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giovedì 16 luglio 2015

#RITAGLI / Ma non diamo la colpa al web (Richard Sennett)

Bisogna spezzare le compagnie monopolistiche della comunicazione elettronica, tipo Google, Amazon o Apple, per liberare l’innovazione e rendere questi strumenti più utili alla cooperazione. (...)

Non penso che l’era digitale significhi la fine del libro. Questo è un cliché, Internet non è stupido. Molte persone che conosco sono state stimolate a leggere i miei libri, e bene, da questi strumenti. Il problema è il contenuto, perché scrivere sullo schermo è diverso che farlo a mano. I libri scritti col computer sono in genere il 20 o 25% più lunghi di quelli con la penna, perché la scrittura in video è più provvisoria, mentre quella a mano è più riflessiva e diventa un editing automatico.

[D: È d’accordo con Umberto Eco che i social media hanno dato una piattaforma agli stupidi?]
No, questo non è vero: la stupidità c’è sempre stata. Però hanno accresciuto l’aggressività. Quando ti trovi faccia a faccia con una persona sei più inibito. La distanza dei social media, invece, viene presa come una licenza a essere aggressivi.

[D: Questo compromette la cooperazione tra gli esseri umani, che era al centro del suo libro Insieme?]
La collaborazione online non funziona, non per colpa del media, ma dei programmatori. La cooperazione che mi interessa, e che sta sparendo, non è consenso o accordo. È un processo dialogico, non dialettico, che consente a persone diverse, con idee, posizioni, etnie e anche fedi religiose diverse, di lavorare insieme. I programmatori che costruiscono gli strumenti della comunicazione online, invece, tendono alla creazione del consenso. Ma Facebook o Twitter non erano mai nati come programmi politici.

[D: Perché avviene questo?]
Per lo sfruttamento capitalistico della tecnologia. I grandi monopoli che la gestiscono non hanno interesse a sperimentare davvero. Perciò è necessario dividere le grandi compagnie come Google, Amazon o Apple, preoccupate solo di controllare la tecnologia della comunicazione. Per certi versi, è il problema che Edward Snowden ha portato alla luce nel settore della sicurezza. La politica dovrebbe smettersi di occuparsi di cose frivole, come le dispute partitiche o le dinamiche dei voti parlamentari, o anche della Grecia, che andrebbe lasciata uscire dall’euro, e concentrarsi invece su questi problemi epocali del nostro tempo.

[D: Spezzare quelle compagnie libererebbe le energie della creatività?]
I programmatori vivono una grande contraddizione: per natura sarebbero individualisti, non burocratici, ma invece sono costretti a costruire gli strumenti digitali in modo da favorire il consenso.

[D: La chiarezza quindi è compromessa da questi strumenti?]
Sì. Gli strumenti si usano bene quando lo si fa con lentezza, ma l’economia moderna è segnata dalla velocità, che in pratica è la misura della produttività. Questo ci porta a scaricare sulla tecnologia colpe che invece sono del modello moderno del capitalismo. Chi ne soffre moltissimo, ad esempio, sono i media.

[D: Dicono che stiamo sparendo, per colpa di Internet e dei social]
Per colpa vostra e degli editori, direi. Se uno prima dedicava venti minuti al giorno a leggere il giornale, nulla toglie che continui a farlo oggi sui tablet. Alcuni esempi ci sono, come il Guardian o Die Zeit, che hanno creato giornali profittevoli soprattutto online. La cultura prevalente, però, è che siccome l’informazione è in rete, la sua qualità va abbassata. Quindi si licenziano i giornalisti, si riducono gli investimenti, si pubblicano articoli più superficiali, e poi si dà la colpa alla nuova tecnologia digitale se le copie non vendono. È la mancanza di qualità che vi affossa, qualunque sia il media usato.

[D: Lei sta lavorando a un progetto chiamato «Homo faber»: prima è uscito L’uomo artigiano, poi Insieme, e adesso?
Sto preparando un libro su come fare le città aperte, usando la tecnologia per renderle davvero “smart”, e favorire la cooperazione tra gli esseri umani che ci vivono.

[D: La cooperazione sembra un’ossessione: perché è così importante?]
Perché sta diventando sempre più superficiale. Cooperiamo solo con chi è come noi: stesse idee, stessa etnia, stessa religione, vista ad esempio la pochissima collaborazione tra cristiani e musulmani. Così però la società diventa isolata, incapace di funzionare.

*** Richard SENNETT, 1943, sociologo statunitense, professore alla New York University e alla London School of Economics, intervistato da Paolo Mastrolilli, La colpa del web?, Non rende stupidi, ma più aggressivi, 'La Stampa', 19 giugno 2015.

LINK intervista integrale qui

Sempre in Mixtura, altri 2 contributi di Richard Sennett qui

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