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venerdì 20 novembre 2015

#LIBRI PIACIUTI / "Gli ospiti paganti", di Sarah Waters (recensione di M. Ferrario)

Sarah WATERS, Gli ospiti paganti, 2014, Ponte alle Grazie, 2015
traduzione di Leopoldo Carra
pagine 572, € 18,60, ebook € 9,99

Inghilterra, primi del Novecento.
Ci vuole pazienza: sia perché le quasi seicento pagine del romanzo richiedono tempo e impegno e sia perché occorre adattarsi al ritmo lento, minuzioso, talvolta 'ossessivo' nella descrizione dei sentimenti, nello scavo delle dinamiche psicologiche e nel tratteggio dell'atmosfera storica.
Ma se si entra nel clima, e in fondo è facile essere catturati da una ricostruzione storica tanto precisa e affascinante, anche laddove emergono i tratti di perbenismo scostante tipici del periodo, si è ben ripagati: si ammira l'autrice e si apprezza il romanzo. 
Perché Sarah Waters, scrittrice gallese ormai pienamente affermata e nota per le sue vicende ambientate in epoca vittoriana e con protagoniste lesbiche, sa usare un impasto mirabile di 'bella' scrittura e di trame accattivanti. 
In quest'ultimo suo libro non si smentisce. La storia ha al centro un amore incontenibile, sensuale, tormentato e segreto di due ragazze, ma un assassinio imprevisto fa virare il racconto in un poliziesco: e le pagine acquistano allora toni cupi e cadenze tese, che trascinano il lettore verso un finale, che si attende con impazienza, e che si rivelerà non scontato e comunque tutto aperto.

Il romanzo ruota sulle due protagoniste: Frances e Lilian. 
Frances è una giovane ragazza che vorrebbe ribellarsi al mondo vittoriano che la circonda: ma tenta di soffocare il suo orientamento lesbico adattandosi a vivere con la madre, vedova, nella grande casa che verrà in parte affittata alla coppia che dà il titolo al libro, gli 'ospiti paganti' appunto.
E Lilian è la moglie del signor Barber, la coppia sposata che viene ad abitare il piano superiore della casa: scoprirà all'improvviso la passione per Frances e dovrà fare i conti con questa parte nuova di se stessa.
Attorno alle due ragazze e alla loro passione travolgente, ma rigorosamente tenuta nascosta, tutto un mondo di figure magistralmente descritte, riempite con i tratti dell'epoca: dove si dimostra quanto possano essere seducenti, pur nella loro aberrazione, anche il formalismo delle convenzioni e il perbenismo dei comportamenti.

In sintesi un romanzo che si impone per almeno tre ragioni: la storia non banale di un 'amore impossibile' che cerca di opporsi ai valori del contesto vittoriano, cercando ogni strada per farsi 'possibile'; l'inserto inaspettato dell'elemento 'giallo', dovuto a un omicidio e al conseguente processo che vede in qualche modo 'toccate' anche le due protagoniste, aggiungendo tensione e ansia per un finale che non si intravvede; e la magia dell'affresco che l'autrice sa comporre del periodo storico in cui la vicenda è ambientata.

*** Massimo Ferrario, per Mixtura

«
Adorava quelle passeggiate per Londra, durante le quali le sembrava di diventare porosa, di assorbire ogni particolare uno dopo l’altro; oppure di ricaricarsi, come una pila. Sì, pensava Frances mentre svoltava a un angolo, proprio così: non era come un liquido che scorreva, ma come un fremito, come qualcosa di elettrico generato quasi dall’attrito delle sue scarpe sul marciapiede. Quegli attimi vibranti, in cui si sentiva più che mai autentica, erano, paradossalmente, anche quelli in cui si sentiva più anonima. Ed era appunto l’anonimato a produrre un simile effetto. Non avvertiva mai quella carica elettrica quando camminava per Londra con qualcuno al suo fianco. Non provava mai l’eccitazione che provava adesso, vedendo l’ombra di una ringhiera proiettata su una rampa di gradini consunti. Era stupido sentirsi così per l’ombra di una ringhiera? Era una stramberia? Odiava le stramberie. Ma quella sensazione risultava stramba solo quando cercava di tradurla in parole. Se invece si concedeva semplicemente di viverla… Ecco, era come trasformarsi in una corda ed essere pizzicata, diffondendo quell’unica nota perfetta per la quale ognuno era stato creato. Strano che nessun altro riuscisse a udirla! Se morissi oggi, pensò, e se qualcuno considerasse la mia vita, non saprebbe mai che momenti come questi, qui in Horseferry Road, tra una chiesa battista e un tabaccaio, ne sono stati la cosa più autentica.
(Sarah Waters, Gli ospiti paganti, 2014, Ponte alle Grazie, 2015)

«Che donna profondamente gentile è lei, signora Barber» disse. 
L’altra, con un sorriso stupito, trasalì e alzò gli occhi. «Oh, si risparmi queste parole». 
«Perché?» 
«Be’, perché un giorno, sicuramente, scoprirà che non è vero, e allora sarà delusa da me».
Frances scosse la testa. «Non riesco nemmeno a pensarci. Adesso, in ogni caso, lei mi piace tantissimo! Che ne dice, siamo amiche?» 
La signora Barber rise. «Sì, spero proprio». 
Non ci volle altro. Si sorrisero dai lati opposti del tavolo, e tra loro qualcosa cambiò. Ci fu un’accelerazione, un maggiore slancio. A Frances venne in mente solo un paragone culinario. Era come l’albume di un uovo che nell’acqua calda diventa perlaceo, come una salsa al latte che si rapprende nella padella. Qualcosa di altrettanto delicato ma altrettanto tangibile. E la signora Barber lo sentiva? Sì, doveva sentirlo anche lei. Il suo sorriso, per un attimo, si era come fissato, una vaga incertezza era trapelata nel suo sguardo. Quelle sopracciglia aggrottate, però, si distesero subito. Abbassò gli occhi e rise di nuovo. (Sarah Waters, Gli ospiti paganti, 2014, Ponte alle Grazie, 2015)
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