scrivere il curriculum] della premio Nobel Szymborska. 
Poi torna al post, ma se salti la poesia il post non serve (Grazie).

Cos’è necessario?
E’ necessario scrivere una domanda,
e alla domanda allegare il curriculum.

A prescindere da quanto si è vissuto
il curriculum dovrebbe essere breve.

E’ d’obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e ricordi incerti in date fisse.

Di tutti gli amori basta quello coniugale,
e dei bambini solo quelli nati.

Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all’estero.
L’appartenenza a un che, ma senza perché.
Onorificenze senza motivazione.

Scrivi come se non parlassi mai con te stesso
e ti evitassi.

Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.

Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
colui per cui ti scambiano.

Aggiungi una foto con l’orecchio scoperto.
E’ la sua forma che conta, non ciò che sente.
Cosa si sente?
Il fragore delle macchine che tritano la carta. (1)

° ° °
Sguardi lontani
I poeti, gli artisti in generale, hanno la capacità di vedere lontano, molto lontano. La poetessa polacca Wislawa Szymborska aveva già previsto tutto. Il CV come lo conosciamo è in lenta agonia e Lei, pur non essendo del settore, lo aveva intuito trent’anni fa.

“Cos’è necessario?”
Negli ultimi dieci anni ci siamo impegnati a raccontare come scriverlo, ad indicare che il modello da seguire era quello europeo. Oggi non lo riceviamo più nella classica versione cartacea perché arriva via Linkedin. Se ci colpisce, non ci limitiamo a leggerlo, scrutiamo sui social la vera identità del candidato. Una recente ricerca (2) lo ha confermato: il 28% dei selezionatori scartano i candidati dopo essersi fatti un giro sul profilo personale di Facebook.   Il CV statico e unidimensionale sta scomparendo, tanto che sono già operativi alcuni algoritmi che scandagliano sul web la nostra presenza e ne tracciano un resoconto pronto all’uso dei selezionatori. Il social recruiting è una realtà a tutti gli effetti.

“A prescindere da quanto si è vissuto”
In che modo una mera descrizione di date e job title, può raccontare il valore di una persona? La dimostrazione di quanto inefficace sia lo strumento, la si osserva nello spazio dedicato alla vita del soggetto nel CV stesso; come se la vita di tutti noi fosse intrappolata solo nel nostro stare nei luoghi di lavoro e nei suoi tempi. Se ci pensiamo, la parte dedicata a quello che ci appassiona, ci fa scattare la scintilla, ci scalda, è confinata nel CV alla voce "hobby" ed è relegata nell'ultima riga del foglio. Peccato che la parola hobby derivi da hobbyhorse, il cavalluccio a dondolo (3).

“L’appartenenza a un che, ma senza perché”
Come possono le nostre passioni, la nostra vita venire derubricate ad un qualcosa che ci rimanda ad un gioco dell’infanzia che non c'è più? Come possiamo sorvolare su ciò che maggiormente ci dà soddisfazione? Chi seleziona dovrebbe "matchare" i diversi talenti che ognuno di noi ha con una posizione lavorativa; dimenticarsi di tutto il resto non è come gettare nel cestino, anziché la confezione, il prodotto che c’è dentro? Nelle nostre aziende ci sono un sacco di persone che fanno delle cose bellissime e utili alla propria comunità che rimangono fuori dal nostro perimetro di conoscenze e, soprattutto, di utilizzo.

“Scrivi come se non parlassi mai con te stesso”
Qualcuno dirà che la vita privata non si tocca e deve rimanere fuori dal lavoro (anche se oggi con lo smartworking si passa dal ruolo di cuoca/o a quello di programmatore in un secondo). Vero sulle faccende personali, ma questo non vale sulle conoscenze o capacità che si maturano fuori dai confini lavorativi. La distinzione tra la vita privata e la vita in azienda funzionava in un mondo che non c'è più; in quello in cui dovevo solo farmi trascinare dalla corrente per giungere alla pensione; reggeva nel mondo in cui io non dovevo tirar fuori le competenze per creare il mio mercato del lavoro. Per questo più che di CV si è cominciato a parlare di biografia quale contenitore di molte più cose che una semplice cronologia. Per ora, però, siamo solo alle didascalie o ai titoli iniziali.

