In questo mix tra capitalismo selvaggio e dittatura politica qualcuno aveva addirittura visto un modello da seguire. Per trent’anni le aziende occidentali sono state attirate dai salari bassi e dalle promesse dell’enorme mercato interno cinese, e la Cina era considerata un eterno Eldorado il cui destino era quello di affermarsi come iperpotenza del ventunesimo secolo. Ma tutti i sogni prima o poi finiscono.
La svalutazione estiva e il tracollo della borsa di Shanghai di fine primavera dimostrano che la Cina sta ormai diventando un fattore di instabilità internazionale, potenzialmente il più grande di tutti. I capitali interni fuggono, mentre quelli stranieri fanno rotta verso altri lidi. Gli investitori ora hanno paura del paese più popoloso al mondo, perché la crescita non è più a due cifre e non è più nemmeno al 7 per cento come sostengono le statistiche ufficiali.
Fare ipotesi è avventato, ma le più affidabili parlano di una crescita cinese inferiore al 4 per cento, livello che rischia di far impennare la disoccupazione in un paese in cui la protezione sociale non esiste. Senza alcuna indennità né sussidi, i disoccupati cinesi non possono più sfamarsi né tantomeno inviare soldi nelle campagne, dove centinaia di milioni di uomini e donne hanno lasciato le famiglie per andare a lavorare nelle fabbriche alla periferia delle grandi città.
*** Bernard GUETTA, giornalista e saggista francese, Il futuro incerto della Cina, 'internazionale.it', 24 agosto 2015
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Sempre in Mixtura, 1 altro contributo di Bernard Guetta qui
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