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martedì 3 febbraio 2015

#VIDEO #PEDAGOGIA / Lorenzo Milani



Lorenzo MILANI (1923-1967)
prete, educatore
Lorenzo Milani, di Alberto Melloni, 'Progetto Rai Educational-Treccani'
video, 5min14

Don Lorenzo Milani nasce nel 1923. 
E' il rampollo di una famiglia ebrea molto ricca e di straordinaria cultura. La sua mamma studia inglese con James Joyce; per far ripetizioni a lui interverrà niente di meno che Giorgio Pasquali, il padre della filologia italiana. 
Ha uno spirito artistico molto pronunciato: dopo un periodo di vita a Milano, andrà a bottega da un artista tedesco, Hans-Joachim Staude, per diventare un pittore. 
In quel momento della sua esistenza incontra un prete fiorentino, Don Raffaele Bensi, e con lui matura la scelta di una conversione cristiana radicale. Una conversione che serve non solo a strapparlo ad un ambiente borghese, ma anche in qualche modo ad inverare quello che era stato un battesimo fatto per motivi razziali dai genitori durante il periodo della persecuzione fascista. 
Questo giovane giudeo-cristiano rappresenta all'interno del suo seminario e all'interno del clero fiorentino una voce di grande radicalità. Lo si vedrà quando viene mandato a Calenzano, nella periferia di Firenze, dove il suo amore per la classe operaia diventerà la ragione di un modo stesso di vivere il sacerdozio, non solo e prima di tutto come un annuncio pio in quanto tale, ma come un annuncio educativo, la formazione alla cultura, il consegnare la parola in tutti i sensi che può avere. E a Calenzano Don Lorenzo Milani si fa dei nemici, talmente tanti che l'Arcivescovo di Firenze per punirlo gli offre di mandarlo parroco e priore a Barbiana, una parrocchietta sul crinale dell'Appennino dove non arriva né la strada, né la luce. 
Don Milani accetta questa sfida e farà di Barbiana il centro di una irradiazione culturale, spirituale e teologica di grande rilevanza. Ed è lì che pubblicherà Esperienze pastorali, un libro sulla sua riflessione fatta a Calenzano che verrà messo fuori commercio dal Sant'Ufficio. Ed è lì che formerà una piccola scuola per i figli dei contadini che diventerà un modello di grande innovatività e creatività pedagogica. 
Una scuola alla quale prenderanno parte anche grandi figure della cultura italiana, fotografi come Oliviero Toscani, grandi giuristi che si lasciano coinvolgere in questa esperienza di emancipazione delle classi subalterne attraverso la cultura. 
Si ammalerà di un linfoma molto giovane (muore nel 1967 a giugno) ma prima di morire farà in tempo ad essere rinviato in giudizio per aver difeso l'obiezione di coscienza ed essere diventato famoso in tutta Italia per la sua difesa appunto della vita di questi ragazzini delle classi subalterne che nella scuola trovavano grazie a lui un momento di emancipazione e non di esclusione. 
La sua figura è una figura complessa perché ridurla ad un pedagogista vorrebbe dire perdere quella che è stata la sua grande passione bruciante di un figlio di Israele innamorato della parola che diventando cristiano porta nella sua fede quello stesso amore e quello stesso fuoco. (Alberto Melloni, da Treccani Channel, 17 luglio 2013)

° ° °

Su una parete della nostra scuola c'è scritto grande: I CARE. È il motto intraducibile dei giovani americani migliori. Me ne importa, mi sta a cuore. È il contrario esatto del motto fascista «Me ne frego». (da Lettera ai giudici, 1965)

In quanto alla loro vita di giovani di domani, non posso dire ai miei ragazzi che l'unico modo di amare la legge è di obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando non sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate. (da Lettera ai giudici, 1965)

Spero che in tutto il mondo i miei colleghi preti e maestri d'ogni religione e d'ogni scuola insegneranno come me. Poi forse qualche generale troverà ugualmente il meschino che obbedisce e così non riusciremo a salvare l'umanità. Non è un motivo per non fare fino in fondo il nostro dovere di maestri. Se non potremo salvare l'umanità ci salveremo almeno l'anima. (da Lettera ai giudici, 1965)

Non c'è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali. (da Lettera a una professoressa, 1967)

Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia. (da Lettera ad una professoressa, 1967)

Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia. (da Lettera ad una professoressa, 1967)

Il giorno che avremo sfondato insieme la cancellata di qualche parco, installato la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordati Pipetta, quel giorno ti tradirò, quel giorno finalmente potrò cantare l'unico grido di vittoria degno di un sacerdote di Cristo, beati i poveri perché il regno dei cieli è loro. Quel giorno io non resterò con te, io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso. (da Lettera a Pipetta, scritta a un giovane comunista, 1950)

Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri miei stranieri. (da L'obbedienza non è più una virtù, 1965)

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