“Sorvola su cani, gatti e uccelli
cianfrusaglie del passato, amici e sogni”
Tutti noi andiamo dicendo che non si finisce mai di imparare perché il mondo è globale e le nuove tecnologie ci impongono nuovi approcci. Sappiamo che la formazione per essere efficace deve essere attivata dalla miccia della motivazione. Inutile cercarla lontana; la motivazione non sta nel rischio di perdere il lavoro, nella pensione che si allontana, è insita nelle cose che sappiamo fare bene e, quindi, ci piacciono. E’ dentro alla realizzazione piena del sé. Li c'è un giacimento straordinario di entusiasmo, di saper andare oltre le cadute. È un giacimento che alcuni, fortunatamente, hanno insito nel loro mestiere perché le passioni coincidono con il loro lavoro. Non vale per la maggioranza che spesso vede il suo tempo al lavoro come un atto che toglie ossigeno alle proprie  aspirazioni.

“Meglio il prezzo che il valore”
Questa dicotomia non può più esserci. Ci saranno altre distinzioni, ma non più quella in cui io mi sento uno “sfigato” (al lavoro) e quella in cui io sono un “figo” (nelle mie passioni fuori del lavoro). Sempre più avremo bisogno di mobilitare tutto il nostro essere per svolgere un lavoro, o meglio, per ricucire la nostra vita che oggi è fatta di fette che tra loro non comunicano. Per dirla in una battuta, un pezzo rotto non vale niente, un pezzo unico assume valore.

“ Il fragore delle macchine che tritano la carta.”
Nell’attesa che la tecnologia aiuti a rendere più visibile e aggregabile un portfolio delle competenze espanso di ogni candidato, ai “selezionatori seriali” l’opportunità di cambiare il sound delle interviste. Se il social recruiting è già ampiamente operativo, tanto da scrutare i profili Facebook per eliminare i candidati che hanno postato es. foto strane, altrettanto le notizie che si raccolgono sui social non vengono usate per capire i talenti dei singoli candidati. Forse perché cerchiamo persone omologabili alla cultura aziendale? Ci siamo mai chiesti perché su Linkedin, nonostante gli esperti predichino di non farlo, le persone continuano a pubblicare foto non professionali sul loro profilo? Perché non partire nell’intervista da: “cosa ti appassiona nella tua vita?” La cultura del “pezzo unico” non parte solo dal candidato, ma anche da chi sta dall’altra parte del tavolo.

Note
(1) - La poesia è tratta da Vista con granello di sabbia, 1996. Edizione italiana: Adelphi, 1998. 
Per chi volesse avere tutte le poesie dal 1945 al 2009 del premio Nobel Szymborska, Adelphi ha pubblicato la raccolta "La gioia di scrivere".
(2) - La ricerca annuale “Works Trend Study” (molto interessante non solo per questo tema specifico) è stata fatta da Adecco, su scala mondiale, e ha coinvolto 23.085 candidati e 1.825 selezionatori. Le statistiche vanno sempre “prese con le pinze”, ma quello che emerge da questa ricerca va visto come un trend da tenere presente.
(3) - Devo questa precisazione allo scrittore Fabio Genovesi che, sul tema delle   passioni, consiglia di leggere “L’amo e la lenza” di Mario Albertarelli, edito da Mondadori .

*** Luca VIGNAGA, Hr director in Marzotto, CV: cronaca di una morte annunciata, 'linkedin.com/pulse', 17 novembre 2015, qui

In Mixtura, altri 5 contributi di Wislawa Szymborska qui.

La poesia Scrivere il curriculum, di Wislawa Szymborka, qui sopra commentata da Luca Vignaga, è stata diffusa anche in 'losguardopoIetico',  n. 261, 3 gennaio 2014, qui (mf)

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